Attraverso l’Atlantico in pallone. Emilio Salgari

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Attraverso l’Atlantico in pallone - Emilio Salgari

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Simone specialmente, il quale non si era ancora rimesso dal suo terrore. A quell’altezza non si udivano più né i muggiti delle onde, che pure si vedevano coperte di candida spuma, né le grida degli immensi stormi di gabbiani e di procellarie che si vedevano volteggiare al di sopra del golfo.

      Quantunque il sole fosse alto, essendo le undici antimeridiane, un freddo acuto regnava in quelle alte regioni e i tre aeronauti, sebbene si trovassero a soli 3500 metri, provavano una certa oppressione al petto e una certa difficoltà nella respirazione, a causa della rarefazione dell’aria. O’Donnell, che cominciava a battere i denti, si accorse che il termometro segnava due gradi sotto lo zero. “Diamine,” esclamò, “fa un bel freddo per essere al 24 d’aprile” Guardò giù: ad una grande distanza, verso il sud, si vedeva l’incrociatore che li aveva bombardati; ma era ormai tanto piccolo, che rassomigliava a una ciabatta. Una nuvola di fumo nerissimo lo avvolgeva, e ciò indicava come forzasse la sua macchina per tener dietro all’aerostato, che sempre più si allontanava. A sinistra si scorgevano le due isole francesi di Miquelin e di S. Pierre, attorno alle quali navigavano flottiglie di wargas, o di dorès, piccole imbarcazioni adoperate per la pesca con le lenze; al nord, proprio dinanzi al pallone, s’estendeva la baia di Placentia occupata da un buon numero di velieri e piroscafi. Aguzzando gli occhi verso l’est, al di qua delle sponde orientali dell’isola, gli parve di scorgere una quantità immensa di punti neri, appena visibili sulla cupa superficie dell’oceano.

      “Cosa sono?” chiese, volgendosi verso l’ingegnere che gli stava accanto.

      “Battelli e bastimenti intenti a pescare merluzzi sul grande banco.”

      “Ah!” esclamò O’Donnell. “Come mi piacerebbe assistere a quella pesca!”

      “Se il vento non cambia, passeremo sopra il banco. La corrente ci farà tagliare Terranova da sud-ovest al nord-est, e ci spingerà sull’oceano in quella direzione.”

      “E potremo distinguere le diverse fasi della pesca?”

      “Sì, purché non soffi il poudrin.”

      “Che cos’è questo poudrin?”

      “E un ventaccio freddo, che produce tormente di neve e che porta con sé dei nebbioni bianchi, talmente densi da non lasciar scorgere un oggetto qualsiasi a pochi metri di distanza. Soffia sovente sopra il grande banco, e allora causa numerose disgrazie fra i pescatori, poiché i piccoli battelli da pesca, i cosiddetti dorès, malgrado i continui segnali delle navi da guerra e delle navi a vela, si smarriscono e molto spesso si allontanano in mezzo all’oceano, dove le onde li inghiottono. Ogni anno centinaia di quei piccoli canotti non tornano più alle navi alle quali appartengono.”

      “Ditemi, Mister Kelly: cosa sono quei quadri bianchi che scorgo sulle rive di Miquelon e di S. Pierre, e sui quali vedo agitarsi dei punti neri che debbono essere uomini”

      “Sono graves”

      “Ne so quanto prima,” disse O’Donnell.

      “Allora vi dirò che sono tratti di terreno accuratamente coperti di pietre arenarie e divisi in grandi quadrati da canaletti destinati allo scolo delle acque; ma quelle pietre sono disposte di modo che l’aria vi possa circolare liberamente. E quegli uomini sono graviers, occupati a preparare le graves.”

      “Ma che cosa sono quelle graves”

      “Sono destinate a ricevere i merluzzi per l’essiccazione. Tutti i proprietari delle graves hanno una cura estrema nel preparare quei terreni, poiché, se sono trascurati, possono influire assai sulla conservazione dei pesci.”

      “E i graviers chi sono?”

