Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 10 - Edward Gibbon

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del deserto furono tagliate a foggia di numi o d'altari, ad imitazione della pietra nera della Mecca51 creduta, con forti ragioni, come un oggetto originariamente d'un culto idolatra. Dal Giappone al Perù fu in uso la pratica de' sagrifici, e per esprimere gratitudine o timore, il devoto ha distrutto, o consunto, in onore degli Dei i doni del cielo più cari e preziosi. Parve la vita dell'uomo52 l'obblazione più bella da farsi per allontanare una calamità pubblica, e il sangue umano tinse gli altari della Fenicia e dell'Egitto, di Roma e di Cartagine: sì barbara usanza si mantenne fra gli Arabi lunga pezza: nel terzo secolo la tribù de' Dumaziani sagrificava ogn'anno un giovanetto53, e fu piamente scannato un re prigioniero dal principe de' Saraceni, che serviva sotto le insegne dell'imperator Giustiniano suo alleato54. Un padre che trascina un figlio appiè degli altari è il più sublime e il più grande sforzo del fanatismo. L'esempio dei santi e degli eroi ha santificato l'atto o l'intenzione di questo sagrificio. Lo stesso padre di Maometto fu così destinato a morte per un voto temerario, e si durò gran fatica a redimerlo con cento cammelli. In que' giorni d'ignoranza, gli Arabi, al pari de' Giudei e degli Egizi55, s'astenevano dalla carne di porco56, facevano circoncidere57 i figli giunti alla pubertà; e queste usanze, nè riprovate, nè prescritte dal Corano, sono tacitamente passate alla posterità loro, e ai proseliti. Si è congetturato con molto ingegno, che il sagace legislatore si uniformasse agli ostinati pregiudizi de' suoi concittadini; ma è più naturale il credere ch'egli abbia seguìto le abitudini e le opinioni della sua gioventù, senza prevedere che un uso analogo al clima della Mecca sarebbe per divenire inutile o incomodo su le rive del Danubio o del Volga.

