Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11. Edward Gibbon
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A. D. 889
Le bande turche, dopo avere lungo tempo errato, poste ora in fuga, or vittoriose, si avvicinarono alle frontiere comuni dell'Impero franco, e del greco. Le prime loro conquiste, e i primi paesi ove posero stabil dimora, si estesero lungo le rive del Danubio, al di sopra di Vienna, al di sotto di Belgrado, e oltre ai limiti della romana Pannonia, ossia del moderno regno dell'Ungheria101. Su questo vasto e fertile territorio stanziavano i Moravi, tribù di Schiavoni che gli Ungaresi scacciarono, confinandoli entro il ricinto di piccolo territorio. L'Impero di Carlomagno estendeasi, almen di nome, sino ai confini della Transilvania. Ma estinta la linea legittima di questo Monarca, i duchi della Moravia non prestarono oltre obbedienza e tributo ai sovrani della Francia Orientale. Il bastardo Arnolfo si lasciò guidare dal risentimento a chiedere il soccorso de' Turchi, i quali si gettarono a precipizio entro lo steccato che l'imprudenza loro disserrò: onde giustamente questo sovrano della Germania ebbe rimprovero di avere traditi gli interessi della società civile ed ecclesiastica de' Cristiani. Finchè visse Arnolfo, la gratitudine, o il timore tennero in freno gli Ungaresi: ma durante la fanciullezza di Lodovico, figlio e successore di Arnolfo, scopersero ed invasero la Baviera: e tale era la lor prestezza, affatto scitica, che in un sol giorno portavano via, e consumavano lo spoglio di un territorio di cinquanta miglia di circonferenza. Alla battaglia di Haubsburgo, i Cristiani conservarono la superiorità sino all'ora settima della giornata: ma finalmente sorpresi rimasero, e vinti da una simulata fuga della turca cavalleria. L'incendio si dilatò sulle province della Baviera, della Svevia e della Franconia, e gli Ungaresi102, costringendo i più possenti fra i baroni ad ammaestrare nella guerra i proprj vassalli, e ad affortificare le loro castella, divennero la cagion principale dell'anarchia. A questa epoca disastrosa viene assegnata l'origine delle città murate: non v'era lontananza che guarentisse assai da un nemico, il quale, pressochè nel medesimo istante, il monastero di S. Gallo nella Svizzera, e la città di Brema, situata sulle coste dell'Oceano settentrionale, inceneriva. L'Impero, ossia il reame dell'Alemagna, rimase per più di trent'anni soggetto alla umiliazione del tributo, ed ogni resistenza cedè alla minaccia fattasi dagli Ungaresi di condurre schiavi i fanciulli e le donne, e di trucidare tutti i maschi che oltrepassassero i dieci anni. Nè posso, nè bramo seguir queste genti al di là del Reno: accennerò soltanto, maravigliandone, che le province meridionali della Francia sentirono esse pur la burrasca, e che l'avvicinare di questi formidabili stranieri spaventò la Spagna dietro a' suoi Pirenei103. La vicinanza dell'Italia avea eccitate le prime correrie di costoro: nondimeno dal lor campo della Brenta videro con una spezie di terrore la forza e la popolazione apparenti della contrada recentemente scoperta per essi; e la permissione di ritirarsi sollecitarono. Ma il Re d'Italia ne ributtò con orgoglio l'inchiesta; ostinatezza e temerità che a ventimila Cristiani costarono la vita. Di tutte le città dell'Occidente, Pavia, residenza del Governo, era la più celebre pel suo splendore, e in questa fama Roma stessa non la vincea che per le possedute reliquie de' Santi Appostoli. Gli Ungaresi comparvero, e Pavia andò tutta in fiamme: incenerirono quarantatre chiese, trucidarono gli abitanti, nè risparmiarono che circa dugento miserabili, i quali, giusta le vaghe esagerazioni de' contemporanei, pagarono il proprio riscatto con alcune staia d'oro e d'argento, tratte dalle fumanti rovine della lor patria. Intanto che gli Ungaresi partivano ogni anno dal piè dell'Alpi per far saccheggi