Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 5. Edward Gibbon
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Ma nei tranquilli momenti della riflessione, allorchè lo spirito di Valente non era agitato dal timore, o quello di Valentiniano dall'ira, i tiranni riassumevano i sentimenti o almeno la condotta di padri della patria. Lo spassionato giudizio dell'Imperator d'Occidente era in grado di conoscer chiaramente e di procurar con ardore il bene proprio e del pubblico; ed il Sovrano d'Oriente, che imitava con ugual docilità i varj esempi, che riceveva dal suo fratello maggiore, veniva alle volte guidato dalla saviezza e virtù del Prefetto Sallustio. Ambidue i Principi invariabilmente ritennero nella porpora la modesta e regolata semplicità, che adornato avevano la privata lor vita; e sotto il regno di essi i piaceri della Corte non costarono mai al popolo rossore o sospiri. Essi appoco appoco riformarono molti abusi dei tempi di Costanzo; adottarono giudiziosamente e migliorarono i disegni di Giuliano e del suo Successore; e spiegarono uno stile ed uno spirito di legislazione, che può risvegliare nella posterità l'opinione più favorevole del carattere e del governo loro. Non si sarebbe aspettato mai dal padrone d'Innocenza quella tenera cura pel bene dei sudditi, che mosse Valentiniano a condannare l'esposizione dei bambini nati di fresco60, ed a stabilire con stipendi e privilegi quattordici abili Medici nei quattordici quartieri di Roma. Il buon senso di un ignorante soldato immaginò un utile e liberale Instituto per l'educazione della gioventù e pel sostegno delle scienze allor decadenti61. Era sua intenzione che s'insegnassero le arti della rettorica e della grammatica in lingua Greca e Latina nelle Metropoli di ogni Provincia; e poichè ordinariamente la grandezza e la dignità della scuola era proporzionata a quella della città in cui si trovava, le Accademie di Roma e di Costantinopoli vantavano una giusta e singolar preeminenza. I frammenti degli editti letterari di Valentiniano rappresentano imperfettamente la scuola di Costantinopoli, che fu a grado a grado perfezionata dai successivi regolamenti. Era essa composta di trent'uno Professori, distribuiti in diversi rami di scienze; vale a dire un filosofo e due legali, cinque sofisti e dieci grammatici per la lingua Greca, tre oratori ed altri dieci grammatici per la Latina, oltre sette scrivani, o come in quel tempo si chiamavano antiquari, le laboriose penne dei quali provvedevano le pubbliche Biblioteche di buone e corrette copie dei classici Autori. La regola di condotta, che fu allora prescritta agli studenti, è tanto più curiosa che somministra i primi sbozzi della forma e della disciplina di una moderna Università. Si richiedeva, che essi portassero gli opportuni attestati dei Magistrati delle native loro Province. Regolarmente si notavano in pubblici registri i nomi, le professioni e le abitazioni loro. Era severamente proibito alla studiosa gioventù di perdere il tempo in conviti o nei teatri, ed era limitato il termine della loro educazione all'età di vent'anni. Il Prefetto della città poteva gastigar gli oziosi ed i refrattari con le verghe e coll'espulsione; ed aveva ordine di riferire ogni anno al Maestro degli Uffizi, quali scolari per le cognizioni ed abilità loro si potessero utilmente impiegare in servizio pubblico. Gli instituti di Valentiniano contribuirono ad assicurare i vantaggi della pace e dell'abbondanza; e servì a guardar le città lo stabilimento dei Difensori62, eletti liberamente come Tribuni ed Avvocati del popolo per sostenere i diritti, ed esporre gli aggravj di esso avanti ai Tribunali dei Magistrati civili, o anche al piè del Trono Imperiale. Si amministravano diligentemente le finanze da due Principi, che per tanto tempo erano stati assuefatti alla rigorosa economia di una condizione privata; ma nell'incassamento e nell'impiego della pubblica entrata un occhio discernitore potrebbe osservare qualche differenza fra il governo d'Oriente e quel d'Occidente. Valente era persuaso che non si potesse sostenere la liberalità reale per mezzo della pubblica oppressione; e non ebbe mai l'ambizione di aspirare ad assicurare, mediante le presenti angustie, la futura forza e prosperità del suo popolo. Invece di accrescere il peso delle tasse, che nello spazio di quaranta anni a grado a grado si erano raddoppiate, nei primi quattro anni del suo regno diminuì la quarta parte del tributo dell'Oriente63. Sembra che Valentiniano fosse meno attento ed ansioso di sollevare i pesi del suo popolo. Potè in vero riformare gli abusi dell'amministrazione fiscale, ma esigeva senza scrupolo una gran parte dei beni dei privati, essendo convinto, che le rendite, le quali sostenevano il lusso degl'individui, si sarebbero con molto maggior vantaggio impiegate nel difendere e migliorare lo Stato. I sudditi Orientali, che abitualmente godevano il benefizio della condotta del loro Principe, applaudivano alla beneficenza di esso, e la seguente generazione sentì e riconobbe il solido, quantunque meno splendido, merito di Valentiniano64.
Ma la più onorevol particolarità del carattere
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Si consultino gli ultimi sei libri d'Ammiano, e specialmente i ritratti dei due fratelli reali (XXX. 8. 9. XXXI. 14). Il Tillemont (Tom. V. pag. 12-18. p. 127-133.) ha raccolto da tutta l'antichità le virtù ed i vizi loro.
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Vittore il giovane asserisce, che egli era
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Ho trasferito la taccia d'avarizia da Valente a' suoi servi. Questa passione appartiene più propriamente ai Ministri che ai Re, nei quali per ordinario viene estinta dal dominio assoluto.
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Egli esprimeva alle volte una sentenza di morte in aria di scherzo.
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Erano innocenti tre apparitori ed un agente di Milano, che Valentiniano condannò per aver significato una legal citazione. Ammiano (XXVII. 7.) stranamente suppone che tutti coloro, i quali erano stati ingiustamente condannati, si venerassero come martiri dai Cristiani. L'imparziale silenzio di lui non ci permette di credere, che Rodano, gran Ciamberlano, fosse arso vivo per un atto d'oppressione:
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Vedi
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Questi salutari stabilimenti sono indicati nel codice Teodosiano
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Tre versi d'Ammiano (XXXI. 14) equivalgono a tutta una orazione di Temistio (VIII. p. 101-120.) piena di adulazione e pedanteria e di luoghi comuni di Morale. L'eloquente Thomas (Tom. I, p. 336-396) si è dilettato nel celebrar le virtù ed il genio di Temistio che non fu indegno del secolo, nel quale visse.
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Zosimo