L’ascesa dei Draghi . Морган Райс
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Mentre si avvicinavano al cancello, una decina degli uomini di suo padre corsero fuori a cavallo e le masse si fecero da parte per lasciarli andare verso il loro campo da allenamento, un’ampia zona circolare in mezzo ai campi fuori dal forte, circondato da un basso muro di pietra. Kyra si voltò e li guardò andare con il cuore che batteva forte. I campi da allenamento erano il suo posto preferito. Sarebbe stata lì a vederli combattere per ore, studiando ogni mossa, il modo in cui stavano a cavallo, come maneggiavano le spade, scagliavano le lance, roteavano i mazzafrusti. Quegli uomini uscivano ad allenarsi nonostante il buio che avanzava e la neve che cadeva, anche alla vigilia di un giorno di festa, e tutto perché volevano allenarsi, migliorarsi, perché avrebbero tutti preferito trovarsi sul campo di battaglia piuttosto che fare festa al coperto, come lei. Sentiva che quello era il suo vero popolo.
Un altro gruppo di uomini di suo padre uscì, questi a piedi, e mentre Kyra si avvicinava al cancello con i suoi fratelli, essi si fecero da parte, insieme alla gente, per lasciare spazio a Brandon e Braxton che avanzavano con il loro cinghiale. Fischiarono in ammirazione e si raccolsero attorno a loro. Erano uomini robusti e muscolosi, più alti di trenta centimetri anche rispetto ai suoi fratelli che certo non erano piccoletti. La maggior parte aveva la barba brizzolata di grigio, erano tutti uomini sulla trentina o addirittura quarantina che avevano visto tantissime battaglie e che avevano servito il vecchio re, soffrendo l’oltraggio della sua resa. Uomini che, se fosse stato per loro, non si sarebbero mai arresi. Quelli erano uomini che avevano visto tutto e che non si lasciavano tanto impressionare da nulla, eppure sembravano colpiti da quel cinghiale.
“L’avete ucciso voi, vero?” chiese uno di essi a Brandon avvicinandosi ed esaminandolo.
La folla si infittì e Brandon e Braxton alla fine si fermarono prendendosi gli apprezzamenti e l’ammirazione di quei grandi uomini, cercando di non dare a vedere quanto affannosamente stavano respirando.
“Sì” esclamò Braxton fieramente.
“Un corno nero,” esclamò un altro guerriero avvicinandosi e facendo scorrere la mano sulla schiena dell’animale. “Non ne vedevo uno da quando ero ragazzo. Anche io una volta ho aiutato ad ucciderne uno, ma ero insieme a un gruppo di uomini e due di loro persero delle dita.”
“Beh, noi non abbiamo perso niente,” disse Braxton con orgoglio. “Solo la punta di una lancia.”
Kyra avvampò mentre gli uomini ridevano, chiaramente impressionati dalla preda, mentre un altro guerriero, il loro capo – Anvin – si faceva avanti e osservava con attenzione da vicino l’animale. Gli uomini lo lasciarono passare cedendogli lo spazio in segno di rispetto.
Il comandante di suo padre, Anvin, era il preferito di Kyra tra gli altri uomini: rispondeva solo a suo padre e comandava su quei grandi guerrieri. Anvin era stato come un secondo padre per lei e lei lo conosceva da sempre. Lui le voleva bene, lo sapeva, e faceva sempre attenzione a lei. Cosa più importante, aveva sempre del tempo per lei e le mostrava le tecniche del combattimento con la spada e le armi quando gli altri non c’erano. Le aveva addirittura permesso di allenarsi con gli altri uomini in più di un’occasione e lei aveva apprezzato ogni singolo momento. Era il più tenace di tutti loro ma era anche quello con il cuore più tenero e per questo lei gli piaceva. Ma se non si rientrava tra i suoi preferiti, c’era da avere paura.
Anvin aveva poca tolleranza per le bugie, era il genere di uomo che doveva sempre giungere all’assoluta verità su ogni cosa. Aveva un occhio scrupoloso e quando si fu avvicinato osservò il cinghiale con attenzione. Kyra lo vide fermarsi a guardare le ferite inferte dalle due frecce. Aveva occhio per i dettagli e se c’era qualcuno che poteva vedere la verità, quello era lui.
