Il Regno Delle Ombre . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Il Regno Delle Ombre - Морган Райс страница 8
E poi ne vide uno scorcio e il cuore gli si fermò.
Draghi.
Un branco di draghi volava in cerchio e scendeva furiosamente, soffiando fuoco. Si calavano rapidamente, con gli artigli protesi, scatenando le loro fiammate senza avviso, uccidendo centinaia di soldati e troll in un colpo solo. Un’ondata di fuoco discese sulla terra diffondendosi in pochi secondi e arrostendo anche i troll che si trovavano sopra a Kyle. Lui, vedendo le fiamme che si avvicinavano, afferrò un pesante scudo di rame accanto a lui e si riparò dietro ad esso rannicchiandosi a palla. Il calore era intenso mentre le fiamme lo lambivano quasi bruciandogli le mani, ma resistette. I soldati e troll morti caddero su di lui e le loro armature gli fornirono ulteriore protezione mentre un’altra ondata di fuoco sopraggiungeva, questa volta ancora più potente. Ironicamente quei troll e quei Pandesiani ora lo stavano salvando dalla morte.
Kyle resistette, sudando, quasi incapace di sopportare il calore mentre i draghi continuavano a sputare fuoco. Non potendo resistere oltre, perse i sensi, pregando con tutto se stesso di non venire bruciato vivo.
CAPITOLO SETTE
Vesuvio si trovava in cima alla scogliera, accanto alla Torre di Kos, e fissava le onde del Mare dei Dispiaceri che si infrangevano in basso e il vapore che saliva da dove la Spada di Fuoco era sprofondata. Sorrideva. Ce l’aveva fatta. La Spada di Fuoco non esisteva più. Aveva derubato la Torre di Kos – aveva derubato Escalon – del suo più prezioso artefatto. Una volta per tutte aveva abbassato Le Fiamme.
Vesuvio era raggiante, frastornato dall’eccitazione. Le mani ancora gli pulsavano per aver stretto la spada incandescente e abbassando lo sguardo vi vide il marchio impresso. Fece scorrere le dita sopra alla cicatrice fresca, sapendo che sarebbe rimasta lì per sempre: il marchio del suo successo. Il dolore era accecante, ma si sforzò di eliminarlo dalla mente, si sforzò di non pensarci. In effetti aveva da tempo imparato a godere del dolore.
Dopo tutti quei secoli, finalmente ora il suo popolo avrebbe avuto ciò che spettava loro. Non sarebbero più rimasti relegati a Marda, al limite settentrionale dell’impero, in una terra arida e sterile. Ora avrebbero avuto la loro vendetta per essere stati relegati dietro a un muro di fuoco, avrebbero invaso Escalon e l’avrebbero fatta a pezzi.
Il cuore si fermò per un battito al pensiero. Non vedeva l’ora di voltarsi, attraversare il Dito del Diavolo e tornare sulla terraferma per incontrarsi con il suo popolo nel centro di Escalon. L’intera nazione di troll si sarebbe diretta verso Andros e insieme, una piazza alla volta, avrebbero distrutto Escalon per sempre. Quella sarebbe diventata la nuova patria dei troll.
Ma mentre stava lì in piedi a guardare le onde e il punto in cui era affondata la spada, a Vesuvio venne in mente una cosa. Guardò verso l’orizzonte esaminando le acque nere della Baia della Morte, dove c’era qualcosa che restava ancora sospeso, qualcosa che rendeva la sua soddisfazione incompleta. Scrutando l’orizzonte, in lontananza scorse una piccola nave con le vele bianche che si allontanava dalla Baia della Morte. Aveva trovato la torre vuota. Le porte erano state lasciate aperte. La spada lo stava aspettando. I guardiani l’avevano abbandonata. Era stato tutto molto facile.
Perché?
Vesuvio sapeva che l’assassino Merk era a caccia della spada: lo aveva seguito per tutto il tragitto attraverso il Dito del Diavolo. Allora perché avrebbe dovuto lasciarla lì? Perché se ne stava andando per mare lontano da lì, nel mezzo della Baia della Morte? Chi era quella donna nella nave con lui? C’era lei a guardia della torre? Quali segreti nascondeva?