ne' dintorni di Roma e di Capua, le Chiese non per anco tocche dal ferro de' Barbari, rintronavano di questa lamentevole litania. «Salvateci, e liberateci dai dardi degli Ungaresi;» ma i Santi furono sordi, o rimasero inesorabili, e il torrente barbarico agli estremi confini della Calabria sol si fermò104. I vincitori acconsentirono a negoziar pel riscatto di ciascun individuo italiano, e dieci staia di argento vennero nel campo turco versate; ma la falsità è l'arma che suol naturalmente opporsi alla violenza, e i ladri, così nel numero de' contribuenti, come nel titolo de' metalli, si trovarono delusi. Dalla parte d'oriente, gli Ungaresi ebbero a combattere a forze eguali, e con dubbioso successo, i Bulgari, ai quali la loro religione non permetteva il collegarsi co' Pagani, e che, per la lor situazione servivano di antemurale all'Impero di Bisanzio; ma questo antemurale fu rovesciato; e l'Imperatore di Costantinopoli vide sventolarsi dinanzi agli occhi le bandiere de' Turchi, mentre uno de' più audaci fra lor guerrieri, ardiva colla sua azza da guerra percotere la Porta d'Oro. L'astuzia e i tesori de' Greci tennero lontano l'assalto; nondimeno gli Ungaresi, di avere assoggettati a tributo il valore della Bulgaria, e la maestà de' Cesari105, poteron vantarsi. Le fazioni di questa stagione campale furono tanto rapide ed estese, che fanno parere maggiori ai nostri occhi la forza e il numero de' Turchi; ma tanto più è degno di lode il loro coraggio, perchè un corpo di trecento o quattrocento uomini a cavallo intraprese e sovente mandò a termine le sue corse sino alle porte di Tessalonica, e di Costantinopoli. Epoca disastrosa dei secoli nono e decimo, in cui l'Europa si vide assalita in una volta da Settentrione, da Oriente, e da Mezzogiorno; molte contrade della medesima vennero a vicenda devastate dai Normanni, dagli Ungaresi e dai Saracini, e Omero avrebbe potuto paragonare questi selvaggi nemici a due lioni che ruggiscono sullo sbranato corpo di un cervo106.
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L'Alemagna e la Cristianità andarono debitrici di lor salvezza a due Principi Sassoni, Enrico l'Uccellatore, e Ottone il Grande, che in due memorabili battaglie, fiaccarono per sempre la possanza degli Ungaresi107. Il prode Enrico che giacea infermo, allora quando intese la notizia della invasione, dimenticando il suo debole stato, si pose a capo delle soldatesche, perchè l'animo suo conservava intero il proprio vigore; e il buon successo alle provvisioni che egli diè corrispose. «Miei colleghi, egli diceva ai soldati nella mattina della pugna, ognun di voi stia fermo sulla sua linea: i vostri scudi ricevano le prime frecce de' Pagani, e prima che costoro vengano ad una seconda scarica, colle lancie in resta correte rapidamente sovr'essi». I soldati obbedirono, e furono vincitori. In un secolo d'ignoranza, Enrico ricorse alle Belle Arti per far perpetuo il suo nome, e le dipinture istoriche del castello
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Il Katona (
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Il Muratori con patriottica accuratezza ha esaminati i pericoli ai quali fu esposta Modena, e i modi che questa città avea per liberarsene. I cittadini supplicarono S. Geminiano loro avvocato a distorre da essi, mediante la sua intercessione, la rabies, il
Nunc te rogamus, licet servi pessimi,
Ab Ungarorum nos defendas jaculis.
Il Vescovo edificò mura per la pubblica difesa, non già contra
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Gli annali dell'Ungheria e della Russia suppongono che gli Ungaresi assalissero, assediassero, o per lo meno insultassero Costantinopoli (Pray,
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─ λεονθ’ ως δηρινθητην
Οτ’ ουρεως κορυφεσι περι κταμενης ελαφιοιο
Αμφω πειναοντε μεγα φρονεοντε μαχεςθον
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Il Katona (