Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 13. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 13 - Edward Gibbon

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si opposero a tal maritaggio, che per altra parte la Sultana rendè impossibile, consacrando piamente il resto de' suoi giorni alla professione monastica. Ridotto alla prima alternativa, Franza preferì la Principessa di Georgia, il cui padre abbagliato da un parentado sì luminoso, non solamente non pose, giusta l'uso di sua nazione un prezzo alla figlia, ma di più la dotò di cinquantaseimila ducati e di cinquemila di assegnamento annuale57. Assicurò inoltre l'Ambasciatore che le sollecitudini di lui non anderebbero prive di guiderdone, e poichè Franza avea una figlia e un figlio che era stato adottato al fonte battesimale dall'Imperatore, il Georgiano promisegli che della figlia sarebbesi preso pensiero la futura Imperatrice di Costantinopoli. Tornato in patria il messaggero, Costantino confermò il Trattato imprimendo di sua mano tre croci rosse sopra la bolla d'oro che lo guarentiva, e assicurando l'inviato del Principe di Georgia che, all'incominciare di primavera, le sue galee avrebbero salpato da Costantinopoli ai lidi georgiani, per condurgli da quelli la sposa. Conchiusa questa bisogna, l'Imperatore chiamò in disparte il fedele Franza, e usando seco lui i modi non della contegnosa benevolenza, ma di un amico sollecito di versare nel seno d'un altro amico, che dopo lunga lontananza rivede, i segreti affanni del proprio cuore, lo abbracciò, favellandogli in cotal guisa: «Dopo che ho perduti mia madre e Cantacuzeno, i quali soli mi consigliavano senza interesse o fini di passioni individuali58, mi vedo attorniato d'uomini ai quali non posso concedere nè amicizia, nè confidenza, nè stima. Voi conoscete Luca Notaras, il grand'Ammiraglio; idolatra ostinato delle proprie idee, millanta per ogni dove ch'ei regola a piacer suo i miei pensieri e le mie azioni. Il rimanente de' cortigiani è guidato da spirito di parte, o da mire di personale vantaggio: sarò io dunque costretto, sopra cose di politica, o di nozze a non consultare che frati? Avrò d'uopo ancora per lungo tempo del vostro zelo e della vostra solerzia. In primavera, andrete a trovare uno de' miei fratelli per indurlo a sollecitare in persona i soccorsi delle Potenze dell'Occidente. Dalla Morea vi trasferirete a Cipro per eseguire una commissione segreta, e di lì nella Georgia, d'onde mi condurrete la sposa». – «I vostri comandi, o Sire, rispose Franza, non ammettono repliche; ma degnatevi pensare, gravemente sorridendo soggiunse, che se mi allontano sì spesso dalla mia famiglia, potrebbe venire a mia moglie la tentazione di cercarsi un altro marito, ovvero di farsi monaca». Dopo essersi alquanto scherzato su questi timori, l'Imperatore, assumendo un tuono più serio, assicurò il suo favorito, che lo allontanava per l'ultima volta, e che serbava al figlio di esso la mano della erede di un ricco ed illustre patrimonio, e allo stesso Franza il rilevante ufizio di Gran Logoteta, ossia di primario Ministro di Stato. Le nozze del figlio di Franza furono tosto concluse, ma quanto alla carica di Logoteta se l'era arrogata il Grande Ammiraglio, benchè questi due impieghi fossero incompatibili nel medesimo tempo. Fu d'uopo di una negoziazione, che durò qualche tempo, per ottenere, mediante un compenso, il consentimento di Notaras; e nondimeno la nomina di Franza non ebbe una assoluta pubblicità; tanto paventava l'Imperatore di inimicarsi questo audace e poderoso favorito. Fattisi durante il verno gli apparecchi dell'ambasceria, Franza deliberò di cogliere una tale opportunità per allontanare il proprio figlio, e collocarlo, ove meno imminenti pareano i pericoli, vale a dire nella Morea, presso i congiunti di sua madre. Questi erano i pubblici e privati divisamenti, che scompigliati ben tosto dalla guerra co' Turchi, sotto le rovine del greco Impero andaron sepolti.

      CAPITOLO LXVIII

      Regno e carattere di Maometto II. Assedio e conquista definitiva di Costantinopoli fatta dai Turchi. Morte di Costantino Paleologo. Servitù de' Greci. Distruzione dell'Impero romano nell'Oriente. Atterrimento dell'Europa. Conquiste di Maometto II, sua morte.

