La Divina commedia / Божественная комедия. Книга для чтения на итальянском языке. Данте Алигьери
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37 E io a lui: «Con piangere e con lutto,
spirito maladetto, ti rimani;
ch’i’ ti conosco, ancor sie lordo tutto».
40 Allor distese al legno ambo le mani;
per che ’l maestro accorto lo sospinse,
dicendo: «Via costà con li altri cani!».
43 Lo collo poi con le braccia mi cinse;
basciommi ’l volto e disse: «Alma sdegnosa,
benedetta colei che ’n te s’incinse!
46 Quei fu al mondo persona orgogliosa;
bontà non è che sua memoria fregi:
così s’è l’ombra sua qui furiosa.
49 Quanti si tegnon or là su gran regi
che qui staranno come porci in brago,
di sé lasciando orribili dispregi!».
52 E io: «Maestro, molto sarei vago
di vederlo attuffare in questa broda
prima che noi uscissimo del lago».
55 Ed elli a me: «Avante che la proda
ti si lasci veder, tu sarai sazio:
di tal disio convien che tu goda».
58 Dopo ciò poco vid’ io quello strazio
far di costui a le fangose genti,
che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.
61 Tutti gridavano: «A Filippo Argenti!»;
e ’l fiorentino spirito bizzarro
in sé medesmo si volvea co’ denti.
64 Quivi il lasciammo, che più non ne narro;
ma ne l’orecchie mi percosse un duolo,
per ch’io avante l’occhio intento sbarro.
67 Lo buon maestro disse: «Omai, figliuolo,
s’appressa la città c’ha nome Dite,
coi gravi cittadin, col grande stuolo».
70 E io: «Maestro, già le sue meschite
là entro certe ne la valle cerno,
vermiglie come se di foco uscite
73 fossero». Ed ei mi disse: «Il foco etterno
ch’entro l’affoca le dimostra rosse,
come tu vedi in questo basso inferno».
76 Noi pur giugnemmo dentro a l’alte fosse
che vallan quella terra sconsolata:
le mura mi parean che ferro fosse.
79 Non sanza prima far grande aggirata,
venimmo in parte dove il nocchier forte
«Usciteci», gridò: «qui è l’intrata».
82 Io vidi più di mille in su le porte
da ciel piovuti, che stizzosamente
dicean: «Chi è costui che sanza morte
85 va per lo regno de la morta gente?».
E ’l savio mio maestro fece segno
di voler lor parlar segretamente.
88 Allor chiusero un poco il gran disdegno
e disser: «Vien tu solo, e quei sen vada
che sì ardito intrò per questo regno.
91 Sol si ritorni per la folle strada:
provi, se sa; ché tu qui rimarrai,
che li ha’ iscorta sì buia contrada».
94 Pensa, lettor, se io mi sconfortai
nel suon de le parole maladette,
ché non credetti ritornarci mai.
97 «O caro duca mio, che più di sette
volte m’hai sicurtà renduta e tratto
d’alto periglio che ’ncontra mi stette,
100 non mi lasciar», diss’ io, «così disfatto;
e se ’l passar più oltre ci è negato,
ritroviam l’orme nostre insieme ratto».
103 E quel segnor che lì m’avea menato,
mi disse: «Non temer; ché ’l nostro passo
non ci può tòrre alcun: da tal n’è dato.
106 Ma qui m’attendi, e lo spirito lasso
conforta e ciba di speranza buona,
ch’i’ non ti lascerò nel mondo basso».
109 Così sen va, e quivi m’abbandona
lo dolce padre, e io rimagno in forse,
che sì e no nel capo mi tenciona.
112 Udir non potti quello ch’a lor porse;
ma ei non stette là con essi guari,
che ciascun dentro a pruova si ricorse.
115 Chiuser le porte que’ nostri avversari
nel petto al mio segnor, che fuor rimase
e rivolsesi a me con passi rari.
118 Li occhi a la terra e le ciglia avea rase
d’ogne baldanza, e dicea ne’ sospiri:
«Chi m’ha negate le dolenti case!».
121 E a me disse: «Tu, perch’ io m’adiri,
non sbigottir, ch’io vincerò la prova,
qual ch’a la difension dentro s’aggiri.
124 Questa lor tracotanza non è nova;
ché già l’usaro a men segreta porta,
la qual sanza serrame ancor si trova.
127 Sovr’ essa vedestù la scritta morta:
e già di qua da lei discende l’erta,
passando per li cerchi sanza scorta,
130 tal che per lui ne fia la terra aperta».
Canto IX
Quel color che viltà di fuor mi pinse
veggendo il duca mio tornare in volta,
più tosto dentro il suo novo ristrinse.
4 Attento si fermò com’ uom ch’ascolta;
ché l’occhio nol potea menare a lunga
per l’aere nero e per la nebbia folta.
7 «Pur a noi converrà vincer la punga»,
cominciò el, «se non… Tal ne s’offerse.
Oh quanto tarda a me ch’altri qui giunga!».
10 I’ vidi ben sì com’ ei ricoperse
lo cominciar con l’altro che poi venne,
che fur parole a le prime diverse;
13 ma nondimen paura il suo dir dienne,
perch’ io traeva la parola tronca
forse a peggior sentenzia che non tenne.
16 «In questo fondo de la trista conca
discende mai alcun del primo grado,
che