      Libera era l'Arabia: avendo la conquista e la tirannia capovolto i regni circonvicini, le Sette perseguitate ripararono su quel suolo felice ove poteano francamente professare la propria opinione, e regolare le azioni a seconda della credenza. Le religioni de' Sabei, de' Magi, de' Giudei, de' Cristiani erano diffuse dal golfo Persico sino al mar Rosso. In un tempo remotissimo dell'antichità, la scienza de' Caldei58, e le armi degli Assiri propagato aveano il Sabeismo nell'Asia: su le osservazioni di duemila anni i sacerdoti e gli astronomi di Babilonia59 fondato aveano il concetto che formarono delle leggi eterne della Natura e della Previdenza. Adoravano i sette Dei, ovvero angeli, che dirigevano il corso de' sette pianeti, e spandeano su la terra i loro indeclinabili influssi. Alcune immagini e talismani figuravano gli attributi de' sette pianeti, i dodici segni dello Zodiaco e le ventiquattro costellazioni dell'emisfero settentrionale e dell'australe. I sette giorni della settimana erano dedicati alle lor deità rispettive: i Sabei oravano tre volte al giorno, e il tempio della Luna, situato in Haran, era il termine del loro peregrinare60; per la pieghevolezza della lor fede erano facili a dare continuamente e ad ammettere novelle opinioni. Le loro idee61 su la creazione del Mondo, sul diluvio, su i Patriarchi aveano una singolar somiglianza con quelle de' Giudei lor cattivi; citavano i libri secreti d'Adamo, di Seth, d'Enoch; e una lieve tintura dell'Evangelo fece di tai politeisti i Cristiani di San Giovanni che stanno nel territorio di Bassora62. Le are di Babilonia furono atterrate dai Magi, ma la spada d'Alessandro vendicò le ingiurie de' Sabei; per più di cinque secoli gemette la Persia sotto giogo straniero: alcuni de' discepoli di Zoroastro scamparono dal contagio della idolatria, e respirarono co' loro antagonisti l'aria libera del deserto63. Erano già stanziati nell'Arabia i Giudei da sette secoli prima, della morte di Maometto, e le guerre di Tito e d'Adriano ne scacciarono un più gran numero dalla Terra Santa. Questi esuli industriosi aspirarono alla libertà e alla dominazione, formarono sinagoghe nella città, castella nel deserto, e i Gentili, cui convertirono alla religione Mosaica, furono confusi co' figli d'Israele, a' quali, pel segno esterno della circoncisione, rassomigliavano. Più operosi ancora e più fortunati furono i missionari Cristiani: sostennero i Cattolici64 le pretensioni loro all'impero universale: le Sette da essi perseguitate si ritrassero di mano in mano al di là de' confini dell'Impero romano: da' Marcioniti, e da' Manichei furono disseminate le loro opinioni fantastiche e i loro evangeli apocrifi: i Vescovi giacobiti e nestoriani65 introdussero nelle Chiese dell'Yemen, e fra i principi di Hira e di Gassan massime più ortodosse. Aveano le tribù la libertà di scegliere, ogni Arabo era padrone di farsi una religione particolare, e talvolta alla superstizione grossolana della sua casa accoppiava la sublime teologia de' santi e de' filosofi. Alla concordia generale de' popoli istruiti andavano debitori del domma fondamentale della esistenza d'un Dio supremo che sovrasta a tutte le potenze della terra e del cielo, ma che sovente s'è rivelato agli uomini col ministero de' suoi angeli e de' suoi profeti, e che pel favore o per la giustizia sua ha interrotto con miracoli l'ordine consueto della Natura. I più ragionevoli tra gli Arabi ne riconoscevano il potere quantunque trascurassero d'adorarlo66. Per abitudine piuttosto che per convincimento aderivano a' resti dell'idolatria. I Giudei e i Cristiani erano il popolo del libro santo: la Bibbia era già tradotta in lingua Arabica67, e que' nemici implacabili riceveano con pari fede l'antico Testamento. Amavano gli Arabi di trovare nella Storia de' patriarchi Ebrei qualche vestigio della propria origine. Festeggiavano la nascita d'Ismaele, e le promesse a lui fatte: riverivano la fede e le virtù d'Abramo; riportavano la sua genealogia e la loro sino alla creazione del primo uomo, e colla stessa credulità68 ammisero i prodigi del sacro testo come i sogni e le tradizioni de' Rabbini giudaici.

      A. D. 569-609

      L'oscura e volgare origine che si attribuì a Maometto è una sciocca calunnia de' Cristiani69, i quali così adoperando danno più risalto al merito dell'avversario in vece di menomarlo. La discendenza sua da Ismaele era un privilegio, oppure una favola comune all'intera nazione70; ma se abietti o incerti erano i primi anelli della sua genealogia, provava una nobiltà purissima per più generazioni; discendea dalla tribù di Koreish, e dalla famiglia degli Hashemiti, i più illustri fra gli Arabi, principi della Mecca, e custodi ereditari della Caaba. Abdol-Motalleb, suo avo, era figlio di Hashem, cittadino ricco e generoso, che in tempo di carestia avea mantenuto co' guadagni del suo traffico i concittadini. La Mecca, sostentata dalla liberalità del padre, fu salvata dal coraggio del figlio. Il regno d'Yemen obbediva a' principi cristiani dell'Abissinia; avvenne che per un insulto ricevuto, Abrahah, loro vassallo, si determinò a vendicare l'onore della croce; una truppa d'elefanti e un esercito d'Affricani investirono la santa città. Si propose un accomodamento; nella prima conferenza, l'avo di Maometto domandò che fossero restituite le sue greggie. «E perchè, gli disse Abrahah, non implori piuttosto la mia clemenza in favore del tuo Tempio che ho minacciato?» «Perchè, replicò l'intrepido Capo, le greggie son mie, e la Caaba appartiene agli Dei, che ben sapranno difenderla contro l'oltraggio e il sacrilegio». La diffalta di viveri o il valore de' Koreishiti forzarono gli Abissini ad una ritratta obbrobriosa. Si ornò il racconto di quella sconfitta colla apparizione miracolosa d'uno stormo d'uccelli che fecero piovere una grandine di sassi su le teste infedeli, e la memoria di questa liberazione fu per lungo tempo celebrata sotto nome di Era dell'elefante71. La gloria d'Abdol-Motalleb fu rabbellita dalla felicità domestica; visse sino all'età di centodieci anni, e diede la vita a sei figlie e a tredici maschi. Abdallah, suo figlio prediletto, era il più bello e il più modesto giovanetto dell'Arabia; narrasi che nella prima notte delle sue nozze colla vezzosa Amina, della nobile stirpe degli Zahriti, duecento fanciulle morissero di gelosia e di rabbia. Maometto, o, più esattamente scrivendo, Mohammed, unico figlio di Abdallah e d'Amina, nacque alla Mecca quattro anni dopo la morte di Giustiniano, e due mesi dopo la sconfitta degli Abissini