      L'assedio di Costantinopoli fatto dai Turchi, eccita primieramente i nostri sguardi e la nostra curiosità sul personaggio e sul carattere del possente distruttore di questo Impero59. Maometto II era figlio di Amurat II; la madre di lui, insignita de' titoli di Cristiana e di Principessa, trovossi verisimilmente confusa tra la folla delle tante concubine che venivano d'ogni paese a popolare lo harem del Sultano. Educato da prima nelle massime e ne' sentimenti d'un devoto seguace dell'Islamismo, finchè in lui durò questo fervore, non v'era volta in cui avesse toccate donne infedeli, che non si tergesse indi le mani e il volto colle abluzioni prescritte dalla legge. Ma sembra che, cogli anni e colla consuetudine di regnare, si ammollisse in lui la severità di così stretta osservanza; e l'animo ambizioso di questo principe, disdegnando riconoscere alcuna potestà maggior della sua, vuolsi che, in alcuni momenti di libertà, qualificasse senza riguardi il Profeta della Mecca coi predicati d'impostore e di masnadiero. Ma, agli occhi del pubblico, sempre mostratosi rispettoso alla dottrina e ai precetti del Corano60, i suoi privati trascorsi non giunsero mai a saputa del popolo; però a tal proposito, non conviene prestar cieca fede alla credulità degli stranieri e de' settarj, ognor proclivi a pensare che uno spirito, recalcitrante alla verità, opponga poi all'errore e alle cose assurde un disprezzo ancor più invincibile. Addottrinato da abilissimi maestri, fece rapidi progressi nel corso degli studj che nel tempo della sua educazione gli vennero prescritti; assicurasi che egli parlasse o intendesse cinque lingue61, l'araba, la persiana, la caldea o l'ebraica, la latina e la greca. Potea contribuire al suo diletto la persiana, alla sua edificazione l'araba; le quali due lingue d'ordinario tutti i giovani dell'Oriente imparavano. Attese le corrispondenze che trovavansi fra i Greci ed i Turchi, era naturale in lui il desiderio di conoscere la lingua d'una nazione ch'ei divisava di soggiogare: e doveva parimente essergli piacevole d'intendere gli encomj in versi, o in prosa latina62, che all'orecchio gli pervenivano63; ma non intendiamo di qual giovamento potesse divenirgli, o qual merito raccomandasse alla sua politica il rozzo dialetto de' suoi schiavi ebrei. Famigliari erano ad esso la storia e la geografia, e ardea di nobile emulazione in leggendo le vite degli Eroi dell'Oriente e forse di quelli dell'Occidente64. I suoi studj di astrologia, poteano essere scusati dalle assurde massime di quel secolo, oltrechè questo studio, vano in sè stesso, suppone in chi lo professa alcuni principj di matematica; le generose sollecitazioni fatte ai pittori dell'Italia, perchè venissero a stare presso di lui, e le ricompense delle quali ai medesimi largheggiò, il palesarono acceso di un gusto profano per le belle arti65. Ma la religione e le lettere non pervennero a domare il suo carattere selvaggio ed impaziente di freno. Nè rammenterò già a questo proposito, perchè pochissima fede le presto io medesimo, la storia de' quattordici paggi fatti sventrare dinanzi a sè, per conoscere qual d'essi avesse mangiato un popone, nè l'altra leggenda della bella schiava da lui medesimo decollata per dare a divedere ai suoi giannizzeri che le donne non avrebbero mai soggiogato il loro padrone. Il silenzio degli Annali turchi che accusano di ubbriachezza soli tre Principi della dinastia ottomana66, attesta la sobrietà di Maometto II; ma sono fuori di dubbio i suoi furori e l'inflessibilità delle sue passioni. Sembra dimostrato ad evidenza che, e nel campo, e nella reggia, lievissimi motivi lo indussero a versar torrenti di sangue, e che le sue inclinazioni, contrarie alla natura, arrecarono spessi oltraggi ai più nobili fra i suoi giovani prigionieri. Durante la guerra d'Albania, egli meditò le lezioni del padre, e ne superò di buon'ora la gloria, onde all'invincibile scimitarra di questo Sultano viene attribuita la conquista di due Imperi, di dodici Reami, e di dugento città, calcolo però falso e dalla sola adulazione instituito. Egli aveva indubitatamente tutte le prerogative di un soldato, e quelle fors'anche di un Generale: la presa di Costantinopoli suggellò la sua fama; ma ponendo in confronto le imprese, i soccorsi per eseguirle, e gli ostacoli, lo stesso Maometto II avrebbe dovuto rifiutar, vergognandone, l'adulazione di chi lo mettea al pari di Alessandro e di Timur. Le forze da lui guidate furono sempre superiori di numero a quelle dell'inimico, e nondimeno, le sue conquiste non si estesero al di là dell'Eufrate e del mare Adriatico, e nondimeno, ne interruppero il corso e Uniade, e Scanderbeg, e il Re di Persia, e i Cavalieri di Rodi.

