Le Mura Di Tarnek. Goran Segedinac

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Le Mura Di Tarnek - Goran Segedinac

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a chilometri di distanza, pensò il giustiziere. A un tratto il desiderio di fuggire prese il sopravvento su ogni precauzione e si slanciò verso l’uscita.

      Peccato che non ci fosse più un’uscita. Anche se prima lì c’era il corridoio che lui stesso aveva percorso, ora al suo posto si estendeva una vuota tenebra, quasi viva. Non può essere vero. Veloce come un lampo, vibrò la lama, senza neanche sapere cosa sperava di ottenere, ma al posto del movimento desiderato fece un goffo mezzogiro su sé stesso e per poco non finì a terra. Si scivola come sull’olio, pensò. Il tavolo presso il quale si trovava fino a poco prima aveva perso ogni forma nella distanza, mentre la fiamma della candela era ormai un punto lontano nell’infinito. Laggiù da qualche parte c’era anche il Verde, non poteva vederlo ma sapeva che c’era.

      Poi con un rumore spaventoso tutto prese a girare intorno a lui e l’oscurità prese una forma la cui esistenza gli fece perdere la ragione.

      Mentre con gli ultimi brandelli di coscienza navigava in un mare di terrore, il suo corpo gridò.

      “Abbi pietà dei deboli,

      perché il loro risveglio può essere il tuo”

      Dal Libro della Grazia

      Sarius si ricordava bene il suo primo giorno sulla strada. Aveva subito prestato giuramento all’Eternorisorto per entrare nella Chiesa, e non dovette passare molto tempo prima che gli assegnassero una circoscrizione. Da allora erano trascorsi vent’anni, ma i cambiamenti erano così palpabili che gli sembrava che si trattasse almeno del doppio.

      Un tempo aspettavo l’indomani con impazienza.

      Dall’alba al tramonto i predicatori trascorrevano il loro tempo con i kasi, tempravano la loro forza di volontà e le loro virtù, si godevano i momenti trascorsi insieme e fugavano preoccupazioni e paure. Non molto tempo fa, i cittadini erano soliti andare loro incontro con un sorriso, discutere con loro di Dio e giungere a conclusioni tali da riempire il corpo di gioia. Un tempo avrebbe riconosciuto i loro volti, e si sarebbe fermato a parlare con loro e a benedirli. Oggi era diverso. Passo a passo era andato tutto in malora, non si sa bene come. Semplicemente, era successo.

      Non ci sono più volti familiari.

      La cosa lo angustiava. Le esistenze minacciate, i kasi avevano continuato a migrare da una zona della città all’altra, le loro attività erano sparite e il bisogno li aveva spinti a trovarne di nuove, buona parte delle quali non faceva loro onore. Se anche di tanto in tanto avesse incontrato nella massa un volto conosciuto, non lo avrebbe stupito l’assenza di cordialità. Quando il domani diviene incerto, una parola santa non può offrire una consolazione sufficiente.

      È la stessa cosa dentro di noi.

      Era un segreto di pulcinella. Anche se la Chiesa era una delle parti della società meno minacciate, nonostante la continua ricerca di quello o quell’altro balsamo fosse ormai roba ordinaria, molti fratelli avevano perso le forze e abbandonato il servizio divino. Sarius non lasciava che le voci di corridoio alimentassero i suoi timori, ma sempre più spesso nel suo ordine religioso si potevano sentire racconti che gli facevano venire i brividi.

      Se i più devoti si allontanano tanto dalla retta via, cosa può mai succedere agli altri?

      Qualche giorno prima, fratello Pion era rientrato dal servizio prima del previsto. Sarius non era riuscito a vederlo, ma – secondo quanto aveva sentito – aveva una brutta ferita nella zona delle spalle. Per qualche ragione si era rifiutato di parlare, e la cosa, unita al foro delle dimensioni di una mano che gli aveva quasi trapassato il corpo, aveva causato un’ulteriore inquietudine. Che cosa può terrorizzare tanto un servitore del Sarto dei sogni, del Dio Eternorisorto che senza fallo elargisce i destini? Quali forze oscure si erano moltiplicate tra le mura, e quando qualcuno si sarebbe messo sulla loro strada?

