Il Fiume Di Gennaio. Enrico Tasca
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A proposito di Milano, prima aveva sentito dire da un passeggero che nel nord Italia stava nevicando, cosa d'altra parte piuttosto prevedibile in gennaio. Malpensa, dove sarebbe atterrato dopo lo scalo di Lisbona, era abbastanza attrezzata per la neve, ma "abbastanza" alle volte non era sufficiente. Gli era già capitato di essere dirottato a causa della neve, comunque non aveva fretta di arrivare a destinazione. Restava il fastidio dell'attesa, ma era già preparato a un viaggio di molte ore e in un certo senso rassegnato. Guardando Estela con più attenzione di quello che aveva fatto prima, gli venne in mente che forse quel volto e quel corpo li aveva già fotografati, ma non era sicuro. Un tempo era molto fisionomista, ora, passato da un pezzo il mezzo secolo, cominciava a ricordare meno. Il fatto è che con il suo mestiere aveva incontrato e fotografato tanta di quella gente, che difficilmente riusciva a ricordarne i volti e le fisionomie.
Decise di andare in bagno prima che iniziasse l'imbarco. Si portò dietro il trolley perché dentro aveva la sua attrezzatura fotografica. Guardandosi nello specchio vide un signore dai capelli ancora folti e ricci, ma con un colore che da grigio stava passando inesorabilmente al bianco. Il viso, a parte un po' di rughe, segno di una vita vissuta intensamente, era ancora abbastanza giovanile. Nessuno riusciva ad indovinare la sua età , pensavano tutti che avesse parecchi anni di meno, anche perché lui ci teneva a tenersi in forma e stava attento a non ingrassare. Aveva sempre avuto un fisico asciutto e da ragazzo aveva il complesso di essere troppo magro. Si era quindi messo in testa, contro il volere dei suoi genitori, di andare in una palestra a tirare di boxe, anche per imparare a difendersi meglio da certi compagni di scuola che avevano la tendenza a fare i bulli. Ovviamente dopo pochi scontri qualcuno gli aveva rotto il naso, che era rimasto leggermente schiacciato. Da quel giorno era passato al Judo, uno sport meno violento e forse più utile come difesa personale.
I passeggeri stavano cominciando a dare segni di nervosismo quando annunciarono che il ritardo era confermato ma che l'aeromobile proveniente da Lisbona era finalmente atterrato. Era un Airbus A330 che Federico conosceva bene perché una volta aveva fatto un servizio per conto della Municipalità di Tolosa che includeva immagini del posto dove nascono queste macchine volanti che avevano sempre suscitato la sua curiosità e ammirazione. In Francia si sentiva a suo agio. Sua madre era di Nizza e prima di morire gli aveva lasciato in eredità un appartamento sulla Promenade des Anglais, ma era da ristrutturare e aveva preferito venderlo così com'era. Aveva acquistato in seguito un piccolo appartamento a Mentone, ben prima dell'invasione dei piemontesi, quando i prezzi erano ancora abbordabili e amava andarci spesso durante il week end e soprattutto d'estate.
Ci aveva anche portato un bel po' di donne di ogni risma, signore sposate, modelle, ragazze e una volta anche un'attrice che sarebbe poi diventata abbastanza famosa. Aveva ancora in qualche cassetto delle sue foto senza veli, avrebbe potuto venderle a qualche giornale scandalistico, ma non era il tipo che faceva cose del genere. Aveva successo con le donne anche perché si era creato la fama di uno che non parla mai delle sue avventure, non si vantava come facevano certi suoi colleghi che lavoravano soprattutto nel campo delle riviste di moda. E le donne apprezzavano molto la sua discrezione e dicevano anche che lui sapeva toccare il profondo del loro animo. Da molte era stato amato talvolta in maniera esagerata, alcune gli avevano chiesto sfacciatamente di sposarle, una aveva addirittura tentato il suicidio per lui, o almeno così sembrava. Ma lui aveva sempre resistito forse perché toppo vivo era il ricordo di Luma, per ironia della sorte l'unica donna di cui era stato veramente innamorato e anche la donna, la moglie che l'aveva lasciato. Pensare a questi eventi dolorosi del passato gli faceva male, pensò ben quindi di farsi una partitina a burraco sul suo smart phone per far passare il tempo.
Appena le hostess della TAP si avvicinarono al gate di imbarco una moltitudine di passeggeri si alzò come se avessero suonato la tromba della carica e si mise ordinatamente in fila davanti agli sportelli.