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<p>51</p>

Massimo Tirio, che vivea nel secondo secolo, attribuisce agli Arabi il culto d'una pietra. Αραβιοι σεβουσι μεν, εντινα κα δε ηιδα, το δε αγαλμα ειδον; λοθος ην τετθαγωνος gli Arabi adorano un simulacro di tal fatta, che per altro non ho veduto; la pietra, era quadrangolare (Dissert. 8, t. I, p. 142, ediz. Reiske); e i cristiani hanno ripetuto con gran veemenza questo rimprovero (Clemente Alessandrino, in Protreptico, p. 40; Arnobio, Contra gentes, lib. VI, p. 246). Ma pure quelle pietre altro non erano che i Βαιτυλα della Siria e della Grecia, tanto rinomati nell'antichità sacra e profana (Euseb. Praep. Evangel., l. I, p. 37; Marsham, Canon. chron. p. 54-56).

<p>52</p>

Il dotto Sir John Marsham (Canon. chron., p. 76-78, 301-304) discute esattamente i due orridi punti dell'Ανδροθυσια sagrifici umani, e della παιδοθυσια, sagrifici di fanciulli. Sanconiatone dall'esempio di Crono trae l'origine de' sagrifici della Fenicia; ma non sappiamo se Crono vivesse prima o dopo Abramo, od anzi se mai sia stato al Mondo.

<p>53</p>

Κατ’ ετος εκαστον παιδα εθυον ogn'anno sagrificavano un fanciullo; tal'è il rimprovero di Porfirio; ma egli accusa di questo crudel costume anche i Romani, costume già abolito del tutto, A. V. C. 657. Tolomeo (Tabul., p. 37, Arabia, p. 9-29), ed Abulfeda (p. 57) fan menzione di Dumaetha, Daumat-al-Gendal; e le carte di d'Anville pongono questo luogo nel cuor del deserto, tra Chaibar e Tadmor.

<p>54</p>

Procopio (De bell. pers., l. I, c. 28), Evagrio (l. VI, c. 21) e Pocock (Specimen, p. 72-86) attestano i sagrifici umani degli Arabi del sesto secolo. Il pericolo e la liberazione d'Abdalah son piuttosto una traduzione che un fatto (Gagnier, Vie da Mahomet, l. I, p. 82-84).