      Anche l’Ordine, certo, ha i suoi problemi.

      Sarius riteneva di possedere una buona capacità di giudizio. Non aveva mai dubitato della propria fede, forse proprio in virtù di questo dono. Una cosa però è credere, un’altra è agire. A che cosa servono le preghiere se non ti sforzi in prima persona di combattere per ciò a cui mirano i tuoi pensieri? Non vi era ragione di negare che erano ormai a un passo dal collasso, e non vi era più motivo di negare che la situazione era fuori controllo. Perché dunque nessuno reagiva? Anche se un piano fosse esistito, il tempo per metterlo in moto era agli sgoccioli. Almeno una parte, solo un piccolo segnale di unità di cui tutti avevano un gran bisogno, al di là del loro status sociale.

      Certo, non si tratta di un unico problema.

      Soltanto un kas stupido lo avrebbe presupposto. Se tutto era diventato evidente con la carenza di balsamo, ciò non significava necessariamente che fosse quello l’unico focolaio. Che cosa mai aveva portato al crollo definitivo della produzione? Per quale motivo le elargizioni dall’Anello Esterno si stavano praticamente estinguendo? Come mai quel suolo per secoli fertile era d’improvviso diventato sterile? E perché in nome di tutto il Consiglio Cittadino non si esprimeva a riguardo? Possibile che il Reggente non contattasse la Gilda dei Veggenti? Sarius era presente quando alla riunione annuale Tenej il Gioioso aveva chiesto al Santo Fratello Kalej la posizione ufficiale della Chiesa su tale questione. Sconsiderato nell’affrontare l’argomento, aveva gettato l’ombra del dubbio sul Sommo Sacerdote e sul suo impegno nella più alta struttura del potere. Fu ammonito all’istante. Sarius lo compativa, profondamente convinto che le sue intenzioni non fossero cattive. Un predicatore tanto rispettato, abbastanza da essere condannato alla rovina. Tuttavia, la decisione doveva essere rispettata, e in un certo senso poteva capirne i retroscena. I tempi erano tali da non permettere dubbi sulla forza e la correttezza dell’autorità, soprattutto negli ordini ufficiali.

      Eternorisorto, dacci la forza per superare tutta questa follia.

      Camminava a rilento attraverso un fiume di kasi. Li guardava in volto, e sembrava che fosse l’unico a farlo. Si spingevano e cadevano, strillavano e s’insultavano. Gli sembrò che a qualche metro da lui fosse scoppiata una lite ma non poteva esserne sicuro per il gran chiasso.

      Un tempo non vi erano risse.

      Strinse forte l’involto sul petto pensando al proprio compito. Quelli che oggi avevano bisogno di lui non si trovavano tra la folla. Si diresse verso il monumento alle stelle ed entrò nel Viale della Luna. La spazzatura non incenerita era ammucchiata attorno a una fontana inaridita. Una filigranetta ricoperta di polvere ne beccava inutilmente l’arida sommità. Gli uccelli sono creature fragili e hanno bisogno di acqua. In tempi più felici le fontane cittadine lavoravano solo per loro, e loro mostravano la propria gratitudine col canto. Da tempo non li vedeva più in stormi.

      Sei rimasto solo, piccolo. Qui non placherai la tua sete.

      Prese a destra all’incrocio successivo, e si fermò davanti a una baracca mezza crollata. Era solo una tra le tante in città che offrivano rifugio agli emarginati. Come se volesse assicurarsi di essere nel posto giusto, fissò attentamente la porta cadente prima di imboccarla e procedere all’interno.

      “Che l’Eternorisorto vi porti la pace”, annunciò la propria presenza. In tutta risposta, qualcuno gemette. Rimase fermo sul posto per qualche istante, finché i suoi occhi non si abituarono all’oscurità. Poi, con un movimento che mostrava la sicurezza di quanto cercava, smosse il mucchio di stracci che si trovava vicino ai suoi piedi.

      Era messa peggio del giorno prima, la cancrena si era diffusa più in fretta di quanto potesse immaginare. Era partita dal petto, ma come un fiore si era diffusa

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