Due. Eva Forte

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Due - Eva Forte

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che si sta facendo più intrigante, uscendo dai normali schemi del corteggiamento. Sulla busta scrivo “Per ?” non avendo la più pallida idea di come si chiami, metto tutto al suo interno e scendo di corsa dalla mia amica che ha già citofonato da qualche minuto. Stamattina mi sono svegliata un'ora prima del solito e ho impiegato mezz'ora solo per scegliere cosa mettermi. Alla fine ho optato per un vestito di lana morbida del mio colore preferito, il verde scuro, e i miei stivali con il tacco alto. Per strada non vedo l'ora di arrivare e per poco non finisco sotto a una macchina, talmente sono con la testa tra le nuvole, senza accorgermi di un semaforo rosso. Arrivate sane e salve al bar poggiamo le borse al solito tavolo e aspettiamo al bancone, quando mancano ormai pochi minuti al suo solito orario di arrivo, Camilla si posiziona davanti all'entrata e io con una scusa faccio in modo che il barista si allontani nelle cucine sul retro. A questo punto metto la busta davanti al contenitore dello zucchero, sul lato dove si ferma sempre a bere il caffè. So per certo che prenderà lo zucchero e si troverà davanti la busta, sperando che capendo che sia indirizzata a lui, guarderà al suo interno. Camilla mi fa cenno che sta arrivando e così velocemente ci andiamo a sedere, facendo poi finta di niente nonostante un accenno di fittone dato più dall'agitazione che dalla piccola corsa verso il tavolino. Per non tradire le mie emozioni quando entra lo guardo per pochi istanti, sono agitata come non mai e spero di non arrossire troppo tradendo la mia falsa noncuranza del suo arrivo. Quando finalmente arriva davanti al bancone lo fissiamo di nascosto, sperando che si sbrighi a prendere quella busta in bella mostra proprio vicino a lui. Si gira di scatto verso di me e sentendomi scoperta cambio subito direzione al mio sguardo. Oggi non c'è la solita armonia nel nostro incontro, gli ultimi eventi ci lasciano più agitati del solito, anche lui non è lo stesso di sempre. A rompere questo momento di imbarazzo, fa inavvertitamente cadere la busta per terra. Quando la raccoglie si rialza lentamente guardando il misterioso destinatario impresso sulla busta, insieme a un fiorellino che ho disegnato mentre eravamo già per strada, per aiutarlo a decifrare il messaggio e fargli capire che era proprio lui a dover aprire quella busta. Quando ci accorgiamo che la sta aprendo, approfittiamo per uscire di nascosto, senza farci sentire, per poi allontanarci di corsa nella strada.

      

      

      L'unica cosa che mi dispiace è che dovrò aspettare ben due giorni per vedere come proseguirà il nostro gioco e so già che sarà un fine settimana lunghissimo. Per fortuna ha coinciso con un piccolo viaggio che avevo programmato già da tempo e così già nel tardo pomeriggio ho il treno che mi porterà a Venezia, a conoscere la bambina di una delle mie cugine, nata solo da pochi mesi. Il marito sarà fuori in questi giorni e così approfitto per darle una mano e stare insieme dopo tanto tempo che non ci vediamo. Oggi finisco di lavorare presto, approfittando di qualche ora di permesso chiesto anticipatamente per non avere scherzi dell'ultimo minuto. A casa mi aspetta la mia bella e piccola valigia già pronta con tutto l'occorrente per queste due notti fuori città. Indosso i miei comodi jeans stretti da infilare dentro gli stivali sportivi, con sopra il maglione azzurro e marrone, caldo e poco ingombrante, immancabile durante i miei viaggi invernali. Dopo poco ho di nuovo indosso il cappotto, con tanto di sciarpa e cappello, pronta ad affrontare Venezia in questo periodo dell'anno. Sono settimane che aspetto questo viaggio e per fortuna sembra che anche il tempo ci assisterà donandoci due giornate assolate e neanche eccessivamente fredde per la stagione. Per non rischiare di fare tardi, sotto al portone mi sta già aspettando un taxi che mi porterà fino alla stazione dei treni. Appena mi siedo e chiudo la porta mi sento già in vacanza. Durante il tragitto controllo le ultime cose, sistemo i biglietti e preparo i soldi per pagare la corsa. In dieci minuti siamo già all'entrata della stazione, in perfetto orario per la partenza. Arrivata davanti al tabellone delle partenze, cerco il mio treno avendo poi la brutta notizia che sarà in ritardo di mezz'ora. Da una parte ringrazio il cielo che ci sia solo questo poco ritardo e ne approfitto per farmi un giro per i negozi rimessi a nuovo negli ultimi anni, così da formare un vero e proprio centro commerciale al di sotto dei binari in una specie di mondo sommerso. Ci sono tutte le marche più in voga soprattutto tra le ragazze più giovani e i fast food si susseguono tra odori e invitanti pubblicità colorate che offrono un lauto pasto per pochi euro.

