I misteri della jungla nera. Emilio Salgari

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу I misteri della jungla nera - Emilio Salgari страница 3

I misteri della jungla nera - Emilio Salgari

Скачать книгу

suonare il ramsinga nella jungla, fuorché la notte che fu assassinato il povero Tamul.

      A quel ricordo una profonda ruga solcò la fronte del cacciatore di serpenti.

      – Non sgomentarti, – diss’egli, sforzandosi di parer calmo. – Tutti gli indiani sanno suonare il ramsinga e tu sai che talvolta qualche cacciatore ardisce porre il piede sulla terra delle tigri e dei serpenti.

      Aveva appena terminato di parlare, che s’udi il lamentevole urlio d’un cane e poco dopo un potente miagolìo che poteva scambiarsi per un vero ruggito. Kammamuri fremette dalla testa alle piante.

      – Ah! padrone! – esclamò. – Anche il cane e la tigre segnalano una sventura.

      – Darma! Punthy! – gridò Tremal-Naik.

      Una superba tigre reale, di alta statura, di forme vigorose, col mantello aranciato e screziato di nero, uscì dalla capanna e fissò il padrone con due occhi che mandavano terribili lampi. Dietro ad essa comparve, qualche istante dopo, un cagnaccio nero, con lunga coda, orecchi aguzzi, ed il collo armato di un grosso anello di ferro irto di punte.

      – Darma! Punthy! – ripeté Tremal-Naik.

      La tigre si raccolse su se stessa, emise un sordo brontolìo e con un salto di quindici piedi venne a cadere ai piedi del padrone.

      – Cos’hai, Darma? – chiese egli, passando le sue mani sul robusto dorso della belva. – Tu sei inquieta.

      Il cane invece di accorrere dal padrone si piantò sulle quattro zampe allungò la testa verso il sud, fiutò per qualche tempo l’aria ed abbaiò lamentosamente tre volte. – Che sia toccata qualche disgrazia ad Hurti e ad Aghur? – mormorò il cacciatore di serpenti, con inquietudine.

      – Lo temo, padrone, – disse Kammamuri, gettando sguardi spaventati sulla jungla. – A quest’ora dovrebbero essere qui, ed invece non danno segno di vita.

      – Hai udito nessuna detonazione, durante la giornata?

      – Sì, una verso la metà del meriggio, poi più nulla.

      – Da dove veniva?

      – Dal sud, padrone.

      – Hai mai veduto alcuna persona sospetta aggirarsi nella jungla?

      – No, ma Hurti mi disse d’aver veduto, una sera delle ombre sulle rive dell’isola Raimangal ed Aghur d’avere udito degli strani rumori provenire dal banian sacro.

      – Ah! dal banian! – esclamò Tremal-Naik. – Hai udito qualche cosa anche tu?

      – Forse. Cosa facciamo, padrone?

      – Aspettiamo.

      – Ma possono…

      – Zitto! – disse Tremal-Naik, stringendogli un braccio con forza tale da arrestargli il sangue.

      – Cos’hai udito? – mormorò il maharatto, battendo i denti.

      – Guarda laggiù, non ti sembra che i bambù della jungla si muovano?

      – È vero, padrone.

      Punthy fece udire per la terza volta il suo lamentevole urlo, che fu seguito dalle note acute del misterioso ramsinga. Tremal-Naik si strappò dalla cintura di pelle di tigre una lunga e ricca pistola incrostata d’argento e l’armò.

      In quell’istante un indiano, d’alta statura, seminudo, armato d’una sola scure, si slanciò fuori dai bambù correndo a rompicollo verso la capanna.

      – Aghur! – esclamarono ad una voce Tremal-Naik ed il maharatto.

      Punthy gli si slanciò contro urlando lugubremente.

      – Padrone!… pa… drone! – rantolò l’indiano.

      Giunse come un fulmine dinanzi alla capanna, barcollò come fosse stato colpito da un improvviso malore, stralunò gli occhi, gettò un grido strozzato come un rantolo e piombò fra le erbe come albero sradicato dal vento.

      Tremal-Naik gli si era precipitato sopra. Una esclamazione di sorpresa gli sfuggì.

      L’indiano pareva moribondo. Aveva alle labbra una spuma sanguigna, tutto il volto lacerato ed imbrattato di sangue, gli occhi stravolti e dilatati enormemente ed ansimava emettendo rauchi sospiri.

      – Aghur! – esclamò Tremal-Naik. – Che cosa ti è successo? Dov’è Hurti?

      La faccia d’Aghur, a quel nome si contrasse spaventosamente e colle unghie sollevò rabbiosamente la terra.

      – Padrone… pa…drone! – balbettò egli con profondo terrore.

      – Continua.

      – Sof… foco… ho corso… ah! padrone.

      – Che sia avvelenato? – mormorò Kammamuri.

      – No, – disse Tremal-Naik. – Il povero diavolo ha galoppato come un cavallo e soffoca; fra qualche minuto si sarà rimesso. —

      Infatti Aghur cominciava a ritornare in sé, ed a respirare liberamente.

      – Parla, Aghur, – disse Tremal-Naik, dopo qualche minuto. – Perché sei ritornato solo? Perché tanto terrore? Cosa è successo al tuo compagno?

      – Ah! padrone, – balbettò l’indiano rabbrividendo.– Quale disgrazia!

      – Il ramsinga l’aveva annunciata, – mormorò Kammamuri, sospirando.

      – Avanti, Aghur, – incalzò il cacciatore di serpenti.

      – Se l’aveste veduto il poveretto… era là, disteso per terra, irrigidito, cogli occhi fuor dalle orbite…

      – Chi?… chi?…

      – Hurti!

      – Hurti morto! – esclamò Tremal-Naik.

      – Si, l’hanno assassinato ai piedi del banian sacro.

      – Ma chi l’ha assassinato? Dimmelo, che io vada a vendicarlo.

      – Non lo so, padrone.

      – Narra tutto.

      – Eravamo partiti per cacciare una gran tigre. Sei miglia da qui, scovammo la belva la quale, ferita dalla carabina di Hurti, fuggì verso il sud. Seguimmo per quattro ore la sua pista e la ritrovammo presso la riva, di fronte all’isola Raimangal, ma non riuscimmo a ucciderla, poiché appena ci scorse si gettò in acqua approdando ai piedi del gran banian.

      – Bene e poi?

      – Io volevo ritornare, ma Hurti si rifiutava dicendo che la tigre era ferita e quindi una facile preda. Attraversammo il fiume a nuoto e giungemmo all’isola Raimangal, dove ci separammo per esplorare i dintorni.

      L’indiano s’arrestò battendo i denti pel terrore e divenne pallidissimo.

      – Calava

Скачать книгу