...Sorella di Messalina. Annie Vivanti
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Читать онлайн книгу ...Sorella di Messalina - Annie Vivanti страница 4
—Sì, sì. Tornerà. Mi adora.
Secondo lei, tutti la adoravano. E poteva anche essere vero. Ma lei continuava a detestare molta gente e molte cose.
—Detesto le donne,—disse un giorno, allorchè, giungendo inattesa nello studio, lo aveva trovato invaso da una deputazione di signore del Comitato di Coltura femminile. E all'Esposizione della Promotrice, avendole Alberto presentato due dei suoi amici (di cui uno le fece la corte e l'altro no) ella si mostrò assai risentita.
—Non mi presentate mai i vostri amici—esclamò.—Detesto gli uomini.
Egli allora, per distrarla e placarla, e anche perchè cominciava ad interessarsi a quel viso strano che cambiava di linea, di espressione e di colore ogni momento, la pregò di posare per un ritratto.
—No! no! Detesto i ritratti!—disse lei.—E detesto i ritrattisti! Detesto tutto.
Egli non insistette.
Ma l'imagine di lei, il ricordo delle sue frasi e dei suoi atteggiamenti, il bisogno di vederla ogni giorno, crebbe e lo ossessionò.
V
Quando si conoscevano da circa due mesi, ed egli non pensava più che a lei e come lei; e non parlava più che con lei o di lei, adottando gli atteggiamenti spirituali, le pose e le espressioni un poco eccentriche a lei abituali; quando tutti i suoi quadri—la danzatrice Araba, l'Ebe giovinetta, la Madonna di Laghet, la baronessa Ferrari, e anche l'ex-sindaco di Chieri—mostravano senza eccezione una vaga ma indiscutibile somiglianza a lei, egli d'un tratto le cadde in ginocchio dinanzi.
—Ti amo, Raimonda!...
—No, Giorgio! non amarmi!—sospirò essa.
—Non posso non amarti. Amarti... è la vita.
Ella si chinò verso di lui e gli pose le lunghe mani sulle spalle.
—Amarmi... è la morte,—sussurrò.
Alberto, per quanto innamorato, ebbe voglia di sorridere a questa dichiarazione che gli parve un po' spinta verso il melodrammatico.
Ella gli lesse in volto il pensiero, e sospirò:
—Tu credi;—disse con lenta intensità,—tu credi che io esageri o scherzi. Mi trovi stravagante ed esaltata. Ebbene, ti sbagli. Io voglio che tu sappia in che genere di avventura tu ti arrischi con me. Non dirmi poi che non t'ho preavvisato.
Tacque un istante, poi riprese:
—Tu crederai pure che io non sono passata traverso la vita senza amori. Crederai pure che gli uomini mi hanno amata... molto amata...
—Sì,—disse Alberto.
—Ebbene, non vi è nel mondo un sol uomo che possa dire di essere stato mio amante. Non uno!
Alberto si sentì vagamente impressionato. Gli parve ch'ella dicesse il vero. Difatti, nei primi tempi, egli aveva pur parlato di lei, un po' coll'uno, un po' coll'altro; e tutti le avevano attribuito molte passioni e un passato turbolento e tempestoso. Ma chi erano i suoi amanti? o chi erano stati? Nessuno lo sapeva.
E ancora, come s'ella gli leggesse in fronte il pensiero, china verso di lui, mormorò:
—Félix de Courcy... morto. Gilberto Nelson... morto. Goffredo Sarti... morto. Theo Smith... morto. Adriano Scotti...—S'interruppe d'improvviso e si coprì il volto.
Alberto aveva ascoltato attonito il lugubre elenco. Pur avendo voglia di sorriderne, sentiva un piccolo brivido serpeggiargli per le vene.
—Tutti nel pozzo?—chiese finalmente, con una risatina nervosa.
Ella non rispose. Era pallida: due linee dure le solcavano le guancie. Ad Alberto parve brutta: brutta e assurda e temibile a un tempo.
Egli si alzò di scatto.
—Fuggo!—disse.—Voi siete una terribile donna!
E si chinò, quasi ironico, a baciarle la mano.
Solo, nella strada, nel pallido e prosaico tramonto cittadino, il giovane sorrise ancora ripensando la grottesca e macabra posa di costei.
—Basta!—disse, aggiustandosi al collo il bavero del soprabito.—Quella donna è un'esaltata e un'isterica. Non ci andrò più.
VI
Mantenne per tre giorni il saggio proponimento. Poi le scrisse chiedendo di rivederla. Ella non rispose.
Allora la sera seguente, andò da lei.
La trovò, elegantissima, circondata da molta gente: uomini noti ed ignoti; donne della società e dell'arte. Si rivelava una perfetta padrona di casa, calma, corretta e cortese.
E Alberto stupito si domandò:—Era questa la donna dell'annuncio? Era questa la Messalina dall'elenco di amanti morti?
—E come—si chiedeva il giovane, con una tazza di thè in una mano e un sandwich nell'altra,—come erano morti?...
De Courcy doveva essersi suicidato. Gilberto Nelson?... Egli ne ricordava la fine improvvisa in una casa di salute; se ne era assai parlato qualche anno addietro... Degli altri Alberto non aveva mai udito il nome.
Quando gli altri invitati si congedarono, egli restò.
Appena furono soli ella cambiò atteggiamento. Al giovane parve che i suoi lineamenti si trasformassero. Non era più la signora di pochi istanti prima, calma, dignitosa e corretta; gli occhi verdi ridivennero triangolari; le labbra ch'ella mordeva convulsamente eran scarlatte; stringeva con violenza alle narici il fazzoletto intriso d'etere.
Alberto turbato le s'inginocchiò dinanzi, e piegò il volto sul braccio di lei, fresco alla sua guancia accaldata.
—Raimonda!—mormorò convulso—amami! amami!
—Ma ti amo! ti amo! Non hai compreso che ti amo?—singhiozzò lei.
E colle due mani gli alzò il viso e gli affondò nelle pupille lo sguardo violento, assetato di voluttà.
Al giovane ella apparve d'un tratto intristita, avvizzita, pietosa. Ed egli pensò che la donna è meno bella quanto più è ardente, meno inebriante quanto più è appassionata, meno commovente quanto più è commossa.
Con subitaneo finissimo intuito ella parve leggergli in fronte quel pensiero. Si riprese, subitamente calmata, sorrise, lo cinse col braccio e gli battè lievemente le dita sulla schiena, come se suonasse il pianoforte.
—Ma tu, dopo ciò che ti ho detto, tu hai forse paura di me!
—No! no! non ho paura—esclamò il giovane, ripreso a sua volta dalla passione.—Hai detto che amarti era la morte! Ebbene, io non ho vissuto