L'Ultima Opportunità. Maria Acosta

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L'Ultima Opportunità - Maria Acosta

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dalla città, dimora del re e della regina fino all’inizio della Grande Ribellione. Era stato svuotato di qualsiasi umano. Chi era riuscito a fuggire, l’aveva fatto; gli altri si trovavano adesso nelle antiche prigioni nello scantinato del palazzo. Valvo (l’umanoide) e Duca (il grosso maiale) avevano occupato l’edificio per farlo diventare il quartier generale dell’esercito principale d’Europa. La Spagna aveva un’eccezionale posizione strategica, due frontiere da difendere e mare ovunque. Da lì, pensava Valvo, che si era autonominato comandante in capo di tutti gli eserciti d’Europa, avrebbero potuto sorvegliare, tramite un computer gigantesco, l’intero mondo. Duca era d’accordo con lui, ma non, ovviamente, su chi sarebbe diventato il comandante in capo. Anche lui aveva quest’idea in mente ma per il momento gli faceva comodo che l’umanoide pensasse a lui come un cretino che non faceva altro che mangiare e sporcarsi di fango. La Ribellione era appena cominciata e avrebbero dovuto faticare per portarla avanti, ma tutti e due sapevano che ce l’avrebbero fatta. Tanti secoli di schiavitù, di sfruttamenti da parte degli uomini; per tanto tempo erano stati costretti a nascondere i loro sentimenti. Ma avevano imparato una cosa: avevano imparato a sviluppare il loro cervello di animali per capire il pensiero degli uomini, avevano capito il loro modo di agire, i loro difetti, le loro debolezze e anche la loro generosità. Avevano imparato, soprattutto Valvo e Duca, che avrebbero dovuto lasciare da parte le loro differenze se volevano vincere questa guerra appena iniziata. Umanoidi e animali erano, al momento, fratelli di sofferenza e alleati nella ribellione.

      Ci misero alcuni mesi ma alla fine il Grande Computer Centrale fu approntato, quantomeno la programmazione principale; alcuni prigionieri umani avevano una conoscenza molto profonda del funzionamento dei computer (ingegneri, programmatori, tecnici di manutenzione...) ed erano perciò diventati schiavi tecnologici degli umanoidi. Li avevano aiutati con quella grande macchina nonostante non volessero farlo.

      Nel frattempo, gli animali e gli umanoidi che comandavano i diversi gruppi si radunarono in uno spazio lontano dalla capitale di Spagna, dove sarebbero potuti rimanere al sicuro senza essere disturbati da nessuno. Si trattava di un luogo sotterraneo trovato per caso all’interno di una bella montagna chiamata La Pedriza.

      Un esercito di sorveglianti, formato da umanoidi e da animali, era posizionato nei dintorni della montagna pronto a dare l’allarme se ce ne fosse stato bisogno. L’entrata della tana era stata difficile da scoprire: lo fece per caso un cucciolo di gorilla che giocava con i suoi fratelli tra i cespugli pochi giorni dopo essere stati liberati da uno zoo privato e nascosto. Il proprietario era stato un idiota con una montagna di denaro, talmente pigro da comprare animali selvaggi dai trafficanti senza dover andare fino in Africa a cacciarli. Ogni tanto organizzava una grande giornata di caccia all’interno del suo podere guadagnando così un sacco di soldi. Non era sopravvissuto al primo attacco degli animali mentre la sua famiglia, fuggita a fatica, era attualmente irreperibile.

      C’erano volute alcune settimane per ingrandire l’entrata in modo tale che anche gli animali più grandi potessero accedere senza problemi. Si doveva camminare per un lungo corridoio per arrivare alla tana, ma ne valeva la pena: era perfetta. Grande, con il soffitto molto alto, circolare e con un’acustica eccellente. Non c’erano tracce che indicassero che fosse stata abitata ma c’erano dei buchi alle pareti. La tana sembrava essere stata abbandonata da tempo. Sarebbe servita per radunarsi senza essere infastiditi. Ci vollero quasi tre giorni affinché tutti i rappresentanti di animali e umanoidi sparsi per il pianeta arrivassero fin lì. Non avevano paura di essere sorpresi dagli umani, visto che questi erano impegnati a mettersi d’accordo. Era stato sempre molto difficile per questa razza animale pensare al benessere della comunità! Ora finalmente gli antichi prigionieri degli umani potevano parlare del loro futuro e di come agire da quel momento in poi. Ogni specie di animale aveva il suo rappresentante, dalla mosca alla zanzara fino agli elefanti e ai rettili, e così ogni macchina, dal rasoio elettrico al satellite artificiale. Adesso la cosa più importante era comunicare tra di loro; ognuno parlava un linguaggio diverso e, in caso contrario, sarebbe stato molto difficile stabilire un piano comune. Era così diverso il linguaggio delle mosche da quello dei topi e degli altri animali grandi!