<p>55</p>

Non può dirsi, che gli Ebrei s'astenessero dal mangiare le carni del porco per ignoranza, per sanità o per qualunque altro motivo; essi ciò facevano per comando di Dio, venuto loro per mezzo di Mosè, fondatore di lor religione; non bisogna unire insieme gli usi religiosi delle altre nazioni con quelli degli Ebrei; potevano essi essere i medesimi, anzi, parlando dell'astinenza dal mangiare il porco, lo erano; ma i motivi di cotale astinenza erano diversi; presso gli Ebrei, il solo motivo che Mosè ne addusse fu il commando assoluto di Dio. Lo stesso dicasi della circoncisione della quale viene l'Autore subito a parlare. (Nota di N. N.)

<p>56</p>

Suillis carnibus abstinent, scrive Solino (Polyhist., c. 33), il quale copia da Plinio (l. VIII, c. 68); strana supposizione che i maiali non possano vivere nell'Arabia. Aveano gli Egizi un'avversione naturale e superstiziosa per questo animale immondo (Marsham, Canon, p. 206). Gli Arabi antichi praticavano altresì, post coitum, la ceremonia dell'abluzione (Erodoto, l. I, c. 80), consacrata dalla legge de' Musulmani (Reland, p. 57, etc.; Chardin, o piuttosto il Mollah di Shah Abbas, t. IV, p. 71, etc.).

<p>57</p>

I dottori Musulmani non han piacere di trattare questa materia; pure credono necessaria la circoncisione per la salute, e pretendono ancora che per una specie di miracolo, nascesse Maometto senza prepuzio (Pocock, Spec., p. 319, 320; Sale, Disc. prélim., p. 106, 107).

<p>58</p>

Diodoro Siculo (t. I, l. II, p. 142-145) ha data alla lor religione un'occhiata curiosa ma superficiale da Greco. Si dee apprezzare la loro astronomia, avvegnachè aveano finalmente fatto uso della lor ragione, se dubitavano che il sole fosse nel numero de' pianeti e delle stelle fisse.

<p>59</p>

Semplicio (che cita Porfirio), De coelo, l. II, com. 46, p. 123; l. XVIII, ap. Marsham, Canon chron., p. 474, che dubita del fatto perchè contrario a' suoi sistemi. La più vecchia data delle osservazioni de' Caldei è dell'anno 2234 avanti Gesù Cristo. Dopo il conquisto di Babilonia fatto da Alessandro, quelle osservazioni, per le preghiere d'Aristotele, furono comunicate all'astronomo Ipparco. Che bel monumento nella storia delle Scienze!

<p>60</p>

Pocock (Specim., p. 138-146), Hottinger (Hist. orient., p. 162-203), Hide (De relig. vet. Persar., p. 124-128, ec.), d'Herbelot (Sabi, p. 725, 726) e Sale (Discours prélim.) destano in noi curiosità senza soddisfarla, e l'ultimo scrittore confonde il Sabeismo colla religion primitiva degli Arabi.

<p>61</p>

Essendo stato Abramo un pastore Caldeo, essendo stati gli Ebrei schiavi in Babilonia, città della Caldea, ed essendo stati istruiti della creazione, e del diluvio da Mosè, è naturale che le idee dei Caldei, o Sabei, intorno a queste cose, fossero conformi a quelle degli Ebrei: del resto sono stati attribuiti alcuni libri ad Adamo, a Seth, e ad Enoch. (Nota di N. N.)

<p>62</p>

D'Anville (l'Eufrate e il Tigri, p. 130-147) determina il sito di que' cristiani equivoci. L'Assemani (Bibl. orient., t. IV, p. 607-614) avrà forse esposto i lor veri Domma, ma è fatica arrischiata il voler fissare la credenza d'un popolo ignorante che teme e arrossisce di svelare le sue arcane tradizioni.

<p>63</p>

Abitavano i Magi nella provincia di Bahrein (Gagnier, Vie de Mahomet, t. III, p. 114) frammisti agli Arabi antichi (Pocock, Specimen, p. 146-150).

<p>64</p>

Cioè i Cattolici hanno procurato di spargere il più che hanno potuto la loro credenza, ma non già d'avere l'Impero temporale. (Nota di N. N.)

