Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7 - Edward Gibbon

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Vescovi, che ricusarono, furono esiliati in Corsica; ed i trecentodue, che giurarono, furono distribuiti per le Province dell'Affrica.

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Fulgenzio, Vescovo di Ruspa nella Provincia Bizacena, era d'una famiglia Senatoria, ed aveva avuto una nobile educazione. Egli sapeva tutto Omero o Menandro prima che incominciasse a studiare il Latino, sua lingua nativa. (Vit. Fulgent. c. 1). Molti Vescovi Affricani intendevano il Greco, ed erano stati tradotti in Latino molti Greci Teologi.

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Si confrontino le due prefazioni a' dialoghi di Vigilio di Tapso (pag. 118, 129. edit. Chifl.). Ei poteva divertire i suoi eruditi lettori con un'innocente finzione; ma il soggetto era troppo grave, e gli Affricani troppo ignoranti.

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Il P. Quesnel mosse quest'opinione, che si è ricevuta favorevolmente. Ma le seguenti tre verità, per quanto possano parer sorprendenti, sono presentemente accordate da tutti (Gearardo Voss. Tom. VI. p. 516, 522. Tillemont, Mem. Eccl. Tom VIII. p. 667, 671): 1. S. Atanasio non è l'autore del Credo, che sì frequentemente si legge nelle nostre Chiese; 2. non sembra, che questo esistesse per lo spazio d'un secolo dopo la sua morte; 3. fu composto originalmente in lingua Latina, e per conseguenza nelle Province occidentali. Gennadio, Patriarca di Costantinopoli, fu tanto sorpreso da tale straordinaria composizione, che disse francamente, che quella era opera d'un ubbriaco. (Petav., Dogm. Theolog. Tom. II. L. VII. c. 8. p. 587).

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I. Joan. V. 7. Vedi Simone, Hist. Crit. du nouv. Testam. Part. I. c. 18. p. 203, 218., e Part. II. c. 9. p. 99, 121 e gli elaborati Prolegomeni ed Annotazioni, del Dot. Mill e di Wetstein, alle loro edizioni del Testamento Greco. Nel 1689 il Papista Simon cercava d'esser libero; nel 1707 il Protestante Mill desiderava d'essere schiavo; nel 1751 l'Arminiano Wetstein si servì della libertà de' suoi tempi, e della sua setta.

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Fra tutti i Manoscritti che esistono nel numero di ottanta ve ne sono alcuni che hanno almeno 1200 anni. (Wetstein lot. cit.). Le copie ortodosse del Vaticano, degli Editori Complutensiani, e di Roberto Stefano son divenute invisibili; ed i due Manoscritti di Dublino e di Berlino non meritano di fare un'eccezione. Vedi Emlyn Oper. Vol. II. pag. 227, 255, 269, 299 e le quattro ingegnose lettere del Sig. de Missy nel Tom. 8 e 9 del Giornale Britannico.

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O piuttosto da' quattro Vescovi, che composero, e pubblicarono la professione di fede in nome de' loro confratelli. Essi dicono questo testo luce clarius (Victor. Vitens. De persecut. Vandal. L. III. c. II. p. 54). Poco dopo è citato da' Polemici Affricani, Vigilio e Fulgenzio.

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Nell'XI, e XII secolo le Bibbie furon corrette da Lanfranco, Arcivescovo di Canterbury, e da Nicola, cardinale e bibliotecario della Chiesa Romana, secundum ortodoxam fidem (Wetstein Prolegom. p. 84, 85). Nonostanti queste correzioni, quel passo tuttavia manca in venticinque Manoscritti Latini (Wetstein loc. cit.), che sono i più antichi, ed i più belli: due qualità, che rare volte s'uniscono, eccetto ne' Manoscritti.

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Quest'arte, che avevano inventato i Germani, fu applicata in Italia agli scrittori profani di Roma, e della Grecia. Si pubblicò verso il medesimo tempo l'originale Greco del Nuovo Testamento (an. 1514, 1516, 1520) per opera di Erasmo, e per la munificenza del Cardinal Ximenes. La Poliglotta Complutensiana costò al Cardinale 50000 ducati. (Vedi Mattaire Annal. Typog. Tom II. p. 2, 8, 125, 133 e Wetstein Prolegom. p. 126, 127).

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Si sono stabiliti i tre testimoni nel nostro Testamento Greco per la prudenza d'Erasmo, per l'onesto bigottismo degli Editori Complutensiani, per l'inganno, o errore tipografico di Roberto Stefano in porvi un segno, e per la deliberata falsità, o strano timore di Teodoro Beza.