Federico, la prima volta che era arrivato in Brasile si era stupito delle code ordinate che si formavano davanti alle fermate degli autobus. Si aspettava un comportamento così magari a Londra, ma non certo in un Paese latino americano. In Italia a volte doveva discutere agli sportelli perché trovava spesso quello che si credeva più furbo degli altri e cercava di non rispettare la coda. In Brasile questo succedeva raramente, e da qui erano iniziati parecchi ripensamenti ed autocritiche che l'avevano costretto a rivedere tutti i pregiudizi che aveva prima di partire.
Gli addetti della Compagnia di bandiera portoghese, forse consci del fatto che la gente si era innervosita per il ritardo, furono bravissimi ed estremamente veloci. Federico si ritrovò, come aveva chiesto, nella poltrona davanti all'uscita d'emergenza. Chiedeva sempre quel posto che gli permetteva di distendere le gambe, visto che le aveva piuttosto lunghe. L'airbus si riempì velocemente. Federico sperava in cuor suo che non si sedesse accanto a lui un grassone come gli era successo una volta, rendendogli il volo un inferno. Si avvicinò una biondina graziosa, che con il tagliando della carta d'imbarco in mano cercava il suo posto, proprio quello vicino a lui e Federico ringraziò la buona sorte. Sicuramente la ragazza non avrebbe russato durante la notte e non aveva con sé un neonato piagnucolante. Con lo sguardo cercava la bruna che aveva attirato tanto la sua attenzione, ma forse non si era svegliata e avrebbe perso l'aereo.
Federico invece arrivava sempre in anticipo. Luma, che era una persona calmissima, diceva che era un po' nevrotico e forse non aveva tutti i torti, ma sul lavoro la sua puntualità era molto apprezzata ed era servita ad accrescerne la fama di professionista serio ed affidabile. Non si poteva dire lo stesso delle modelle, che spesso si presentavano in ritardo, assonnate e con delle facce che poi ci voleva mezz'ora di trucco e parecchi caffè prima di farle tornare normali. Ma in genere erano talmente belle e giovani che sarebbero state fotogeniche comunque. E poi non erano più i tempi delle pellicole quando andava a ritirarle al laboratorio di Via Savona con l'ansia che non fossero venute bene. Adesso con il digitale era possibile vedere subito se le foto erano buone e poi c'era sempre Photoshop che dava una mano. Com'era diventato tutto più facile! Ormai fotografavano tutti (meno sua figlia Olga) e si sentivano tutti dei Cartier-Bresson. A Milano ogni tanto organizzava dei corsi, cosa che lo divertiva molto. Forse da vecchio si sarebbe dedicato solo a quello o magari avrebbe scritto un libro di fotografia.
Stava ancora vagando con la mente quando la bruna, un po' trafelata, fece finalmente la sua apparizione. La accompagnava una hostess con un leggero sguardo di rimprovero, visto che avevano dovuto chiamarla con l'altoparlante e poi accompagnarla all'aereo, ma lei non sembrava affatto sconvolta dalla cosa. Prese posto vicino alla biondina e Federico in cuor suo pensò che sarebbe stato sicuramente un viaggio piacevole, in compagnia di due belle ragazze. La bruna si allacciò la cintura e si rimise a dormire. Federico aveva sempre invidiato le persone con la capacità di addormentarsi in fretta. Lui era un nottambulo e dormiva pochissimo, ma la mattina riusciva comunque a svegliarsi presto, fresco come una rosa. Tirò fuori dalla borsa un vecchio libro che l'aveva molto colpito da ragazzo, "Il terzo occhio" di Lobsang Rampa, e si preparò ad attraversare l'oceano a oltre 30.000 piedi di altezza.
Anche Beatriz si riteneva fortunata. Il signore alla sua destra aveva l'aria per bene, doveva essere italiano, visto che leggeva un libro dal titolo in italiano, ed era un bel tipo, anche se non più tanto giovane. Meglio così. Non che pensasse che avrebbe potuto importunarla, ma aveva avuto in passato sgradevoli esperienze con ragazzi italiani piuttosto cafoni e insistenti. Di quelli che portano il foulard anche a letto, per intenderci, e che sfoggiano tatuaggi nei posti più impensabili. Il suo ragazzo per fortuna non era così. Aveva un tatuaggio minuscolo dietro una spalla che aveva fatto anni prima e d'altronde l'ambiente dove lavorava non permetteva stranezze tipo piercing o tatuaggi vistosi.
Alla sua sinistra si era poi seduta la bruna che aveva notato