<p>65</p>

Pocock, aderendo a Sharestani, ec. (Specimen, p. 60-134, ec.), Hottinger (Hist. orient., p. 212-238), d'Herbelot, (Bibl. orient., p. 474-476), Basnagio (Hist. des Juifs, t. VII, pag. 185, t. VIII, pag. 280) e Sale (Disc. prélim., p. 22, ec. 33, ec.) descrivono la situazione de' Giudei e dei Cristiani nell'Arabia.

<p>66</p>

Nelle obblazioni avean per massima d'ingannar Dio a pro dell'idolo, ch'era meno possente, ma più irritabile (Pocock, Specimen, p. 108-109).

<p>67</p>

Le versioni ebraiche o cristiane che abbiamo della Bibbia sembrano più moderne del Corano, ma dee credersi che s'avessero traduzioni anteriori, 1. per l'uso perpetuo della sinagoga, che spiegava la lezione ebraica con una parafrasi in lingua volgare del paese; 2. per l'analogia delle versioni armena, persiana ed etiopica, espressamente citate da' Padri del quinto secolo, i quali asseriscono che le scritture erano state tradotte in tutte le lingue de' Barbari. (Walton, Prolegomena ad Biblia Polyglotta, p. 34, 93, 97; Simon, Hist. crit. du vieux et du nouveau Testament, t. I, p. 180, 181, 282, 286, 293, 305, 306; t. IV, p. 206.)

<p>68</p>

La credenza che prestarono gli Arabi, prima che Maometto fondasse la sua nuova religione, ai miracoli narrati nella Bibbia, era fondata sopra i motivi di credibilità che avevano i miracoli stessi; non può dunque dirsi credulità. L'Autore poi ha torto dicendo, per le parole di Hottinger, est une calomnie maladroite des chrétiens, poichè vi sono anche alcuni altri scrittori cristiani che confessano esser nato Maometto di stirpe nobile. (Nota di N. N.)

<p>69</p>

In eo conveniunt omnes, ut plebejo vilique genere ortum, etc. (Hottinger, Hist. orient., p. 136). Ma Teofane, il più antico degli storici Greci, e padre di più menzogne, confessa che Maometto era della razza d'Ismaele, εκ μιας γενικωτατης φυλης (Chron. p. 277.) di una famiglia nobilissima.

<p>70</p>

Abulfeda (in Vit. Mohammed, c. 1, 2) e Gagnier (Vie de Mahomet, p. 25-97) espongono la genealogia del Profeta quale è ammessa da' suoi nazionali. Se fossi alla Mecca, mi guarderei ben del contrastarne l'autenticità, ma a Losanna mi farò lecito d'osservare, 1. che da Ismaele a Maometto lo spazio è di duemila e cinquecento anni, e che i Musulmani non contano che trenta generazioni in vece di settantacinque; 2. che i Beduini moderni sono ignari della storia propria, e non si curano della lor genealogia (Voyage de Darvieux, p. 100-103).

<p>71</p>

I primi semi di questa o favola o storia si trovano nel centesimoquinto capitolo del Corano, e Gagnier (Préface de la Vie de Mahomet, p. 18, etc.) ha tradotto il racconto d'Abulfeda sul quale si può cercare qualche schiarimento nel d'Herbelot (Bibl. orient., p. 12) e Pocock (Specimen, p. 64). Prideaux (Vie de Mahomet) scrive essere una novella inventata dal profeta; ma il Sale (Koran, p. 501-503), mezzo Musulmano, punge l'incoerenza di questo scrittore che credeva ai miracoli dell'Apollo di Delfo. Il Maracci (Alcoran, t. I, parte II, p. 14; t. II, p. 823) attribuisce il prodigio al diavolo, e forza i Musulmani a confessare che Dio non avrebbe protetto contro i cristiani gli idoli della Caaba.