E dove stavano andando?
Vesuvio guardò il vapore che saliva dall’oceano, poi riportò lo sguardo verso l’orizzonte e sentì il sangue che ardeva nelle vene. Non poteva fare a meno di sentire di essere stato in qualche modo raggirato. Che gli fosse stata strappata di mano una vittoria completa.
Più ci pensava su e più Vesuvio si rendeva conto che qualcosa non andava. Era stato tutto troppo comodo. Osservò i violenti mari sotto di lui, le onde che si infrangevano contro gli scogli, il vapore che saliva, e capì che mai avrebbe saputo la verità. Mai avrebbe saputo se la Spada di Fuoco era effettivamente affondata del tutto. Se lì c’era qualcosa di cui non si stava accorgendo. Se quella era stata la spada giusta. Se anche Le Fiamme sarebbero rimaste giù.
Vesuvio, ardendo di indignazione, giunse a una decisione: doveva seguirli. Se non l’avesse fatto, non avrebbe mai saputo la verità. C’era da qualche altra parte un’altra torre segreta? Un’altra spada?
Anche se non era così, anche se aveva portato a termine ciò che doveva fare, Vesuvio era famoso per non lasciare mai in vita nessuna vittima. Mai. Seguiva sempre ogni uomo fino alla morte. E mentre se ne stava lì a guardare quei due che sfuggivano alla sua presa, non si sentiva a posto. Semplicemente sapeva di non poterli lasciar andare.
Vesuvio guardò verso le decine di navi ancora ancorate a riva, abbandonate, che dondolavano selvaggiamente tra le onde, come se lo stessero aspettando. E subito giunse a una decisione.
“Alle navi!” comandò al suo esercito di troll.
Come un unico corpo tutti si lanciarono ad eseguire il suo ordine, correndo lungo la riva rocciosa e salendo a bordo delle navi. Vesuvio li seguì e si mise al timone dell’ultima imbarcazione.
Si voltò, sollevò in aria la sua alabarda e tagliò la fune.
Un attimo dopo aveva salpato, tutti i troll con lui, tutti ammucchiati sulle navi, nella leggendaria Baia della Morte. Da qualche parte all’orizzonte si trovavano Merk e quella ragazza. E Vesuvio non si sarebbe fermato, per nessuno motivo, fino a che entrambi non fossero stati morti.
CAPITOLO OTTO
Merk si teneva stretto al corrimano mentre stava alla prua della piccola nave insieme alla figlia dell’ex re Tarnis, entrambi perduti nel loro mondo, in balia delle violente onde della Baia della Morte. Merk fissava l’acqua nera e mossa dal vento, chiazzata di spuma bianca, e non poteva fare a meno di farsi delle domande sulla donna che aveva vicino. Il mistero che la circondava si era solo infittito da quando erano partiti dalla Torre di Kos e si erano imbarcati su quella nave, diretti verso un qualche luogo misterioso. Nella mente aveva un sacco di domande che la riguardavano.
La figlia di Tarnis. Per Merk era difficile da credere. Cosa ci faceva lì, all’estremità del Dito del Diavolo, rinchiusa nella Torre di Kos? Si stava nascondendo? Era in esilio? La proteggevano? E da chi?
Merk sentiva che lei, con i suoi occhi trasparenti, la sua pelle pallidissima e il suo portamento flemmatico, apparteneva a un’altra razza. Ma se era così, allora chi era sua madre? Perché l’avevano lasciata da sola a guardia della Spada di Fuoco e della Torre di Kos? Dov’era andata tutta l’altra gente?
E cosa ancora più urgente: dove lo stava portando adesso?
Con una mano sul timone, la giovane faceva virare la nave portandola sempre più lontana, verso qualche destinazione all’orizzonte che Merk poteva solo intuire.
“Non mi hai ancora detto dove stiamo andando,” le disse con voce alta, in modo da poter essere sentito anche sopra il rumore del vento.
Seguì un lungo silenzio, così lungo che Merk era insicuro che lei avrebbe mai risposto.
“Almeno dimmi il tuo nome allora,” aggiunse, rendendosi conto che non glielo aveva