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Plin. Hist. Nat. V. I. Itinerar. Wesseling, p. 15. Cellar. Geogr. antiq. Tom. II. Part. II. p. 127. Questa Tipasa (che non si dee confondere con un'altra nella Numidia) era una città di qualche considerazione, poichè Vespasiano la distinse col diritto del Lazio.

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Ottato Milevitano, de schism. Donatist. L. II. p. 38.

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Vittor. Vitens. V. 6. p. 76. Ruinart p. 483, 487.

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Enea Gaz. in Theophrasto, in Biblioth. Patr. T. VIII. p. 664, 665. Egli era Cristiano, e compose questo dialogo, intitolato il Teofrasto, sull'Immortalità dell'anima, e la Risurrezione del corpo, oltre venticinque lettere, che tuttavia esistono. (Vedi Cave, Hist. Letter. p. 297, e Fabric., Bibl. Graec. Tom. I. p. 422).

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Giustiniano, Cod. Lib. I. Tit. XXVII. Marcellin., in Chron. p. 45. in Thesaur. Tempor. Scaliger. Procopio, de Bell. Vandal. L. 1. c. 7. p. 196. Gregorio M., Dial. 3, 32. Nessuno di questi ha specificato il numero de' Confessori, che si determina a sessanta in un Menologio antico (ap. Ruinart p. 486). Due di loro perdettero la favella per causa di fornicazione, ma il miracolo si accresce per la singolare circostanza d'un fanciullo, che non aveva mai parlato prima che gli fosse tagliata la lingua.

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Vedi i due Storici generali di Spagna, Mariana (Hist. de Reb. Hispan. Tom. I. L. V. c. 12, 15. p. 183, 194), e Ferreras (Traduzione Francese Tom. II. p. 206, 247). Mariana quasi si scorda d'essere un Gesuita par prender lo stile, e lo spirito d'un classico Romano. Ferreras, industrioso Compilatore, n'esamina i fatti, e ne rettifica la cronologia.

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Goisvinta sposò successivamente due Re de' Visigoti, Atanagildo, a cui partorì Brunechilde madre d'Ingunde: e Leovigildo, i due figli del quale Ermenegildo e Recaredo, eran nati da un matrimonio precedente.

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Iracundiae furore succensa adprehensam per comam capitis puellam in terram conlidit, et diu calcibus verberatam ac sanguine cruentatam jussit exspoliari, et piscinae immergi. Greg. Turon. L. V. c. 39. in Tom. II. pag. 255. Gregorio è uno de' migliori originali, che abbiamo, per questa porzione d'Istoria.

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I Cattolici, che ammettevano il battesimo degli Eretici, ripetevano il rito, o come fu chiamato dopo, il sacramento della Confermazione, al quale attribuivano molte mistiche e maravigliose prerogative, sì visibili, che invisibili. Vedi Chardon, Hist. des Sacramens Tom. I. p. 405, 552.

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Osset, o Giulia Costanza, era in faccia a Siviglia nella parte settentrionale della Betica (Plin. Hist. nat. III) ed il ragguaglio autentico di Gregorio di Tours (Hist. francor. L. VI 43. p. 288) merita più fede, che il nome di Lusitania (de Glor. Martyr. c. 24), che ardentemente fu abbracciato dal vano e superstizioso Portoghese (Ferreras, Hist. d'Espagne Tom. II. p. 166).

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Si fece questo miracolo con molta abilità: un Re Arriano sigillò le porte, e scavò una profonda fossa intorno alla Chiesa, senza potere impedire la copia dell'acqua Battesimale nella Pasqua.

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Ferreras (Tom. II. pag. 168, 175 an. 550) ha illustrato le difficoltà, che si fanno intorno al tempo, ed alle circostanze della conversione degli Svevi. Essi erano stati recentemente uniti da Leovigildo alla Gotica Monarchia di Spagna.

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Quest'aggiunta al simbolo Niceno, o piuttosto Costantinopolitano, fu fatta per la prima volta nell'ottavo concilio di Toledo l'anno 633. Ma non fece che esprimere la dottrina popolare (Gerard. Vossio Tom. VI. p. 527 de tribus Symbolis).

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Vedi Gregor. Magn. L. VII. ep. 126. ap. Baron. Annal. Eccl. an. 599. n. 25, 26.

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Paolo Varnefrido (de Gest. Longobard. L. IV. c. 44 pag. 853 Edit. Grot.) confessa, che l'Arrianismo era tuttavia in vigore sotto

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