Anvin osservò le due ferite, ispezionando le piccole punte di freccia ancora conficcate all’interno, i frammenti di legno dove i suoi fratelli avevano spezzato le frecce. Le avevano rotte vicino all’estremità così che nessuno potesse vedere cosa lo aveva veramente abbattuto. Ma Anvin non era uno qualsiasi.
Kyra guardò Anvin che studiava le ferrite, vide che socchiudeva gli occhi e capì che a primo colpo d’occhio aveva capito la verità. Allungò un braccio, si tolse il guanto e mise le dita nell’occhio del cinghiale tirandone fuori la piccola punta di freccia. La tenne in aria, sanguinante, poi lentamente si voltò verso i due fratelli con sguardo scettico.
“Un punta di lancia, vero?” chiese con tono colmo di disapprovazione.
Un teso silenzio calò sul gruppo mentre Brandon e Braxton apparivano per la prima volta nervosi. Si muovevano sul posto.
Anvin si voltò verso Kyra.
“O una punta di freccia?” aggiunse e Kyra poté quasi vedere gli ingranaggi che gli ruotavano in testa, portandolo alla sua conclusione.
Anvin si avvicinò a Kyra, prese una freccia dalla sua faretra e la portò vicino alla punta di freccia. Erano uguali e tutti potevano constatarlo. Guardò Kyra con orgoglio e lei sentì che tutti gli occhi si puntavano su di lei.
“È stato un tuo tiro, vero?” le chiese. Era un’affermazione più che una domanda.
Lei annuì.
“Sì,” disse con tono inespressivo, adorando Anvin per averla riconosciuta e sentendosi finalmente vendicata.
“Ed è stato il colpo che l’ha abbattuto,” concluse. Era un’osservazione, di nuovo non una domanda, posta con voce forte, definitiva, mentre osservava il cinghiale.
“Non vedo nessun’altra ferita oltre a queste due,” aggiunse facendo scorrere la mano lungo il corpo della bestia e fermandosi vicino all’orecchio. Lo esaminò, poi si voltò verso Brandon e Braxton guardandoli in modo sprezzante. “A meno che non chiamiate ferita questo graffio di lancia qui.”
Sollevò l’orecchio del cinghiale e Brandon e Braxton arrossirono mentre tutti i guerrieri ridevano.
Un altro famoso guerriero si fece avanti: Vidar, grande amico di Anvin, un uomo basso e magro sulla trentina con il viso scarno e una cicatrice sul naso. Con la sua piccola corporatura non sembrava uno del gruppo, ma Kyra lo conosceva bene. Vidar era duro come la roccia, famoso per la sua abilità nel combattimento corpo a corpo. Era uno degli uomini più duri che Kyra avesse mai conosciuto, noto per essere capace di abbattere due uomini grossi il doppio di lui. Troppi uomini, a causa della sua statura minuta, avevano fatto l’errore di provocarlo, per poi imparare la lezione in maniera piuttosto dura. Anche lui aveva preso Kyra sotto la sua ala, sempre protettivo nei suoi confronti.
“Pare che l’abbiano mancato,” concluse Vidar, “e la ragazza li ha salvati. Chi vi ha insegnato a tirare?”
Brandon e Braxton sembravano sempre più nervosi, chiaramente colti con le mani nel sacco e non erano più in grado di dire una sola parola.
“È una cosa grave mentire riguardo a una caccia,” disse Anvin rivolgendosi con tono cupo ai due fratelli. “Sputate il rospo ora. Vostro padre vorrà sentire la verità.”
Brandon e Braxton rimasero lì, spostando i piedi da un posto all’altro, chiaramente a disagio, guardandosi come se fossero dibattuti su cosa dire. Per la prima volta Kyra li vedeva incapaci di parlare.
Proprio quando stavano per aprire bocca, improvvisamente una voce sconosciuta spezzò il silenzio.
“Non