Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 13. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 13 - Edward Gibbon

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il Sultano videsi a proprio malgrado costretto a soffrire il suo luminoso servaggio, da cui in capo a quattro anni l'Angelo della morte lo liberò. L'età o le malattie, il capriccio o la sventura, hanno spesse volte costretti molti Principi a scender dal trono, ed hanno avuto tempo per pentirsi di questa irrevocabile risoluzione. Ma il solo Amurat, libero di scegliere, e dopo avere sperimentati e l'Impero e la solitudine, diede per una seconda volta alla vita privata la preferenza.

      Dopo la partenza dei Greci, Eugenio non avea dimenticati i loro temporali interessi; e questa tenera sollecitudine del Pontefice a favore dell'Impero di Bisanzo era animata dalla paura di vedere i Turchi avvicinarsi alle coste d'Italia, e forse ben presto invaderle. Ma lo spirito che avea prodotte le prime Crociate, essendo svanito, i Franchi mostrarono una indifferenza così poco ragionevole, come il tumultuoso loro entusiasmo lo fu. Nell'undecimo secolo, un frate fanatico avea saputo spingere tutta l'Europa contro dell'Asia per liberare il Santo Sepolcro; nel decimoquinto i più possenti motivi di politica e di religione non bastarono ad unire i Latini per la comune difesa della Cristianità. Certamente l'Alemagna potea dirsi un ricettacolo non mai vôto di armi e di soldati18; ma per mettere in moto questo corpo composto di parti eterogenee, e languenti, vi sarebbe voluto l'impulso di una mano ferma e vigorosa, ben diversa da quella del debole Federico III, che non godea d'alcuna prevalenza come Sovrano, nè d'alcuna considerazione alla persona di lui tributata. Una lunga serie di combattimenti avea stremate le forze della Francia e dell'Inghilterra senza por termine alle loro nimistà19. Ma il Duca di Borgogna, Principe vano e fastoso, si fece, immune da spese e pericoli, un merito della opportuna pietà de' suoi sudditi, che sopra una ben guernita flotta veleggiarono dalle coste della Fiandra a quelle dell'Ellesponto. Le Repubbliche di Genova e di Venezia, per situazione di lido, meno estranee al teatro della guerra, unirono sotto lo stendardo di S. Pietro le loro armate. I Regni della Polonia e della Ungheria, che coprivano, per così esprimermi, le barriere interne della Chiesa latina, avevano il maggior interesse ad impedire i progressi dei Turchi. Essendo l'armi il retaggio dei Sarmati e degli Sciti, parea che queste nazioni sarebbero state le più atte a sostenere simile guerra, se volto avessero contra il comune nemico le militari forze che nelle loro discordie civili si distruggevano. Ma un medesimo spirito le rendeva incapaci d'accordo e di obbedienza; troppo povero il paese, troppo debole il Monarca per armare un esercito regolare, le bande di cavalleria ungarese e polacca difettavano d'armi e di que' sentimenti che in alcune occasioni prestavano una forza invincibile alla francese cavalleria. Pur da questa banda i disegni d'Eugenio e l'eloquenza del suo Legato, il Cardinale Giuliano, trovarono appoggio in un accordo di favorevoli circostanze20; l'unione di due corone sul capo di Ladislao21, giovane, ambizioso e guerriero; e il valor d'un eroe Giovanni Uniade, il cui nome, già famoso fra i Cristiani, era formidabile ai Turchi. Ivi largheggiò il Legato d'un tesoro inesausto d'indulgenze e di perdoni; laonde molta mano di guerrieri alemanni e francesi essendosi arrolati sotto la sacra bandiera, nuovi confederati dell'Europa e dell'Asia rendettero, o fecero parere alquanto più formidabile la Crociata. Un fuggiasco despota della Servia esagerò le strettezze e il guerriero ardore de' Cristiani che abitavano l'opposta riva del Danubio; «questi avevano, al dir di lui, risoluto di difendere la propria religione e la propria libertà. L'Imperatore greco22 con un coraggio ignoto ai suoi maggiori, assumendosi di custodire il Bosforo, promettea uscire di Costantinopoli a capo delle sue truppe e mercenarie e native. Intanto il Sultano di Caramania23 mandava avviso della ritirata di Amurat che affari più incalzanti chiamavano nella Natolia; e se le flotte occidentali avessero potuto nel tempo medesimo occupare lo stretto dell'Ellesponto, la Monarchia ottomana sarebbesi veduta inevitabilmente smembrata e distrutta. Il Cielo e la terra dovevano senza dubbio arridere ad un'impresa che avea per iscopo la distruzione de' miscredenti»; nè il Cardinal Legato si stette dal divulgare in termini prudentemente equivoci la voce di un soccorso invisibile del figliuol di Dio e della sua Santa Madre.

