Una Bellissima Storia Sbagliata. Margherita Guglielmino

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Una Bellissima Storia Sbagliata - Margherita Guglielmino

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giorni in cui Luisa sarebbe stata a Milano.

       Ad Anna era bastato uno sguardo per capire lo stato d’animo della sua amica. Sapeva che non era il viaggio nel capoluogo lombardo a turbarla ma l’idea di rivedere Giorgio. Anna era stata testimone e complice di quella folle storia durata lo spazio di un fotogramma.

       Appoggiò la tazza della tisana nel lavello e si diresse verso il frigo. Lì in bella mostra attaccata con quattro calamite c'era una copia della lettera che aveva lasciato sulla scrivania di Giorgio il giorno che era sparita dalla sua vita. La prese in mano e iniziò a leggerla.

       Ricordava ogni sillaba, ogni frase le era costata cara, ma era l’unica soluzione per liberarsi di lui e permettergli di tornare a sorridere con la sua famiglia. Tanto lei era abituata al niente, Giorgio era stato una parentesi arcobaleno nel buio della sua esistenza.

       Caro Giorgio,

       il nostro incontro è stato come l’incontro tra il fuoco e la paglia, in un attimo è andato tutto in fumo, lasciando dietro di sé macerie e dolore.

       È finita! Addio Luisa

       Ogni riga l’aveva scritta di getto col cuore, amava troppo Giorgio per poterlo guardare negli occhi e rinunciare a lui e così quella mattina prima di salire su quell’aereo per Bologna, gli aveva lasciato quelle poche righe, una metafora della loro storia, era un gioco che facevano spesso tra di loro… e una copia della sua lettera di trasferimento con scritto "non cercarmi mai più".

       Il tempo dei ricordi era ormai finito, il giorno dopo aveva il volo alle sette quindi doveva andare a dormire.

       Ripose la lettera sotto la calamita di Stoccolma e con il suo camicione slabbrato, andò a letto accucciata al cuscino. Sarà stato l’ effetto della tisana ma quella mattina si svegliò particolarmente riposata.

       Il volo era stato la solita routine e all’aeroporto una macchina della Stillfarma era venuta a prenderla. Salì col suo bagaglio a mano che conteneva il necessario per i pochi giorni che sarebbe dovuta rimanere a Milano, era atterrata da poco più di un’ora e già voleva tornare nel suo rifugio bolognese. L’auto si fermò davanti l’hotel che costeggiava piazza Duomo con la Madonnina che si stagliava in alto a proteggere la città meneghina.

       Prese possesso della sua stanza, fece una doccia veloce ed era pronta per la prima giornata di fuoco.

       Secondo il programma avrebbe incontrato Giorgio solo il giorno dopo. Aveva ancora 24 ore per prepararsi psicologicamente. Entrò in ascensore e mentre le porte si stavano per chiudere sentì una voce pregarla di aspettare, istintivamente premette il tasto con le due frecce e le porte si riaprirono. Apparvero due occhi verdi sotto una montatura alla Harry Potter e un sorriso smagliante.

       - Grazie dottoressa Martinelli.

       - Scusi ci conosciamo?

       - Non ancora, ma io conosco lei, l’ho voluta a questo congresso con tutte le mie forze.

       - Sono Andrea Conti, il direttore marketing della casa farmaceutica che ha organizzato il congresso.

       L’ascensore era arrivato al piano terra.

       - Ho letto tanto su di lei e sui suoi interventi innovativi eseguiti in neonatologia e morivo dalla voglia di conoscerla e di complimentarmi con lei.

       - Quindi se sono qui è colpa sua?

       - Prego? Colpa?

       - Pensavo le facesse piacere relazionare il suo lavoro e collaborare con noi per la commercializzazione di un nuovo farmaco che possa essere di prevenzione durante la gravidanza per evitare il sorgere di alcune patologie sul feto…

       - Vede signor Conti…

       - Speravo potessimo darci del tu, io sono Andrea.

       - Ok Andrea, dicevo che a dispetto del mio cognome io sono una persona schiva e riservata. Preferisco fare il mio lavoro in sala operatoria, queste piazzate pubbliche le lascio fare al mio staff.

       - Mi dispiace molto se ti ho fatto fare un viaggio controvoglia, speravo fossi felice di tornare a collaborare col dottor Di Pietro, ma forse non è così quindi per farmi perdonare oggi posso invitarti a pranzo?

       - Veramente pensavo di rientrare in hotel dopo il briefing di stamattina.

       - Si ma anche in albergo dovrai pur mangiare?

       Avrebbe voluto obiettare qualcosa ma il suo sorriso la spiazzò.

       - Va bene.

       - Grande! Allora appena finiamo ti porto a mangiare il miglior risotto alla milanese che tu abbia mai gustato.

       - Mi porti da Bice?

       - No da Betty

       - Betty? È un nuovo locale?

       - No è mia madre, milanese doc da generazioni e ti stupirà.

       - Cosa? Mi porti a pranzo da tua madre?

       - Certo! Tranquilla non le dirò che sei la mia fidanzata ma un medico geniale e lei capirà che stiamo insieme.

       Dopo quella frase fece una fragorosa risata che fu contagiosa per Luisa. Era da tanto che non rideva, di solito abbozzava mezzo sorriso ma ridere era una cosa che non faceva da mesi e ora con quello sconosciuto un po’ bizzarro lo stava facendo.

       Arrivati a destinazione si presentarono alla riunione che durò il tempo di tracciare le linee guida dei prossimi incontri.

       Usciti dalla palazzina non c'era l’auto che li aveva condotti lì, Luisa si guardò intorno e Andrea l’afferrò per una mano e la condusse alla sua 500 rossa fiammante e insieme si diressero nella zona dei navigli dove viveva la sciura Elisabetta, Betty per tutti.

       Una bella donna in carne, sulla sessantina con lo stesso sorriso aperto del figlio. Luisa non capiva come in poche ore dalla telefonata di Andrea, che l’avvertiva che avrebbe portato un’ospite a pranzo, la Betty avesse potuto preparare tutte quelle pietanze.

       Com'era diversa da sua madre.

       Non l’ aveva mai vista cucinare e non l’aveva mai vista ridere. A pensarci bene non l’aveva mai vista fuori da quella stanza nella quale aveva chiuso il suo mondo e dal quale aveva lasciato tutti fuori, lei compresa. Sua madre era mancata sette mesi prima. Alla fine l’infarto se l’era fatto venire. Luisa era scesa a Roma per tre giorni, alla stregua dei parenti lontani, aveva assistito al funerale, alla sepoltura e alla lettura del testamento.

       Non aveva versato una lacrima, lei sua madre sentiva di averla persa tanti anni prima. Oltre ai gioielli, ai terreni, agli appartamenti e alla villa a Sabaudia, Luisa aveva ereditato il diario di sua madre e in quelle pagine aveva finalmente conosciuto Bianca De Nardo, aveva capito il perché di tanto dolore nella sua anima, e il perché di tanta freddezza nei suoi confronti.

       Prima di sposare suo padre aveva avuto una relazione con l’autista della sua famiglia ed era rimasta incinta.

      

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