Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7 - Edward Gibbon

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è raffinato ed espresso dal genio di Tacito142. «La protezione della Repubblica ha liberato la Gallia dall'interna discordia, e dalle straniere invasioni. Con la perdita dell'indipendenza nazionale avete acquistato il nome ed i privilegi di Cittadini Romani. Voi godete in comune con noi medesimi i costanti vantaggi del governo civile, e la remota vostra situazione è meno esposta a' danni accidentali della tirannide. Invece d'esercitare i diritti della conquista, ci siamo contentati d'imporvi que' tributi che son necessari per la propria vostra conservazione. Non si può assicurar la pace senza le armi, queste debbono sostenersi a spese del Popolo. È per vantaggio vostro, non per causa nostra, che noi guardiamo la frontiera del Reno contro i feroci Germani, che hanno sì spesso tentato, e brameranno sempre di cangiare la solitudine de' loro boschi e paludi con la ricchezza e fertilità della Gallia. La caduta di Roma sarebbe fatale per le Province; e voi restereste sepolti nelle rovine di quella gran fabbrica, che si è innalzata dal valore e dalla saviezza d'ottocento anni. L'immaginaria vostra libertà sarebbe insultata ed oppressa da un selvaggio Signore; ed all'espulsione de' Romani succederebbero le ostilità eterne de' Barbari conquistatori143.» Fu accettato questo salutevol avviso, e tale strana predizione ebbe il suo compimento. Nello spazio di quattrocento anni, i fieri Galli, che avevano affrontato le armi di Cesare, si confusero, senz'avvedersene, nella massa generale de' cittadini ed de' sudditi: l'Impero Occidentale si sciolse, ed i Germani, che avevano passato il Reno, ardentemente combatterono per il possesso della Gallia, ed eccitarono il disprezzo o l'aborrimento de' pacifici e culti di lei abitatori. Con quell'intimo orgoglio, che la superiorità delle cognizioni e del lusso comunemente suole inspirare, deridevano essi i chiomati e giganteschi selvaggi del Nord; i rozzi loro costumi, l'incoerente letizia, il vorace appetito e l'orrida figura loro, ugualmente disgustosa per la vista, che per l'odorato. Si coltivavano tuttavia nelle scuole d'Autun e di Bordeaux gli studi liberali; ed il linguaggio di Cicerone e di Virgilio era famigliare alla Gallica Gioventù. Restaron sorprese le lor orecchie da' duri ed incogniti suoni del dialetto germanico, ed ingegnosamente si dolsero, che le muse tremanti fuggivano l'armonia della Lira burgundica. I Galli eran dotati di tutti i vantaggi della natura e dell'arte; ma siccome loro mancava il coraggio per difendersi, furono giustamente condannati ad ubbidire, ed anche adulare i vittoriosi Barbari, dalla clemenza de' quali essi riconoscevano le precarie sostanze e le vite loro144.

      Appena Odoacre ebbe estinto l'Impero Occidentale, cercò l'amicizia de' più potenti fra' Barbari. Il nuovo Sovrano dell'Italia cedè ad Enrico, Re de' Visigoti, tutte le conquiste Romane di là dalle Alpi fino al Reno ed all'Oceano145: ed il Senato potè confermare questo liberal dono con qualche ostentazione di potere, senza veruna real perdita di entrate, o di dominio; le legittime pretensioni d'Enrico erano giustificate dall'ambizione, e dal successo; e la Nazione gotica poteva, sotto il suo comando, aspirare alla Monarchia della Spagna e della Gallia. Arles e Marsiglia si arresero alle sue armi, egli oppresse la libertà dell'Alvergna; ed il Vescovo d'essa condiscese a comprare il proprio richiamo dall'esilio con un tributo di giusta ma involontaria lode. Sidonio stava alle porte del palazzo in mezzo ad una folla di ambasciatori e di supplichevoli; ed i vari loro negozi alla Corte di Bordeaux dimostravano la potenza e la fama del Re de' Visigoti. Gli Eruli del distante Oceano, che tingevano i nudi lor corpi con cerulei colori, ne implorarono la protezione; ed i Sassoni rispettarono le marittime Province d'un Principe, privo di forze navali. Gli alti Borgognoni si sottoposero alla sua autorità; nè restituì gli schiavi Franchi, finattantochè non ebbe ridotto quella fiera nazione a termini d'una pace disuguale. I Vandali dell'Affrica coltivavano la sua vantaggiosa amicizia; e gli Ostrogoti della Pannonia erano sostenuti dal potente suo aiuto contro l'oppressione dei vicini Unni. Il Nord (tali sono le superbe espressioni del Poeta) era agitato e posto in calma dal cenno di Enrico; il gran Re della Persia consultò l'oracolo dell'Occidente; ed il vecchio Dio del Tevere fu protetto dal crescente Genio della Garonna146. La fortuna delle nazioni spesso dipende dagli accidenti, e la Francia può attribuire la sua grandezza all'immatura morte del Re Goto, in un tempo in cui Alarico, suo figlio, era un'innocente fanciullo, e Clodoveo147, suo nemico, un ambizioso e prode garzone.

