Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10 - Edward Gibbon

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portitor, bajulus, onus ferens; e con giusta metafora questo nome plebeo fu applicato alle colonne dello Stato (Gagnier, Not. ad Abulfeda, p. 19). Io m'ingegno di conservare il carattere dell'idioma arabo per quanto mi vien fatto di scorgerlo in una traduzione latina e francese.

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Energici sono e molti i passi del Corano in favore della tolleranza. V. c. 2, v. 257; c. 16, v. 129; c. 17, v. 64; c. 45, v. 15; c. 50, v. 39; c. 88, v. 21, ec. colle note del Maracci e del Sale. In generale possono giudicar gli eruditi questo carattere di tolleranza secondo che loro sembrerà, e se tal capitolo fu rivelato alla Mecca o a Medina.

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V. il Corano (passim, e particolarmente c. 7, p. 123, 124, ec.) e la tradizione degli Arabi (Pocock, Specimen, p. 35-37). Si mostravano a mezza strada, fra Medina e Damasco, certe caverne della tribù di Thamud, adatte ad uomini d'una statura ordinaria (Abulfeda, Arabiae Descript., p. 43-44); e si ponno con qualche probabilità attribuirle ai Trogloditi del Mondo primitivo (Michaelis, ad Lowth, De poesi Hebraeor., p. 131-134; Recherches sur les Egyptiens, t. II, p. 48 ec.).

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Al tempo di Giobbe, i magistrati Arabi punivano realmente il delitto d'empietà (cap. 31, v. 26, 27, 28), ed io arrossisco per un illustre Prelato (De poesi Hebraeorum, p. 650, 651, ediz. Michaelis, e Lettera d'un professore dell'Università d'Oxford, p. 15-53), vedendo che ha giustificato e decantato questa inquisizione de' Patriarchi.

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D'Herbelot, Bibl. Orient., p. 445. Cita egli una storia particolare della fuga di Maometto.

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L'Egira fu istituita da Omar, secondo califfo, a imitazione dell'Era de' Martiri de' Cristiani (d'Herbelot. p. 444), e, parlando esattamente, cominciò sessantotto giorni prima della fuga di Maometto, avanti il primo di Moharren, o sia il primo giorno di quell'anno arabo, che fu il venerdì 16 luglio, A. D. 622. ( Abulfeda, Vita Mohammed, c. 22, 23, p. 45-59, e l'edizione datane da Greaves, delle Epochae Arabum d'Ullug Beig, etc., c. 1, p. 8-10 ec.).

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Le circostanze della vita di Maometto, dopo la sua missione sino all'Egira, si trovano in Abulfeda (p. 14-45), e Cagnier (t. I, p. 134-251, 342-383). La leggenda che sta a pag. 187-234, è assicurata da Al-Iannabi, e rifiutata da Abulfeda.

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Abulfeda (30, 33, 40, 86) e Gagnier, (t. I, p. 343, ec.; 349 ec., t. II, pag. 223, ec.), descrivono la triplice inaugurazione di Maometto.

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Il Prideaux (Vie de Mahomet, p. 44) prorompe in rimproveri contro la scelleragine dell'impostore che spogliò due orfani, figli d'un carpentiere; rimproveri tratti dalla Disputatio contra Saracenos, scritta in Arabo prima dell'anno 1130; ma l'onesto Gagnier (ad Abulfeda, p. 53) ha dimostrato che mal colsero que' due autori il senso della parola al nagiar, che in questo luogo significa non un abietto mestiere, ma una tribù nobile d'Arabi. Abulfeda descrive il cattivo stato di quel terreno; il suo valente interprete ha pensato, seguendo Al-Bochari, che se ne offerse il prezzo; seguendo Al-Iannabi, che la compera fu fatta in tutte le regole, e che, seguendo Ahmed Ben-Giuseppe, il generoso Abubeker ne pagò la somma. Così viene giustificato in questa parte il Profeta.

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Al-Iannabi (apud Gagnier, t. II, pag. 246, 324) descrive il suggello e la cattedra di Maometto come due reliquie preziose; e la dipintura che fa della Corte del Profeta è tolta da Abulfeda (c. 44, p. 85).

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L'ottavo e il nono capitolo del Corano sono i più veementi e feroci; e il Marucci (Prodromus, parte IV, p. 59, 64) ha mostrato più giustizia che discrezione nell'inveire contro le espressioni ambigue adoperate dall'impostore.

