Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 8. Edward Gibbon
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Читать онлайн книгу Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 8 - Edward Gibbon страница 19
Prima che Lucca si fosse arresa, l'Italia fu allagata da un nuovo diluvio di Barbari. Teodebaldo, giovine e debole principe, nipote di Clodoveo, regnava sui popoli dell'Austrasia ossia sui Franchi orientali. I suoi tutori avevano freddamente e con ripugnanza ascoltato le magnifiche promesse degli ambasciatori Goti. Ma il valore di un popolo guerriero soverchiò i timidi consigli della Corte: i due fratelli, Lotario e Buccellino148, duchi degli Alemanni, assunsero la condotta della guerra d'Italia: e settantacinquemila Germani calarono, nell'autunno, giù dalle Alpi Retiche nella pianura di Milano. La vanguardia dell'esercito Romano era stanziata presso il Po, sotto la condotta di Fulcari, baldanzoso Erulo, il quale temerariamente opinava, che la bravura personale sia il solo dovere e merito di un comandante. Nel mentre che senz'ordine e precauzione egli moveva lungo la via Emilia, un'imboscata di Franchi subitamente saltò fuori dell'anfiteatro di Parma: sorprese restarono le sue truppe e poste in rotta: ma il loro capitano ricusò di fuggire dichiarando nell'estremo istante, che la morte era meno terribile che il corrucciato aspetto di Narsete. La morte di Fulcari, e la ritirata dei duci rimasti in vita, determinarono l'ondeggiante e ribelle naturale dei Goti; essi corsero sotto i vessilli de' loro liberatori, e gli ammisero dentro le città che tuttor resistevano alle armi del generale Romano. Il conquistatore dell'Italia aperse un libero varco all'irresistibile torrente de' Barbari. Essi passarono sotto le mura di Cesena, e risposero con minacce e rimproveri all'avviso di Aligerno, che i tesori Gotici più non poteano pagare i travagli di un'invasione. Duemila Franchi furono distrutti dalla perizia e dal valore di Narsete stesso, che sortì di Rimini alla testa di trecento cavalli, onde punire la licenza e la rapina, che contrassegnavano la loro marcia. Sui confini del Sannio, i due fratelli spartirono le forze loro. Coll'ala destra Buccelino imprese di saccheggiare la Campania, la Lucania ed il Bruzio: colla sinistra, Lotario si accinse allo spogliamento della Puglia e della Calabria. Seguitaron essi la costa del Mediterraneo e dell'Adriatico, sino a Reggio e ad Otranto, e le estreme terre dell'Italia furono il termine del distruttivo loro avanzarsi. I Franchi ch'erano cristiani e cattolici, si contentarono del semplice sacco e di qualche uccisione accidentale. Ma le chiese, risparmiate dalla lor pietà, furono poste a ruba dalla sacrilega destra degli Alemanni, che sacrificavano teste di cavalli alle native loro divinità de' boschi e de' fiumi149, essi fusero o profanarono i sacri vasi; e le rovine degli altari e de' tabernacoli furono macchiate del sangue de' Fedeli. Buccelino era mosso dall'ambizione, Lotario dall'avarizia. Il primo aspirava a ristabilire il regno dei Goti: il secondo, dopo d'aver promesso al fratello di riportargli sollecitamente soccorso, tornò per la stessa strada a porre in sicuro i suoi tesori oltre l'Alpi. La forza de' loro eserciti era già ridotta a male dal cambiamento del clima e dal contagio delle malattie: i Germani s'inebbriarono de' vini d'Italia, e l'intemperanza loro vendicò in qualche guisa le calamità di un popolo senza difesa.
All'entrare della primavera, le truppe imperiali che avean difese le città, si adunarono in numero di diciottomila uomini nelle vicinanze di Roma. Le ore loro d'inverno non s'erano consumate nell'ozio. Seguendo gli ordini e l'esempio di Narsete, esse avean ripetuto ogni giorno i loro militari esercizj a piedi ed a cavallo, aveano assuefatto il loro orecchio al suono della tromba, e praticato i passi e le evoluzioni della danza Pirrica. Dallo stretto della Sicilia, Buccelino con trentamila Franchi ed Alemanni lentamente si mosse verso Capua, occupò con una torre di legno il ponte di Casilino, coprì la sua destra col fiume Volturno, ed assicurò il resto del suo campo con un riparo di acuti pali con un cerchio di carri, le cui ruote erano conficcate nel suolo. Con impazienza egli aspettava il ritorno di Lotario, ignorando ahi misero! che il suo fratello non poteva più ritornare, e che il condottiero col suo esercito era perito per una strana malattia150 sulle rive del Benaco, fra Trento e Verona. Le insegne di Narsete ben tosto si avvicinarono al Volturno, e gli occhi dell'Italia stavano ansiosamente fissi sopra l'evento di questa finale contesa. Forse l'abilità del generale Romano molto era superiore nelle tranquille operazioni che precedono il tumulto di una battaglia. I giudiziosi suoi movimenti intercettarono i viveri ai Barbari, li privarono de' vantaggi del ponte e del fiume, e nella scelta del terreno e del momento dell'azione, li ridussero a conformarsi alla volontà del nemico. Nel mattino di quell'importante giornata, quando le file erano già formate, un servo, per qualche triviale mancamento, fu ammazzato dal suo padrone, uno de' Capi degli Eruli. Si commosse la giustizia o la collera di Narsete: egli intimò all'offensore di comparirgli dinanzi, e senza ascoltarne le discolpe, diede il segnale all'esecutor della morte. Se il crudel padrone non avea infranto le leggi della sua nazione, l'arbitrario supplizio non era meno ingiusto di quel che pare essere stato imprudente. Gli Eruli sentirono l'oltraggio: essi fecero alto: ma il generale Romano,
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Il Δρακων di Procopio (
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Galeno (
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Il Buat (tom. XI p. 2 ec.) fa passare in Baviera, suo prediletto paese, questo avanzo di Goti, i quali da altri vengono sepolti nei monti di Uri, o restituiti alla natia lor isola di Godlanda (Mascou, annot. XXI).
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Io lascio che Scaligero (
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Agatia (l. I c. 21) mette la grotta della Sibilla sotto le mura di Cuma; egli in ciò si accorda con Servio (
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Avvi qualche difficoltà nel connettere il capitolo 35. del libro IV della guerra Gotica di Procopio insieme col libro primo dell'istoria di Agatia. Ci è forza ora lasciare uno statista ed un soldato per seguire i passi di un poeta e di un retore (l. I p. 11; l. II p. 51, ediz. Louvre).
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Tra le favolose imprese di Buccellino si trova che egli sconfisse ed uccise Belisario, soggiogò l'Italia e la Sicilia, ec. Vedi, negli Storici di Francia, Gregorio di Tours (tom. II l. III c. 32 p. 203) ed Aimoino (tom. III l. II.
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Agatia parla della loro superstizione con filosofico stile (l. I p. 18). A Zug, nella Svizzera, l'idolatria dominava ancora nell'anno 613. San Colombano e San Gallo furono gli apostoli di quel selvaggio paese; e quest'ultimo fondò un romitorio, che, crescendo, divenne un principato ecclesiastico ed una città popolosa, sede della libertà e del commercio.
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Vedi la morte di Lotario in Agatia (l. II p. 38) ed in Paolo Varnefrido, soprannominato il Diacono (l. II c. 3 p. 775). I Greci lo fanno divenir frenetico e mangiarsi la propria carne. Egli avea saccheggiato le chiese.