      Mentre Childerico, padre di Clodoveo, si trovava in esilio in Germania, fu trattato amichevolmente dalla Regina, ugualmente che dal Re dei Turingi. Dopo il suo ritorno, Basina fuggì dal letto del marito nelle braccia dell'amante; liberamente dichiarando, che se avesse conosciuto un uomo più savio, più forte e più bello di Childerico, questo sarebbe stato l'oggetto della sua preferenza148. Clodoveo fu la prole di questa volontaria unione; e non avea più di quindici anni, quando successe, per la morte di suo padre, al comando della Tribù Salica. Gli angusti confini del suo Regno149 si limitavano all'isola de' Batavi, con le antiche diocesi di Tournay e d'Arras150; ed al tempo del battesimo di Clodoveo il numero de' suoi guerrieri non sorpassava i cinquemila. Le ardenti tribù dei Franchi, che si erano stabilite lungo i Belgici fiumi della Schelda, della Mosa, della Mosella e del Reno, erano governati da' loro indipendenti Re della stirpe Merovingica, uguali, alleati e talvolta nemici del Principe Salico. Ma i Germani che obbedivano, in tempo di pace, all'ereditaria giurisdizione de' loro Capi, eran liberi di seguitare in guerra la bandiera d'un popolare e vittorioso Generale; ed il merito superiore di Clodoveo si attirò il rispetto e l'omaggio della nazionale confederazione. Quando si pose in campo la prima volta, non aveva nel suo erario nè oro nè argento, nè vino nè grano ne' suoi magazzini151; ma esso imitò l'esempio di Cesare, che nell'istesso luogo aveva acquistato delle ricchezze con la spada, e comprato dei soldati co' frutti della conquista. Dopo ciascheduna vantaggiosa battaglia e spedizione, le spoglie s'accumulavano in una massa comune; ogni guerriero ne aveva la sua parte, e la dignità reale si sottometteva agli uguali regolamenti della legge militare. L'indomito spirito de' Barbari s'indusse a riconoscere i vantaggi della regolar disciplina152. Nell'annua rivista del mese di Marzo diligentemente s'esaminavano le loro armi; e quando attraversavano un territorio amico, era loro proibito di toccare un filo d'erba. La giustizia di Clodoveo era inesorabile, ed i suoi trascurati o disubbidienti soldati eran puniti immediatamente di morte. Sarebbe superfluo il lodare il valore d'un Franco: ma quello di Clodoveo era diretto dalla fredda e consumata prudenza153. In tutti i suoi trattati con gli altri, calcolava il peso dell'interesse, della passione e dell'opinione, e le sue misure alle volte si adattavano a' sanguinari costumi de' Germani ed alle volte venivano moderate dal genio più dolce di Roma e del Cristianesimo. Fu interrotto nel corso della vittoria, poichè morì nell'età di quarantacinque anni; ma egli aveva già stabilita, in un Regno di trent'anni, la Monarchia francese nella Gallia.

      La prima impresa di Clodoveo fu la disfatta di Siagrio, figlio d'Egidio, ed in quest'occasione si accese forse la contesa pubblica dal privato risentimento. La gloria del padre insultava sempre la stirpe Merovingica; e la potenza del figlio potè eccitare la gelosa ambizione del Re de' Franchi. Siagrio ereditò, come uno Stato patrimoniale, la città, e la diocesi di Soissons: i desolati residui della seconda Belgica, Reims e Troia, Beauvais ed Amiens si sarebbero naturalmente sottomessi al Conte o Patrizio154; e dopo lo smembramento dell'Impero Occidentale, egli avrebbe potuto regnare col titolo, o almeno coll'autorità di Re de' Romani155. Come Romano, era stato educato negli studi liberali della Rettorica e della Giurisprudenza; ma per accidente e per politica si trovò impegnato nell'uso famigliare dell'idioma germanico. Gl'indipendenti Barbari ricorrevano al tribunale d'uno straniero, che aveva il singolar talento di spiegare, nella nativa lor lingua, i dettami della ragione e dell'equità. La diligenza e l'affabilità del loro giudice lo renderono popolare, l'imparziale saviezza de' suoi decreti ottenne la lor volontaria ubbidienza, ed il regno di Siagrio su' Franchi e Borgognoni pareva, che facesse risorgere la primitiva istituzione della società civile156. In mezzo a queste pacifiche occupazioni, Siagrio ricevè

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<p>142</p>

Tacito Hist. IV. 73, 74. in Tom. I. p. 445. Sarebbe in vero una presunzione il compendiar Tacito. Ma io posso scegliere le idee generali che egli applica al presente stato, ed alle future rivoluzioni della Gallia.