      La guerra santa essendo già il grido unanime delle Diete di Polonia e d'Ungheria, Ladislao, dopo avere varcato il Danubio, condusse l'esercito de' suoi sudditi e confederati fino a Sofia capitale de' Bulgari; nella quale spedizione riportarono due segnalate vittorie che vennero giustamente attribuite al valore e alla condotta di Uniade. Nel primo fatto d'armi, questi comandava un antiguardo di diecimila uomini, coi quali il campo turco sorprese; nel secondo, a malgrado del doppio svantaggio e di terreno, e di numero, sconfisse e fe' prigioniero il più famoso fra i Generali ottomani. La vicinanza del verno e gli ostacoli naturali e artificiali opposti dal monte Emo, fermarono questo Eroe, che sei giorni di cammino avrebbero potuto condurre dalle falde delle montagne alle nemiche torri di Andrinopoli, ovvero alla capitale amica del greco Impero. Si ritirò in buon ordine; e l'ingresso del suo esercito entro le mura di Buda presentò ad un tempo l'aspetto di un trionfo militare e di una procession religiosa, nella quale il Re accompagnato da' suoi guerrieri seguiva a piedi una doppia schiera di Ecclesiastici. Ivi librati in giusta lance i meriti e i riguardi che alle due nazioni belligeranti eran dovuti, l'umiltà cristiana temperò l'orgoglio della conquista. Tredici Pascià, nove stendardi, e quattromila prigionieri attestavano incontrastabilmente la vittoria degli Ungaresi, e i Crociati, nella cui parola tutti credeano, niuno essendovi presente per contraddirla, moltiplicarono senza scrupolo le miriadi di Ottomani lasciati morti sul campo della battaglia24. La più indubitata prova dei buoni successi de' Cristiani si stette nelle vantaggiose conseguenze di questa campale stagione; perchè giunse a Buda una deputazione del Divano incaricata di sollecitare la pace, di riscattare i prigionieri e di fare sgomberare la Servia e l'Ungheria. Mercè un tale Trattato conchiuso nella Dieta di Seghedino, il Re, il Despota, e Uniade, ottennero tutti i vantaggi pubblici e particolari cui poteano ragionevolmente aspettarsi. Una tregua di dieci anni fu pattuita; sull'Evangelio i discepoli di Gesù Cristo, sul Corano i seguaci di Maometto giurarono, invocando e gli uni e gli altri il nome di Dio25, come proteggitore della verità e punitore dello spergiuro. Avendo gli Ambasciatori turchi posto che nella solennità del giuramento da darsi si sostituisse all'Evangelio l'Eucaristia26, cioè la presenza reale del Dio de' Cattolici, i Cristiani nol vollero per non profanare i lor santi misteri. Una coscienza superstiziosa si crede meno legata dal giuramento in sè stesso che dalle forme esterne e visibili usate a fine di convalidarla27.

      A. D. 1444

      Durante questa negoziazione, il Cardinale che la disapprovava ed era troppo debole per opporsi egli solo alla volontà del popolo e del Monarca, si stette in un cupo silenzio; ma sciolta non era per anche la Dieta, allorchè un messo gli portò avviso, che il Caramano era entrato nella Natolia; invasa dall'Imperator greco la Tracia; l'Ellesponto occupato dalle flotte di Venezia, di Genova e di Borgogna; i confederati consapevoli della vittoria di Ladislao, ignari del negoziato, impazienti di unire il proprio all'esercito degli Ungaresi. «In questo modo adunque (sclamò il Cardinale, inorgoglito dalle felici novelle),28 deluderete le loro speranze e lascierete andar la fortuna? ad essi, al vostro Dio, e ai Cristiani vostri fratelli obbligaste la vostra fede; questo primo obbligo annulla un giuramento imprudente e sacrilego che avete fatto ai nemici di Gesù Cristo, del quale il Papa in questo Mondo è Vicario. Voi non potevate legittimamente nè promettere, nè operare senza la sanzione del Pontefice. In nome di lui santifico le vostre armi e vi sciolgo dall'essere spergiuri. Seguitemi per tanto nel cammino della gloria e della salute; e se vi rimane ancor qualche scrupolo, rovesciatene sopra di me la colpa e il gastigo». L'incostanza, indivisibile mai sempre dalle popolari assemblee, e il sacro carattere del Legato avendo rinvigoriti questi funesti argomenti, fu risoluta la guerra in quel luogo medesimo ove dianzi era stata giurata la pace; e quasi adempiessero il Trattato, i Cristiani assalirono i Turchi, che poterono allora con più giustificato motivo chiamarli infedeli. Le massime di quella età palliarono lo spergiuro di Ladislao, del quale avrebbero fatta in allora compiuta scusa il buon esito e la liberazione della Chiesa latina; ma quel Trattato medesimo che dovea legare la sua coscienza, lo aveva diminuito di forze. I volontari

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<p>18</p>

Nel 1431, l'Alemagna mise in armi quarantamila uomini a cavallo, o sergenti, per far la guerra agli Hussiti della Boemia (Lenfant, Hist. du Conc. de Bâle, t. I, p. 318). Nell'assedio di Nuys sul Reno, nel 1474, i Principi, i Prelati e le città inviarono ciascuno il lor contingente; e il Vescovato di Munster (che non è de' più grandi) somministrò millequattrocento uomini a cavallo, seimila fanti, tutti vestiti di verde, e dugento carriaggi. Le forze congiunte del Re d'Inghilterra e del Duca di Borgogna erano appena eguali ad un terzo di questi eserciti d'Alemanni (Mém. de Philippe de Comines, lib. IV, c. 2). Le potenze dell'Alemagna possono far conto sopra sei o settecentomila combattenti ben pagati ed ottimamente disciplinati.