      A. D. 1451-1481

      Sotto il regno di Amurat, Maometto gustò due volte i diletti del trono e due volte ne scese: la sua giovine

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<p>57</p>

Il leggitore istrutto avrà a memoria le offerte di Agamennone (Iliade, l. V, n. 144) e l'uso generale degli antichi.

<p>58</p>

Cantacuzeno (ignoro se fosse parente dell'Imperatore di questo nome) era Gran Domestico, zelante difensore del simbolo greco, e fratello della regina di Servia, presso la quale fu inviato col carattere d'ambasciadore (Siropulo, p. 37, 38-45).

<p>59</p>

Per chi voglia formarsi idea del carattere di Maometto II, è cosa egualmente mal sicura il creder troppo ai Turchi e ai Cristiani. Il ritratto più moderato di questo conquistatore lo abbiamo da Franza (l. I, c. 33), in cui gli anni e la solitudine aveano raffreddati i sentimenti dell'odio. V. anche Spondano (A. D. 1451, n. 11), il Continuatore di Fleury (t. XXII, pag. 552), gli Elogia di Paolo Giovio (l. III, p. 164-166) e il Dictionnaire de Bayle (t. III, p. 272-279).

<p>60</p>

Cantemiro (p. 115): «Le moschee da lui fondate attestano il rispetto che mostrò in pubblico alla religione. Disputò liberamente col Patriarca Gennadio intorno alle religioni, greca e musulmana» (Spond., A. D. 1453, n. 22).

<p>61</p>

Quinque linguas praeter suam noverat; graecam, latinam, chaldaicam, persicam. L'autore che ha tradotto il Franza in latino, ha dimenticata la lingua araba, che sicuramente tutti i Musulmani studiavano per poter leggere il libro del Profeta.

<p>62</p>

Filelfo con un'Ode latina chiese al vincitore di Costantinopoli la libertà della madre e delle sorelle di sua moglie, ed ottenne la grazia. L'Ode fu portata a Maometto dagl'inviati del Duca di Milano. Evvi chi attribuisce allo stesso Filelfo l'intenzione di ritirarsi a Costantinopoli; la qual cosa mal concilierebbesi co' suoi Discorsi, spesse volte intesi a suscitare la guerra contro i Musulmani. (Vedine la Vita scritta dal Lancelot nelle Mém. de l'Acad. des inscript., t. X, p. 718-721, ec.).

<p>63</p>

Roberto Valturio, nel 1483, pubblicò a Verona i suoi dodici libri De re militari, prima Opera che faccia menzione dell'uso delle bombe. Sigismondo Malatesta, principe di Rimini, e protettore del Valturio, intitolò la stessa opera, con un'epistola latina, a Maometto II.

<p>64</p>

Se crediamo al Franza, Maometto II studiava assiduamente la vita e le azioni di Alessandro, di Augusto, di Costantino e di Teodosio. Ho letto in qualche luogo che per ordine di Maometto erano state tradotte in latino le Vite di Plutarco. Ma se questo Sultano sapea il greco, una tal traduzione non poteva essere che ad uso de' suoi sudditi; e per vero dire, se le vite di Plutarco sono una scuola di valore, lo sono anche di libertà.

<p>65</p>

Il celebre Gentile Bellino, che Maometto II avea fatto venir da Venezia, n'ebbe in dono una catena e una collana d'oro con una borsa di tremila ducati; ma sono incredulo, al pari del Voltaire, sulla storia ridicola dello schiavo decollato per far vedere al pittore il meccanismo de' muscoli.

<p>66</p>

Questi Imperatori dediti all'ubbriachezza furono Solimano I, Selim II e Amurat IV (Cantemiro, p. 61). I Sofì della Persia a tale proposito offrono un catalogo più lungo e compiuto. E nell'ultimo secolo i nostri viaggiatori europei assistettero alle orgie di questi principi, e ne parteciparono.