Il Clan Del Nord. Jessica Galera Andreu
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Dopo il dubbio iniziale di dover informare tutti dell'esistenza della ragazza che voleva passare inosservata per un motivo ancora sconosciuto, Jaren finì per informarli della ragazza ferita che stava fuggendo dai lupi, e che avrebbero dovuto metterla in salvo se l'avessero incontrata, ma nessuno fu capace di fornirgli alcuna informazione al riguardo. Inoltre, aveva perso uno dei suoi uomini, mentre un altro stava lottando tra la vita e la morte, un ragazzo di appena diciotto anni, proprio come lui. Marlok era più grande, ma a ventisei anni era sposato e aveva due figli che erano rimasti orfani. Pensava a come dare la notizia alla moglie, che era qualcosa che lo inorridiva. Ripensò alla ferocia di quell'animale; erano riusciti a ferirlo, eppure continuava come se nulla fosse successo, distorcendo vite a ogni graffio, a ogni morso. Il giovane principe si alzò quando tre dei suoi uomini lasciarono il tempio, rivolgendosi verso di lui con uno sguardo accusatore, prima di proseguire insieme ad altri due che erano usciti senza che lui se ne accorgesse. Jaren sapeva che lo incolpavano, e non sapeva fino a che punto potessero o no aver ragione, ma una cosa era chiara. Si voltò quando Assynt lasciò la casa del guaritore.
“Allora?”chiese
“Sempre uguale? Tutti credono che queste prime ore siano fondamentali per Atsel, ma ho visto troppi uomini morenti e ne riconoscerei uno a mille chilometri di distanza. Ha le ore contate.”
Jaren inspirò profondamente.
“Il re ci ucciderà!”aggiunse poi Assynt “Due vittime, cosa che non era successa neanche durante le battaglie con Likara, e che abbiamo subito a causa dell'attacco di alcuni cani.”
“Cani...”mormorò Jaren “Pensi che lo siano?”
“Ad essere onesto sono assolutamente indifferente a cosa fossero, ragazzo. Vorrei solo che ce ne andassimo. La guerra è finita e qui non abbiamo più niente da fare. Mi dispiace per quello che stanno soffrendo queste persone, Jaren, ma non è nostro compito salvarle; non possiamo salvarli da tutto.”
“Potete andarvene, se volete.”disse, sedendosi di nuovo.
“Cosa significa che possiamo andarcene?” chiese Assynt, accigliato.
“Che lui rimarrà”la voce di Goriath non scosse neppure Jaren, ma l'altro uomo si. Il generale arrivò e fissò lo sguardo sul ragazzo.
“Non sarà così, vero?”chiese Assynt.
“Capisco che volete andarvene e che non ho il diritto di fermarvi per questo motivo, ma non ho intenzione di abbandonare queste persone.”
La possibilità di abbandonare Dayrsenne, ovunque essa fosse, non gli passò per la mente, sebbene ormai avesse cominciato a pensare che quella giovane donna fosse stata solo un frutto della sua immaginazione, un miraggio o un specie di scherzo di un destino in cui credeva fermamente.
“Jaren, non puoi parlare sul serio!”esclamò Assynt “La faccenda di queste bestie ci è già costata la vita di troppi uomini. Abbiamo fatto abbastanza.”
“Un altro motivo per cui non vi chiederei di restare. Siete stati mandati in guerra e l'avete fatto. Potete tornare ad Isalia e dire a mio padre che tornerò quando riuscirò ad uccidere quegli animali.”
“Il re ti ucciderà”.intervenne di nuovo Assynt.
“Tutto è pronto a Isalia per il tuo fidanzamento.”aggiunse Goriath “Se tardi e fai aspettare la tua dama, insieme al re d' Esteona, tuo padre ti impiccherà in piazza. Potrei anche essere il tuo boia e così tornerò al comando di un esercito che non avrebbe mai dovuto essere tuo.”
“Preferisco questo piuttosto che scappare come un codardo e lasciare queste persone, che si sono sentite come la mia famiglia, alla mercé di quei mostri. Siamo venuti per lasciare la pace sul nostro cammino ed è quello che intendo fare.”
“Jaren”insistette Assynt, dopo aver rivolto a Goriath uno sguardo interrogativo “ci siamo imbattuti in questo problema e abbiamo cercato di risolverlo, al punto di sacrificare due dei nostri uomini migliori, ma non possiamo...”
“Non due, uno.”lo corresse Jaren “E non si tratta di mettere a tacere la coscienza, Assynt”aggiunse “ma di liberarli da quei mostri, lupi o quel che siano. Inoltre, se ce ne andiamo adesso, la morte di Marlok, non sarà servita a nulla.”
Goriath scosse la testa e si voltò, tornando indietro nella direzione da cui era venuto. Ci fu poi un silenzio imbarazzante e Assynt non riuscì più a tirar fuori altri argomenti per cercare di convincere il ragazzo, ostinato com'era.
“Sei del tutto sicuro di quello che dici?”chiese l'uomo con serena rassegnazione.
“Si”
“E sei anche sicuro che possiamo andare?”
“Potete partire in totale tranquillità. Mi assumerò tutti le conseguenze derivanti da questa decisione. Preferisco stare in pace con la mia coscienza che con mio padre.”
“Dovresti pensarci due volte riguardo a questo.”terminò prima di partire.
Il ragazzo si alzò e andò all'abbeveratoio per sciogliere le redini di Donko.
“Jaren!”
Si voltò a guardare Erik, che zoppicò e montò a cavallo prima che arrivasse il suo amico.
“Stai bene?”gli chiese il suo amico.
Lui annuì.
“Dove stai andando?”
“Non mi fare domande, Erik.”concluse, prima di dirigersi con determinazione verso nord.
Non ascoltò nemmeno le proteste di alcuni degli abitanti per la velocità con cui attraversava il villaggio come un fulmine, senza fermarsi, finché, lasciatosi il vecchio ponte alle spalle, raggiunse la fattoria di Hans e Lora.
Lì lasciò Donko legato alla recinzione che circondava la proprietà e passò sotto, risparmiandosi di camminare qualche metro fino alla porta. Mentre si dirigeva verso la casa, attraversando l'arida distesa di quelli che un tempo erano stati rigogliosi frutteti che raddoppiavano la quantità di frutta nella fattoria, diede un'ultima occhiata a quella foresta che sembrava racchiudere cosi tanti misteri. Quando fu arrivato alla porta, non ebbe nemmeno bisogno di bussare, poiché si aprì davanti a lui e Jaren incontrò i piccoli occhi tristi di Hans.
“Ragazzo...”mormorò.
“Ho bisogno di parlare con te.”
Il vecchio si fece da parte, lasciando passare Jaren, che si precipitò dentro.
Il salone sembrava un po più accogliente del giorno prima. Il caminetto acceso dava all'ambiente un calore che però non era sufficiente a scacciare la sensazione di solitudine di cui era impregnato l'ambiente. Jaren osservò un piatto con dentro una coscia di pollo e patate su cui ronzava una mosca.
“Ti offrirei altro per colazione,