<p>19</p>

Solamente nel 1444 la Francia e l'Inghilterra convennero di una tregua d'alcuni mesi (V. Foedera del Rymer, e le Cronache delle due nazioni).

<p>20</p>

Nel descrivere la Crociata dell'Ungheria mi è stato guida lo Spondano (Annal. eccles. A. D. 1443, 1444). Egli ha letti accuratamente e paragonati coll'abilità di un vero critico gli scritti de' Greci e degli Ottomani, le Storie dell'Ungheria, della Polonia e dell'Occidente. Chiaro mostrasi ne' racconti, e allorchè può spogliarsi dai pregiudizj religiosi, non sono da sprezzarsene le deduzioni.

<p>21</p>

Ho tolta dal nome di Ladislao la lettera W, con cui lo cominciano per la maggior parte gli Storici (Wladislao), o il facciano per uniformarsi alla pronuncia polacca, o per distinguerlo dal suo rivale, l'infante Ladislao d'Austria. Callimaco (l. I, part. II, pag. 447-486), Bonfinio (Dec. III, l. IV), Spondano e Lenfant parlano diffusamente delle gare di questi due principi per conseguire il trono d'Ungheria.

<p>22</p>

Gli Storici greci, Franza, Calcocondila e Duca, non ci dimostrano il loro Principe come personaggio molto operoso in questa Crociata. Sembra che dopo esserne stato instigatore, l'abbia indi impacciata colla sua pusillanimità.

<p>23</p>

Cantemiro attribuisce al Caramano l'onore del divisamento citando una lettera incalzante che scrisse al Re d'Ungheria. Ma le Potenze maomettane son di rado istrutte degli affari della Cristianità, e la situazione de' Cavalieri di Rodi e la loro corrispondenza danno a credere che essi abbiano avuto parte a questo disegno del Sultano di Caramania.

<p>24</p>

Nelle loro lettere all'Imperatore Federico III, gli Ungaresi ammazzarono trentamila Turchi in una sola battaglia; ma il modesto Giuliano riduce il numero de' morti a soli seimila, o fors'anche duemila Infedeli (Enea Silvio, in Europa, c. 5, et epist. 44-81, apud Spondanum).

<p>25</p>

Siccome tanto i Cristiani che i Maomettani ammettevano ed ammettono l'esistenza di un Esser Supremo, creatore e reggitore d'ogni cosa, così ambidue i partiti, fecero in nome di lui il loro giuramento: la differenza poi fra il dogma de' primi, e quello de' secondi è questa: i Maomettani ammettono soltanto l'unità di Dio, cioè che c'è un solo Dio senza trinità di persone, contro i politeisti, ossia idolatri, che ammettono molti Dei; i Cristiani poi credono all'unità dell'essenza di Dio, ed alla trinità della di lui persona, contro i Maomettani e contro i politeisti ad un'ora. (Nota di N. N.)

<p>26</p>

Non è da meravigliarsi che i Turchi maomettani sapendo, che i Cristiani credono alla transustanziazione, abbiano chiesto che giurassero l'osservanza del Trattato sul pane eucaristico, ossia mutato nel corpo reale di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, pensando che cotale giuramento legasse vie più le loro coscienze (non superstiziose per quella credenza) che quello fatto sull'Evangelio. (Nota di N. N.)

<p>27</p>

V. l'origine della guerra de' Turchi e la prima spedizione di Ladislao nel quinto e sesto libro della terza decade di Bonfinio, che molto felicemente imita lo stile e l'ordine di T. Livio. Nondimeno Callimaco (l. II, p. 487-496) lo supera in purezza di lingua ed autenticità.

<p>28</p>

Non pretendo farmi mallevadore per l'esattezza letterale del discorso di Giuliano, le cui espressioni variano in Callimaco (l. III, p. 505-507), in Bonfinio (Dec. III, l. VI, p. 457, 458) e in altri Storici che hanno forse adoperata la propria loro eloquenza nel far parlare gli Oratori di questo secolo; ma tutti s'accordano nell'attribuirgli il consiglio dello spergiuro, che i Protestanti hanno amaramente censurato, e mal difeso i Cattolici, cui tolse ogni coraggio la rotta di Warna.