      “Sarebbe un pò difficile dirlo. A udir loro, sono tutti figli di buone famiglie; a parer mio, sono lavoranti luridi e cenciosi. Non sono né marinai, né pescatori, quantunque pretendano di essere l’uno e l’altro, e sono occupati nello sbarco del sale necessario alla conservazione dei merluzzi e nella preparazione delle graves. Si reclutano ordinariamente nei più miserabili villaggi della Brettagna, si alloggiano in grandi truppe nei magazzini costruiti intorno alle graves sotto la direzione di un mastro, e terminata la stagione delle pesche, si rimandano in patria. Essendo per lo più economi, ritornano sempre al villaggio natio con un discreto gruzzolo di denaro. Sulle coste orientali di Terranova vedrete centinaia di quelle graves e migliaia di graviers”

      “II merluzzo ha bisogno di molte preparazioni prima di essere messo in commercio?”

      “Il merluzzo secco richiede delle cure speciali: non così quello detto merluzzo verde, ch’è il più costoso, ma il più spiccio a essere preparato e anche il più gustoso. Il verde, appena pescato, viene semplicemente salato, senza seccarlo. Lo si chiude in barili con strati di sale, e dopo poche settimane lo si può mangiare, sia in America che in Europa. Quello secco, invece, lo si lascia in sale tre soli giorni per sbarazzarlo di tutto il sangue e dell’acqua che contiene, poi si porta sulle graves e lo si espone al sole. Quando ha preso tre soli, operazione che richiede la più accurata sorveglianza, poiché il troppo calore o la troppa umidità delle nebbie possono guastarlo, lo si depone in modo che l’aria lo lambisca in tutta la sua superficie. Quaranta giorni dopo, quando cioè i merluzzi sono giunti, come dicono i pescatori, al loro decimo sole, si accumulano gli uni sopra gli altri, formando delle grandi cataste alte parecchi metri. Di giorno queste cataste si lasciano esposte al sole e all’aria; ma di notte si coprono con una immensa tela impermeabile, per proteggerli dall’umidità. Al sessantesimo giorno si scelgono i merluzzi perfettamente secchi e si pongono subito in commercio. Se ve ne sono di umidi, si tornano a mettere sulla grave a stagionarsi e a prendere un altro sole.”

      “Terra!” esclamò O’Donnell, che aveva girato uno sguardo al basso. L’ingegnere diede uno sguardo alla bussola.

      “Direzione nord-est,” disse. “Prima di sera avremo attraversato Terranova e ci libreremo sopra il grande banco da pesca.”

      Capitolo 5. La pesca dei merluzzi

      Terranova, Newfoundland, è una delle maggiori isole dell’America settentrionale e, si può dire senza tema di esagerazione, è quella che offre maggiori ricchezze di tutte, non solo per le sue acque, che sono immensamente ricche di pesci, fra i quali primeggiano i merluzzi e le aringhe. E situata di fronte al Labrador, dalla cui terra è separata dallo stretto di Belle Isole, fra il 46° e il 51° e 46’ di latitudine nord e il 54° 5l’ e 62° di longitudine ovest. La sua superficie, che tocca gli 85.000 chilometri quadrati, è assai irregolare, frastagliata da penisole molto pronunciate, da un grande numero di baie, da piccoli porti, da cale e insenature, entro i quali possono comodamente ripararsi le navi, essendovi dovunque acqua profonda.

      Notevolissime per la loro estensione e sicurezza sono le baie di Placentia, di Fortuna e di Santa Maria al sud, di Nostra Donna e Bianca a settentrione; di Concezione, Trinità e Buonavista a oriente; di San Giovanni, delle Isole di San Giorgio all’occidente, tutte popolate da pescatori, i quali sono oltre 100.000.

      L’interno di Terranova è per lo più piano: verso l’occidente, però, l’isola presenta parecchie catene di colline. Ha numerosi laghi, parecchi fiumi, ma di poca importanza, grandi selve, ricche di selvaggina, di caribù e di volpi, e parecchie città. La capitale dell’isola è San Giovanni, situata in una baia posta al sud-est, con un porto di difficile accesso, essendo l’imboccatura assai stretta. Vengono poi Harbour-Grace, situata sulla costa occidentale della baia Concezione, poi Carbonier, Porto Trinità e Placentia.

      Quest’isola fu una delle prime scoperte, anzi taluni affermano che lo sia stata ancor prima che il grande Colombo toccasse le isole del Golfo del Messico. I più, però, e con ragione, ritengono che Giovanni Caboto, che intraprese quell’audace spedizione per conto dell’Inghilterra, l’abbia

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