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Se Mosè diede esempj di grande severità, egli ci dice, che gli diede per ordine di Dio, e questo basta: quanto poi a' Giudici re d'Israele, sanno i dotti, e ce lo dice anche lo stesso storico ebreo Giuseppe Flavio, che il governo degli Ebrei era teocratico il quale per sè stesso è soggetto a grandi e terribili abusi per parte degli uomini. (Nota di N. N.)

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I devoti cristiani del nostro secolo leggono con rispetto, ma non con pari soddisfazione, il decimo e il ventesimo capitolo del Deuteronomio, corredati da' commenti in pratica di Giosuè, di Davidde, ec.; ma vari vescovi,[*] e i rabbini dei primi tempi han battuto con piacere e con buon effetto il tamburo della guerra sacra. (Sale, Discours prélimin., p. 142, 143).

* Se i vescovi de' tempi andati fecero guerra, e diedero battaglie, non fecero ciò secondo lo spirito vero dell'Evangelo, il quale rimane lo stesso qualunque sieno state le loro azioni. (Nota di N. N.)

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Abulfeda, in Vit. Mohamm., p. 156. L'arsenal particolare di Maometto consisteva in nove sciabole, tre lancie, sette picche, o semipicche, un turcasso e tre archi, sette corazze, tre scudi, e due elmetti (Gagn. t. III, p. 328, 334); eravi inoltre uno stendardo bianco e una bandiera nera (p. 335), venti cavalli (p. 322), ec. La tradizione ha conservato due de' suoi discorsi guerreschi. (Gagnier, t. II, p. 88-337).

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Il dotto Reland (Dissertationes miscellaneae, t. III, Dissert., 10, p. 3-53) ha trattato compiutamente questo soggetto in una dissertazione particolare, De jure belli Mohammedanorum.

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Il Corano (c. 3, p. 52, 53; c. 4, p. 70, ec. colle note del Sale, e, c. 17, p. 413, colle note del Maracci) espone in tuono serio questa dottrina della predestinazione assoluta, su la quale poche religioni hanno da rimproverare sè stesse. Reland (De Religione Mohammed., p. 61-64) e il Sale (Discours prélimin. p. 103) vengono sviluppando le opinioni dei dottori; e i nostri viaggiatori moderni van disaminando quanta sia la fidanza inspirano a' Turchi, fiducia che già comincia a scemare.

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Al-Iannabi (apud Gagnier, t. II, p. 9) gli dà settanta od ottanta cavalli; e in due altre occasioni, anteriori alla battaglia d'Ohud, dice (p. 10) che Maometto aveva una milizia di trenta, e a pagina 66, un corpo di cinquecento cavalieri. Abulfeda, che pare più esatto, asserisce (in Vit. Mohammed, part. XXXI, p. 65) che i Musulmani non aveano alla battaglia d'Ohud che due cavalli. Erano numerosi i cammelli nell'Arabia Petrea, ma i cavalli, per quanto pare, non vi erano comuni come nell'Arabia Felice o nell'Arabia Deserta.

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Beder-Huneena, lungi venti miglia da Medina, quaranta dalla Mecca, giace su la strada maestra della caravana d'Egitto; i pellegrini fanno un'annua festa per la vittoria del Profeta con illuminazioni, razzi ec. (Viaggi di Shaw, p. 477).

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Il luogo ove si ritirò Maometto durante il combattimento è chiamato dal Gagnier (in Abulfeda, c. 27, p. 58, Vie de Mahomet, t. II, p. 30-33) umbraculum, un palchetto di legno con una porta. Reiske (Annales Moslemici Abulfedae, p. 23) traduce la stessa parola Araba in quelle di Solium, Suggestus editior; differenza che molto importa per l'onore dell'interprete e dell'eroe. Duolmi vedere come il Reiske rimproveri il suo collaboratore. Saepe sic vertit, ut integrae paginae nequeant nisi una litura corrigi: Arabiae non satis callebat et carebat judicio critico (J. – J. Reiske, Prodidagmata ad Hagji Chalifae Tabulae, p. 228, ad calcem Abulfedae Syriae Tabulae, Leipzig, 1766, in 4).

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Le vaghe espressioni del Corano (c. 3, pag. 124, 125; c. 8, p. 9) permettono a' commentatori di supporre il numero di mille, tremila o novemila angeli: il più piccolo senza altro bastava a trucidare settanta Koreishiti (Maracci, Alcoran, t. II, p. 131). Gli scoliasti però confessano che niun occhio mortale vide questa squadra angelica (Maracci, p. 297). Fanno commenti arguti su quelle parole: «non tu, ma Dio ec.» (c. 8, 16); d'Herbelot, Bibl. orient. p. 600, 601.

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Geograph. nubiensis,

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