      La prima riunione fu un fiasco totale. Lavorarono in fretta, soprattutto gli umanoidi, per creare una lingua franca, accessibile e facile da imparare, ma ce la fecero, tanta era la voglia di poter comunicare. Alla seconda riunione i rappresentanti erano già in grado di trasmettere i desideri dei loro simili.

      Stavano per prendere una decisione quando, all’improvviso, arrivò alla tana, quasi senza fiato, una lepre:

      -“Chiedo la parola! Chiedo la parola!” – disse mentre correva come una pazza lungo il corridoio che si creava al suo passaggio fra animali e automi.

      La lepre smise di gridare fino ad arrivare in fondo alla tana, fece un balzo e cadde su un pezzo di pietra, simile a un pedana, che era lì. Tutti quelli che si erano radunati lì la guardarono sbalorditi. Dietro di lei c’erano Valvo e Duca, seduti insieme su un grosso pezzo di legno. Erano innervositi, stavano per terminare la battaglia e conoscere chi sarebbe diventato il capo di tutti i capi e proprio ora questa stupida entrava in fretta e in furia, facendo cambiare idea a quelli che si erano convinti delle loro ragioni. Se così non fosse stato…cosa poteva essere successo?

      -“Chiedo la parola! Chiedo la parola!” –continuò a gridare quella matta.

      Fino a quando non tacquero tutti, la lepre, il cui nome era Calogero, non smise di gridare e di zompettare. Quel piccolo animaletto con le sue larghe orecchie conosceva benissimo il linguaggio della sua razza ma della lingua franca, così nuova, sapeva soltanto tre parole, così si rivolse a uno dei gorilla di fronte a lui per chiedere aiuto. I gorilla erano animali molto intelligenti e svelti ed erano riusciti a imparare questo linguaggio molto in fretta. Allora il gorilla si alzò e si mise accanto alla lepre che, in confronto, quasi spariva sotto l’ombra della grande scimmia. E così cominciò un discorso che mise a disagio Valvo e Duca:

      - “Noi lepri e il resto degli animali che abitano in campagna stiamo dibattendo su questa riunione per scegliere un comandante in capo; crediamo di avere anche noi il diritto di farne parte e, per il bene di tutti, animali e macchine, crediamo che ogni specie debba avere un capo. Così, chiedo a tutti di nominare un essere della propria specie per difendere il proprio punto di vista. E che siano questi animali scelti da tutti quelli che ci guideranno nella battaglia che sta per cominciare. Questa pace non è una vera pace, è soltanto una pausa, la vera battaglia deve ancora arrivare. Ci dobbiamo organizzare e anche gli uomini faranno lo stesso, ne siamo sicuri. Ma ci serve un po’ di calma. Questo non significa che non dovremo lottare. Lo faremo, ma non ancora. Crediamo di trovarci in un punto in cui dovremmo agire con precauzione; in altre parole, siamo molto diversi e metterci d’accordo sarà molto difficile, ma non impossibile. Sappiamo benissimo che gli uomini sono sconvolti per ciò che è successo negli ultimi giorni. Sono una razza a cui serve molto tempo per mettersi d’accordo e so con sicurezza che stanno ancora parlando e discutendo tra loro per arrivare a una soluzione. Quindi la nostra proposta è questa: ogni razza dovrà scegliere un rappresentante e poi, mentre la maggior parte degli animali e delle macchine cercheranno di organizzarsi per la difesa, a seconda delle loro forze e possibilità, i rappresentanti dovranno fare del loro meglio e condividere il potere in modo che nessuno sia al di sopra degli altri. Questo è tutto.”

      In questo modo Manlio, il gorilla, finì la traduzione delle parole di Calogero. Dietro di loro, Duca era così rosso di rabbia che sembrava sul punto di esplodere, mentre Valvo cercò di non dire la sua. Soltanto alcuni led che luccicavano debolmente avrebbero potuto tradire la sua grande frustrazione. Manlio aveva appena finito di parlare quando una grande ovazione riecheggiò nella stanza. I propositi di Valvo e Duca erano stati annullati. Per il momento, pensò Valvo, soltanto per il momento.

      Dopo un po’ la stanza ritornò alla calma, tutti se ne andarono con le loro famiglie, ansiosi di raccontare cosa avevano deciso nella riunione e di come una nuova tappa sarebbe cominciata subito, esenti dagli obblighi verso gli uomini. Tutti erano contenti, tranne Manlio, il gorilla, che conosceva benissimo

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