Il Fascino Di Medusa Tra Arte, Mito E Leggenda. Andrea Piancastelli
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[9] EPICURO, Lettera a miceneo, 125.
[10] K. KERÉNYI, Miti e misteri, Torino 1950, 2000.
[11] J.P. VERNANT, La mort dans les yeux, Paris 1985 (trad. it. La morte negli occhi, Bologna 1987).
3. La guerra di Medusa: oltre il terrore
Tav. 9 Scudo con Gorgoneion, ceramica a figure nere, Il suicidio di Aiace di Exekias, Museo Château-musée di Boulogne-sur-Mer.
Ma il ruolo di Medusa nell’epica omerica non si esaurisce qui. Nell’ Iliade la scena si fa guerresca. Medusa figura sull’egida di Atena e sullo scudo di Agamennone.
Sull’altro fronte, quando Ettore, portando la morte nella mischia, fa girare in tutti i sensi i cavalli, “i suoi occhi hanno lo sguardo della Gorgone”. In questo contesto, la Gorgone è ancora una potenza di terrore. Ma questo terrore di cui incarna la presenza e che in qualche modo mobilita, non è normale; non dipende dalla situazione particolare di pericolo in cui ci si può trovare. E’ il terrore allo stato puro, il terrore come dimensione del soprannaturale. In effetti, questa paura non è motivata, come quella che provocherebbe la coscienza di un pericolo. Viene prima. Di primo acchito e di per se stessa Medusa produce un effetto di spavento perché appare sul campo di battaglia come un prodigio, un mostro in forma di testa orribile e spaventosa, con il volto dall’occhio terribile, con lo sguardo terrificante. Maschera e occhio gorgonici, nell’ Iliade, operano in un contesto ben definito; essi appaiono integrati all’attrezzatura bellica, alla mimica, alla smorfia stessa del guerriero posseduto dal ménos, il furore guerresco; esprimono la potenza di morte che irradia dalla persona del combattente pronto a sfidarla nel campo di guerra. La folgorazione dello sguardo di Medusa agisce congiuntamente allo splendore del bronzo rilucente dell’armatura e dell’elmo, i cui barbagli salgono fino al cielo e diffondono il panico. La bocca del mostro, spalancata, evoca il terrificante grido di guerra che Achille lancia a tre riprese prima del combattimento (1). “Si direbbe che si tratta della voce sonora della tromba che squilla” e questa “voce di bronzo”, nella bocca dell’Eacide, basta a far tremare di terrore le file nemiche (2).
In effetti il carattere terrificante del gorgoneion ne fa l’ornamento prediletto delle armature, in modo particolare degli scudi, nei più antichi dei quali la testa gorgonica decora tutta la superficie.
Lo scudo è uno strumento di guerra con funzione protettiva, nasce come barriera per difendere, non per attaccare. Ma la testa della Gorgone lo trasforma in un’arma offensiva e ne rafforza l’originale funzione profilattica. La Gorgone deve intimidire il nemico attraverso lo sfavillio insostenibile della testa e degli occhi, nel bagliore folgorante delle armi, ancora una volta in una sorta di possessione: la faccia mostruosa di Medusa trasmette il furore della carneficina nell’azione di guerra (3). Così viene descritto lo scudo di Agamennone nell’ Iliade:
Sollevò lo scudo grande e possente, riccamente ornato, stupendo: dieci cerchi di bronzo vi correvano intorno e al centro c’erano venti borchie di stagno, bianche, con una nel mezzo di smalto nero; lo incoronava una Gorgone dal volto tremendo, dallo sguardo crudele, con accanto Deimos e Phobos (4).
(Trad. M.G. Ciani)
Tav. 10 Prosternopidion in bronzo e avorio, inizi del VI sec. a.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 5715.
Ma non solo gli scudi riproducono la maschera gorgonia. Un prosternopidion di bronzo, il pettorale che serviva a proteggere e ornare il petto dei cavalli, databile agli inizi del VI secolo, presenta un gorgoneion in rilievo al centro come decorazione (5): sulla fronte la chioma forma una serie di ricci a chiocciola, alle cui estremità sono le orecchie; gli occhi, obliqui, hanno le ciglia segnate sulla palpebra superiore con una serie di trattini incisi; dalle labbra, aperte in un ghigno, esce il blocco eburneo della lingua tra quattro zanne aguzze; dalle orecchie al mento il volto è inquadrato da ali. Da notare il bulbo e l’iride in avorio che enfatizzano il carattere malefico e sovrannaturale dello sguardo della Gorgone.
E' interessante l’associazione di Medusa a una bardatura per cavalli: infatti il legame tra le due è più stretto di quello che si pensi. Se si tiene conto dell’analisi di Vernant, anche il cavallo, per come agisce e per le sonorità che gli sono proprie, può tradurre la presenza inquietante di una potenza degli Inferi che si manifesta in forma animale: la sua nervosità, la sua tendenza a imbizzarrirsi di colpo per effetto di un improvviso terrore che lo porta a diventare frenetico e selvaggio. Nel lessico riferito al cavallo, gorgòs assume un significato quasi tecnico. Riferito a tale animale, infatti, gorgoumai significa scalpitare. Senofonte nota, nell’ Equitazione, che il cavallo nervoso e impetuoso è terribile a vedersi ( gorgos idein), che le sue nari spalancate lo rendono gorgòteros, che i cavalli, quando si uniscono in torme, con il battito degli zoccoli, i nitriti, gli sbuffi moltiplicati dal numero, sembrano più ardenti e focosi ( gorgòtatoi) (6). Altri aspetti del mito rimandano inoltre all’elemento equino: quando Perseo recide la testa gorgonea di Medusa, dal suo collo balza fuori il cavallo prodigioso Pegaso. Lo stesso Poseidone, amante di Medusa, viene spesso associato al cavallo, ed è nota la storia in cui il dio, gareggiando con Pallade Atena, donò agli uomini il primo cavallo.
Tav. 11 Placca in terracotta rappresentante Perseo a cavallo che sostiene il capo reciso di Medusa, 490-470 a.C., dall’isola di Melo, British Museum, Londra.
[1] J.P. VERNANT, La mort dans les yeux, Paris 1985 (trad.it. La morte negli occhi, Bologna 1987).
[2] OMERO, Iliade,