Le Mura Di Tarnek. Goran Segedinac

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Le Mura Di Tarnek - Goran Segedinac

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fuse due scuole, e così si è formata una folla troppo grande. Dice che non aveva intenzione di andare fino all’altro capo della città per una lezione alla settimana”.

      “Tenendo conto della situazione, è molto responsabile da parte sua”.

      “È ricca, può permetterselo”.

      “Incredibile per un’insegnante di filosofia”.

      “Ha avuto un qualche kas, credo si trattasse di un giudice. Quando la Torre di Cristallo lo ha chiamato al riposo, già da tempo le era stato intestato tutto”.

      “Ora si spiega tutto”, sbuffò lui.

      “Ma questo adesso non importa ai fini del racconto. In generale, abbiamo chiacchierato un po’ anche l’altra volta, ma oggi abbiamo continuato. Sai, dopo che ha lasciato il lavoro, si è completamente dedicata alla religione”.

      “Filosofo un giorno, filosofo per tutta la vita. Lo studio della religione non contribuirà granché alla società. Ma probabilmente ci penserà quando perderà tutto quello che ha ereditato”.

      “Non essere così negativo”. Monada con un dolce gesto gli diede un colpetto sotto il tavolo. “Non è affatto male”. E poi aggiunse, abbassando il tono: “E non studia la religione. Voglio dire, la studia, ma non è l’unica cosa che fa”.

      “Oh?”. Ora la cosa iniziava a interessarlo. Fino a che punto l’ozio degli individui è pronto a spingersi?

      “Predica anche”. Sul viso di lei si poteva leggere un sincero stupore. Nelgor trattenne a fatica il riso, non volendo essere interpretato male.

      “Non sapevo che la Chiesa permettesse alle kase di predicare. Moni, sei sicura che qualcuno non si stia prendendo gioco di te?”.

      “Certo che lo sono. Dovresti sentirla”.

      “La religione è piuttosto esplicita quando si tratta di certe cose. Lo è da sempre”.

      “Lo so… ma…”. Si fermò, esaminandolo insicura con lo sguardo. Ha qualcosa in serbo per me.

      “Ma cosa?”.

      “Qui non si tratta… di quella religione”.

      L’unica fede che Tarnek riconosceva era rappresentata dalla Chiesa. Nelgor venerava il Dio Eternorisorto nella misura in cui ciò era normale, astenendosi da ogni cieco fanatismo e inutile superstizione. Capiva molto bene quello che Monada aveva appena condiviso con lui. Era un’altra delle follie causate dalla crisi. Sfortunatamente, c’erano cose ben peggiori con cui l’Ordine doveva fare i conti. La Chiesa potrebbe fare qualcosa almeno quando i problemi sono nel suo campo, pensò.

      “Non vorrai dirmi che hai ascoltato una settara?”. Nella sua voce non c’era rabbia. Era deluso.

      “Sì, e allora? Hai mai sentito qualcuno di loro?”.

      “No, perché ho abbastanza cose più intelligenti di cui preoccuparmi”. I colpi bassi ora erano parte del suo repertorio. “Per quanto lo neghi, non hai idea di come si vive nelle parti più povere della città. Pertanto ti prego di comprendere che considero le farneticazioni degli eretici una perdita di tempo”.

      Incredibilmente, questa volta lei rimase calma. “Si chiamano Predicatori della Verità”.

      “Oh, e pare che chi si fregia di un nome simile probabilmente dica soltanto la verità. Dimmi, le sue predicazioni erano gratis, o le hai pagate come la riparazione del soffitto?”.

      “Non ho pagato niente. La tua reazione è completamente comprensibile, Jotaka dice che…”.

      “Non m’interessa qual che dice Jotaka! Mi fai davvero impazzire se penso che sei seriamente impazzita per simili cose”. L’ultima cosa che voleva era una kasa fanatica religiosa in casa.

      “Non sono impazzita, volevo solo chiacchierare un po’”.

      “Di cosa, in nome di Dio?”.

      “Di quel che ho sentito da lei. Penso… so che non può essere la verità, ma d’altra parte…”.

      “Non c’è un’altra parte, Moni. È una massa di gente da nulla che vuole approfittarsi della paura delle persone”.

      “Predicano solo”.

      “E creano il panico. Qualcuno all’Avamposto mi ha raccontato di aver ascoltato quelle stronzate nel Parco di Pietra. La fine del mondo e altre idiozie. Non capisci cosa c’è dietro? Raccolgono adepti per poi spennarli, è un vecchio trucco da impostori. Prima ti faccio impazzire gratis, e poi sei in mio potere”.

      “Forse è così, però… se avessi sentito come parla…”.

      Le prese la mano nella sua e la guardò negli occhi.

      “Vedi, sai che non do molta importanza a cose del genere. E non penso che ci sia qualcosa di terribile nel fatto che hai iniziato ad ascoltare questa follia. Tuttavia, ti ho sempre considerata razionale e saggia”. Monada lo guardava abbattuta, evidentemente anche lei incerta di dove volesse andare a parare. “Non vorrai mica permettere che qualcuno che conosci appena ti riempia così facilmente quella bella testolina?”.

      “Nessuno ha riempito la mia testolina. Ho solo riflettuto su quel che ho sentito, tutto qui”.

      “Questo è bene. Ma ti prego, t’imploro, non pensarci troppo perché mi preoccuperò seriamente. Idiozie del genere non meritano l’attenzione di una persona normale”.

      “Te l’ho detto, non è proprio come…”.

      Si sentirono dei colpi alla porta. Monada s’interruppe, e lui tra sé e sé ringrazio il vero Dio per questo. Il giorno si era avviato in una direzione totalmente sbagliata. Quando lei aprì, lui riuscì a vedere solo l’orlo della manica dell’ospite inatteso, e ciò fu più che sufficiente per sapere di cosa si trattava. Aveva riconosciuto l’uniforme.

      Senza attendere che glielo dicessero, si alzò e andò nell’altra stanza a cambiarsi d’abito. Uscendo si salutò con Monada, facendo finta di non essersi accorto del suo disagio. Tuttavia, ciò che lo attendeva alla porta lo colse completamente alla sprovvista, e lui borbottò una scusa, confuso. Si aspettava uno dei colleghi giustizieri, di solito qualcuno di loro notificava quelli liberi di tornare in servizio non appena ve n’era l’esigenza. Simili pratiche non erano frequenti, ma capitava che i Pugni annunciassero un controllo o una retata inattesa. Le uniformi si distinguevano solo per le spalle e le cinghie. Maledetta kasa, lo ha lasciato sulla strada. Non distingue i gradi?

      Sul volto del capitano si poteva scorgere solo impazienza.

      “Tutto a posto, giustiziere, sbrigati solo”, gli rispose. “I Pugni hanno ordinato una riunione straordinaria all’Avamposto”.

      »« »« »«

      Il Quinto Avamposto era una delle organizzazioni più rispettate dell’Ordine di Tarnek. Anche se non era così attrezzato come il Primo, era importante per la presenza di giustizieri che erano tradizionalmente tra i meglio valutati nei resoconti annuali.

      Non

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