      

      

      A quest'ora c'è un bel movimento in questa parte della Stazione, tra chi arriva o deve partire e chi semplicemente è venuto qui per fare shopping indisturbato e con facili collegamenti. Mi fermo a comprare una bottiglia d'acqua in un negozio interamente dotato di distributori automatici di acqua di tutti i tipi. Prima di scegliere le guardo tutte, affascinata da tanta varietà per un prodotto così semplice: naturale, liscia, frizzante, leggermente frizzante, gassata, senza poi contare quella che contiene più o meno sodio e via dicendo. Insomma diventa difficile anche scegliere che acqua bere al giorno d'oggi. Per non sbagliare vado sicura su una marca che conosco e riprendo a girare guardando di tanto in tanto l'orologio, per non rischiare di rimanere a Roma. Quando finalmente arriva il mio treno, salgo subito sul vagone indicato sul biglietto e prendo posto. Collego il tablet al Wi-Fi pubblico della Stazione e controllo gli ultimi messaggi, sperando sempre di trovare un suo contatto. Delusa dall'avere ricevuto solo e-mail pubblicitarie e qualche risposta a messaggi di lavoro, spengo tutto e aspetto di sentire il fischio che preannuncia la partenza.

      

      

      Quando il treno comincia a muoversi chiudo gli occhi, cullata dall'andamento crescente sulle rotaie che slittano sotto ai miei piedi. Quel rumore mi porta indietro negli anni, a quando da ragazza andavo in montagna con il mio gruppo di amici del quartiere. Partivamo sempre di notte e quasi mai si dormiva durante tutto il tragitto. C'era sempre chi si portava dietro una chitarra e suonava nei vagoni con tutti gli altri ammassati dentro a cantare. Qualcuno di noi si fermava lungo i corridoi, a guardare fuori dai grandi finestrini nel buio illuminato solo dai tanti lampioni lungo la strada che schizzavano via lasciandosi dietro una piccola scia luminosa. Il rumore del treno sulle rotaie, sempre uguale come una cantilena che faceva da sottofondo alle voci corali e al suono della chitarra. Viaggi lunghi che volavano nell'euforia della vacanza lontano da casa, dalle famiglie, dalla scuola... pronti all'avventura che solo la montagna vissuta in tenda può dare. Lo stesso treno ci avrebbe poi rivisto dopo dieci giorni passati immersi completamente nella natura, tra il verde degli alberi e il freddo dei ruscelli che diventavano sorgente di acqua anche per fare il bagno e lavare le stoviglie del pranzo. Lo stesso treno che ci avrebbe riportato a casa, stanchi ma felici come non mai, con lo zaino carico di panni sporchi e tante avventure da raccontare. Al tempo non c'erano cellulari o Internet per distogliere la nostra attenzione da quanto ci circondava e l'unico contatto con casa era una unica telefonata fatta a metà settimana da una baita lontanissima dal nostro accampamento. E si viveva così bene..

      

      

      Quando riapro gli occhi, sono sola e fuori dal finestrino è ancora giorno. Vengo ammaliata dal territorio che mi circonda e sembra che venga mangiato dal correre sfrenato di questo lungo mezzo di trasporto. Il suo suono è sempre lo stesso di tanti anni fa, la sua cadenza regolare è sempre immutata, solo io sono cambiata ma con il solito sorriso di sempre che finalmente è tornato a splendere sul mio viso stanco e segnato dalle ultime vicende di una vita. Mi diverto a scattare qualche foto attraverso il vetro del finestrino. Fortunatamente il mio posto è proprio quello interno e così posso ammirare indisturbata lo scenario che cambia repentinamente davanti ai miei occhi. Mi diverto a modificare le foto scattate con le applicazioni che ormai sono su tutti i telefoni e ne posto qualcuna sul mio profilo. Controllo la posta, anche se vedo che non c'è nessun messaggio nuovo. Niente, nessuna traccia del mio misterioso amico del bar che probabilmente non sa neanche dove e come cercarmi.

      

      

      Davanti a me è seduta una coppia, avranno più o meno la mia età. Lui da quando è salito non ha fatto altro che telefonare con i suoi auricolari all'ultima moda e giocherellare con il suo smartphone. Lei ha un viso svogliato e senza aver detto neanche una parola da quando si è seduta,

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