Il re del mare. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу Il re del mare - Emilio Salgari страница 22
E subito dopo rimbombarono alcuni spari.
Yanez e Tremal-Naik si erano precipitati verso la piattaforma più alta della cinta, da cui potevano dominare buon tratto della pianura.
Vi erano appena giunti, quando videro un piccolo drappello d’uomini uscire dalla foresta a corsa sfrenata, sparando sui dayaki che accorrevano da tutte le parti come per tagliare loro il passo.
Due grida erano sfuggite alle labbra del portoghese e dell’indiano:
– Le tigri di Mompracem! Sambigliong!
Poi lanciarono due grida tuonanti:
– Fuoco le spingarde!
– Alzate la saracinesca ai nostri amici!
I pirati che avevano scortato Yanez, vedendo i loro compagni alle prese cogli assedianti, si erano gettati sulle tre spingarde che difendevano la cinta dalla parte meridionale, scaricando quasi contemporaneamente.
I dayaki, udendo quegli spari e vedendo cadere parecchi compagni, avevano aperte le file rifugiandosi precipitosamente nella foresta.
Sambigliong e il suo drappello, trovando il passo libero, si erano slanciati verso il kampong a tutta corsa, non cessando di sparare.
La saracinesca era stata alzata e parte della guarnigione era mossa incontro a loro per sostenerli nel caso che i dayaki tornassero alla riscossa e anche per guidarli attraverso il boschetto spinoso.
I superstiti della Marianna non erano che una mezza dozzina. Erano neri di polvere, madidi di sudore, ansanti, colle vesti stracciate e insanguinate ed avevano la schiuma alle labbra per la lunga corsa che doveva essere durata non meno di tre ore. Il corriere, che conosceva la via, per fortuna era insieme a loro.
– La mia nave? – gridò Yanez, correndo incontro a Sambigliong.
– Saltata, capitano, – rispose il mastro con voce rantolante.
– Da chi?
– Da noi… non potevamo più resistere… erano centinaia e centinaia di selvaggi che ci piombavano addosso… tutti i nostri compagni sono stati uccisi… anche i feriti… ho preferito dar fuoco alle polveri…
– Sei un valoroso, – gli disse Yanez, con voce profondamente commossa.
– Capitano… vengono… sono molti… preparatevi alla resistenza.
– Ah! vengono! – esclamò Yanez con voce terribile. – Vendicheremo i nostri morti!
9. La prova del fuoco
Le orde dei dayaki sbucavano in quel momento dalle foreste a gruppi, a drappelli, senza ordine alcuno, lanciati tutti a corsa sfrenata.
Ululavano come belve feroci, agitando forsennatamente i loro pesanti kampilang d’acciaio lucentissimo e sparando in aria qualche colpo di fucile.
Parevano furibondi e probabilmente lo erano per non aver potuto raggiungere e decapitare gli ultimi difensori della Marianna, che più riposati e fors’anche più lesti, erano riusciti a rifugiarsi nella fattoria prima di lasciarsi prendere.
– Per Giove! – esclamò Yanez che li osservava attentamente dall’alto della cinta, – sono in buon numero quei bricconi e quantunque la loro istruzione militare lasci molto a desiderare, ci daranno dei gravi grattacapi.
– Non sono meno di quattrocento, – disse Tremal-Naik.
– Là! Hanno anche un parco d’assedio, – aggiunse il portoghese, vedendo uscire dalla boscaglia un grosso drappello che trascinava una dozzina di lilà ed un mirim. – Canaglia d’un pellegrino! Pare che se ne intenda di cose di guerra e che abbia dedicate tutte le sue cure alla sua artiglieria. Non marciano mica male, gli artiglieri! Manovrano come coscritti di tre mesi!
– E non tirano male, ve lo assicuro, capitano, – disse Sambigliong. – Battevano la Marianna per bene, prendendola d’infilata da prora a poppa.
– Che quel dannato pellegrino sia stato prima soldato? – si chiese Yanez. – Chi diavolo può essere quell’uomo misterioso?
– Yanez, – disse Tremal-Naik, guardandolo con una certa espressione, – credi tu che noi potremo resistere a lungo?
– Come artiglieria siamo debolucci in confronto a loro, – rispose il portoghese, – ora che non abbiamo più i nostri due pezzi da caccia, ma prima che gli assedianti montino all’assalto, ci vorrà del tempo e decimeremo per bene le loro colonne, se vorranno tentare di espugnare a viva forza la nostra fortezza. Basta che i viveri e le munizioni non ci vengano a mancare.
– Ti ho già detto che siamo ben forniti, specialmente dei primi. Tutte le tettoie ne sono piene.
– Allora terremo duro fino a che tornerà Kammamuri. Sapendoci in pericolo, Sandokan non indugerà a mandarci altri soccorsi. Quanto avrà impiegato a raggiungere la costa?
– Non meno d’una settimana.
– Sicchè a quest’ora dovrebbe essere a Mompracem.
– Lo spero, se i dayaki non lo hanno ucciso, – rispose Tremal-Naik.
– Uhm! Assalire un uomo che è scortato da una tigre! Nessuno avrebbe osato attaccarlo. Quindi, a conti fatti, fra una quindicina di giorni potrebbe essere qui. Terremo duro fino allora e intanto cercheremo di divertire i dayaki facendoli ballare a colpi di mitraglia.
– E se Sandokan non ci mandasse soccorsi?
– In tal caso, mio caro amico, ce ne andremo, – rispose Yanez, colla sua calma abituale.
– Con tutti questi assedianti?!
– Vedremo se fra quindici giorni saranno così numerosi. Non caricheremo già le spingarde con patate e le carabine con uova di passeri. Terminiamo la nostra ispezione, mio caro Tremal-Naik, e vediamo di fortificare i punti più deboli. Dobbiamo resistere e resisteremo.
Mentre riprendevano il loro giro, i dayaki si erano accampati intorno alla fattoria, tenendosi fuori di portata dai tiri delle spingarde, costruendo rapidamente, con rami e con foglie di banano, delle capannuccie per ripararsi dagli ardenti raggi del sole, mentre i loro artiglieri innalzavano senza indugio delle piccole trincee formate di terra e sassi e piazzavano i loro pezzi in modo da poter battere la fattoria tutta all’intorno. Quei cannoni non potevano recare quindi danno alle massiccie tavole che formavano la cinta, essendo il tek un legno durissimo che offre una grande resistenza, tuttavia quando Yanez, terminata l’ispezione, salì sulla torricella con Tremal-Naik e Sambigliong, per dominare tutta la pianura, non potè frenare un gesto di stizza.
– Quel pellegrino deve essere stato un soldato, – ripetè. – I dayaki non avrebbero mai pensato innalzare delle trincee, nè a scavare dei fossati per ripararsi dai tiri degli avversari.
– Lo vedi? – chiese in quel momento Tremal-Naik.
– Chi?
– Il pellegrino.
– Come! Osa mostrarsi?
– Guardalo