<p>143</p>

Eadem semper caussa Germanis transcendendi in Gallias libido atque avaritiae et mutandae sedis amor; ut relictis paludibus et solitudinibus suis, fecundissimum hoc solum vosque ipsos possiderint… Nam pulsis Romanis, quid aliud quam bella omnium inter se gentium exsistent?

<p>144</p>

Sidonio Apollinare scherza, con affettato spirito e vivacità, sulle angustie della sua situazione (Carm. XII. in Tom. I. p. 811).

<p>145</p>

Vedi Procopio, de Bell. Gothico L. I. c. 12. in T. II. p. 31. Il carattere di Grozio mi fa inclinare a credere, che egli non abbia sostituito il Reno al Rodano (Hist. Gothor. p. 175) senza l'autorità di qualche manoscritto.

<p>146</p>

Sidonio L. VIII. Epist. 3, 9. in Tom. I. p. 800. Giornandes (de Reb. Getic. c. 47. p. 680) giustifica in qualche modo questo ritratto dell'eroe Goto.

<p>147</p>

Io fo uso del nome famigliare di Clovis, Clodoveo, dal latino Chlodovechus o Chlodovaeus. Ma il ch esprime solamente l'aspirazione Germanica; ed il vero nome non è diverso da Luduin, o Lewis, Lodovico o Luigi (Mem. de l'academ. des Inscript. Tom. XX. p. 68).

<p>148</p>

Greg. Turon. L. II. c. 12. in Tom. I. p. 168. Basina parla il linguaggio della natura. I Franchi, che l'avevan veduta nella lor gioventù, poterono conversar con Gregorio nella lor vecchiezza; ed il Vescovo di Tours non potea desiderare infamare la madre del primo Re Cristiano.

<p>149</p>

L'Abbate Dubos (Hist. critiq. de l'etablissem. de la Monarch. Franc. dans les Gaules, Tom. I. p. 630, 650) ha il merito di aver stabilito il primitivo regno di Clodoveo, e fissato il vero numero de' suoi Sudditi.

<p>150</p>

Ecclesiam incultam ac negligentia civium paganorum praetermissam, veprium densitate oppletam. Vit. S. Vedasti in Tom. III. p. 372. Questa descrizione suppone, che Arras fosse posseduta da' Pagani, molti anni prima del battesimo di Clodoveo.

<p>151</p>

Gregorio di Tours (L. V. c. I. in Tom. II. p. 232) confronta la povertà di Clodoveo con la ricchezza de' suoi nipoti. Remigio però (in Tom. IV. pag. 52) fa menzione delle sue paterne ricchezze, come sufficienti a redimer gli schiavi.

<p>152</p>

Vedi Gregorio L. II. c. 27, 37. in Tom. II. p. 175, 181, 182. La famosa storia del vaso di Soissons spiega la potenza ed il carattere di Clodoveo. Come soggetto di controversia si è stranamente torturato dal Boulainvilliers, dal Dubos, e da altri antiquari politici.

<p>153</p>

Il Duca di Nivernois, nobil Politico, il quale ha maneggiato importanti e delicate negoziazioni, illustra ingegnosamente (Mem. de l'Acad. des Inscr. Tom. XX. p. 147, 184) il sistema politico di Clodoveo.

<p>154</p>

Il Biet (in una Dissertazione, che meritò il premio dell'Accademia di Soissons p. 178, 226) accuratamente ha determinato la natura e l'estensione del Regno di Siagrio, e di suo Padre; ma troppo facilmente ammette la debole testimonianza di Dubos (Tom. II. p. 54, 57) per privarlo di Beauvais e d'Amiens.

<p>155</p>

Si può avvertire, che Fredegario nella sua Epitome di Gregorio di Tours (Tom. II. p. 398) ha prudentemente sostituito il nome di Patricius all'incredibile titolo di Rex Romanorum.

<p>156</p>

Sidonio (L. V. ep. 5. in Tom. 1. p. 794), che lo chiama il Solone, l'Amfione de' Barbari, s'indirizza a questo Re immaginario in uno stile d'amicizia e d'uguaglianza. Per mezzo di tali uffizi di equità, l'accorto Dejoce si era inalzato al trono de' Medi (Herodot. l. 1. c. 96, 100).