Morte Sui Binari . Блейк Пирс

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Morte Sui Binari  - Блейк Пирс Un Mistero di Riley Paige

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donna dubitava che lui avesse cercato una scusa per molestarla, non esattamente, comunque. Ma, di certo, stava cercando una possibilità per imporre il controllo fisico su di lei. Era piuttosto negativo il fatto che si sentisse di mostrare la presa del soffocamento di sangue e i suoi effetti su di lei, come se la donna non fosse già a conoscenza della tecnica.

      Pensò che fossero stati fortunati, per il fatto che Cullen non avesse davvero messo il braccio intorno al braccio di Riley. Quest’ultima, infatti, avrebbe rischiato di non riuscire a controllarsi. Sebbene l’uomo fosse assurdamente muscoloso, lei avrebbe quasi sicuramente avuto la meglio su di lui. Naturalmente, sarebbe stato piuttosto sconveniente sulla scena di un crimine, e non avrebbe affatto contribuito a promuovere i buoni rapporti tra investigatori. Perciò, Jenn sapeva che era meglio che le cose non fossero sfuggite di mano.

      Come se non bastasse, ora Cullen sembrava essere infastidito dal fatto che Jenn e i suoi colleghi non se sarebbero andati via; certo temeva di perdere la gloria per aver risolto il caso.

      Che sfortuna, stronzo, Jenn pensò.

      Il gruppo emerse dagli alberi ed entrò nel furgone della polizia con Cullen. L’uomo non disse nulla, mentre guidava fino alla stazione di polizia, e anche i suoi compagni dell’FBI erano silenziosi. Lei immaginava che loro, come lei, stavano pensando all’orrenda scena del crimine e al commento di Cullen, in merito ad avere “qualcosa di particolarmente sgradevole di cui occuparsi” alla stazione.

      Jenn odiava gli enigmi, forse perché zia Cora si dimostrava spesso così criptica e minacciosa nei suoi tentativi di manipolazione. E odiava anche vivere con la sensazione che qualcosa nel suo passato potesse distruggere la realizzazione del suo sogno presente di diventare agente FBI.

      Quando Cullen parcheggiò il furgone di fronte alla stazione di polizia, Jenn e i colleghi uscirono e lo seguirono all’interno. Lì, Cullen li presentò al Capo della Polizia di Barnwell, Lucas Powell, un uomo di mezz’età con un mento pronunciato.

      “Venite con me” Powell disse. “Ci sono degli uomini qui. I miei uomini e io non sappiamo come gestire questo genere di situazione.”

      Uomini? Jenn si chiese.

      E che tipo di “situazione” intendeva?

      Il Capo Lucas Powell guidò Jenn, i colleghi e Cullen verso la sala degli interrogatori. All’interno, trovarono due uomini seduti al tavolo, entrambi indossavano dei gilè giallo fosforescente. Uno era alto e snello, più anziano ma di aspetto vigoroso. L’altro invece era quasi della stessa altezza di Jenn, quindi più basso, e probabilmente non molto più grande di lei.

      Stavano bevendo delle tazze di caffè e stavano semplicemente guardando il tavolo.

      Powell presentò prima l’uomo più anziano, e quello più giovane per secondo.

      “Questo è Arlo Stine, il capotreno del treno merci. E questo invece è Everett Boynton, il suo assistente. Quando il treno si è fermato, sono stati loro a tornare indietro e a trovare il corpo.”

      I due uomini guardarono a malapena il gruppo.

      Jenn deglutì. Senz’altro, dovevano essere terribilmente traumatizzati.

      C’era decisamente “qualcosa di piuttosto sgradevole” di cui occuparsi qui.

      Interrogare questi uomini non sarebbe stato facile. A peggiorare le cose, era improbabile che sapessero qualcosa che avrebbe potuto guidarli fino al killer.

      Jenn restò dietro, mentre Riley si sedette al tavolo con gli uomini, e parlò quasi sottovoce.

      “Sono terribilmente dispiaciuta per il fatto che abbiate dovuto assistere a una cosa simile. Come state?”

      L’uomo più anziano, il macchinista, alzò leggermente le spalle.

      “Starò benissimo” disse. “Che lei ci creda o no, ho già visto una cosa simile prima d’ora. Persone uccise sui binari, voglio dire. Ho visto corpi straziati, in maniera di gran lunga peggiore. Non che chiunque ci si abitui, ma …”

      Stine fece un cenno con il capo verso l’assistente e disse: “Ma Everett non l’ha mai vissuta prima.”

      L’uomo più giovane sollevò lo sguardo dal tavolo, e guardò i presenti nella stanza.

      “Starò BENE” disse, con voce tremante, ovviamente provando a sembrare sincero.

      Riley disse: “Mi spiace di chiedervi questo, ma avete visto la vittima proprio prima …?”

      Boynton sussultò bruscamente e non disse nulla.

      Stine rispose: “Solo uno scorcio, tutto qui. Eravamo entrambi sul treno. Ma ero alla radio, a fare una telefonata di routine alla prossima stazione, ed Everett stava facendo i calcoli per la curva che avremmo dovuto passare. Quando il macchinista ha cominciato a frenare e ha azionato il fischio, abbiamo controllato e abbiamo visto … qualcosa, ma non eravamo certi di che cosa fosse in realtà.”

      Stine fece una pausa e poi aggiunse: “Ma, di certo, ci siamo accorti di che cos’era accaduto, quando siamo scesi dal treno per andare a dare un’occhiata.”

      Jenn stava mentalmente ripercorrendo parte della ricerca che aveva fatto durante il volo. Sapeva che il personale sui treni merci era limitato. Nonostante ciò, sembrava che mancasse una persona.

      “Dov’è il macchinista?” lei chiese.

      “La balena?” Toro Cullen disse. “E’ in custodia.”

      La bocca di Jenn si spalancò leggermente.

      Sapeva che “balena” nello slang del personale ferroviario, indicava un macchinista.

      Ma che cosa diavolo stava succedendo qui?

      “L’avete messo in prigione?” lei chiese.

      Powell disse: “Non abbiamo avuto molta scelta.”

      Il capotreno più anziano aggiunse: “Quel pover’uomo, lui non parlerà con nessuno. Le sole parole che ha detto da quando è successo sono: “Rinchiudetemi.” Ha continuato a ripeterlo e ripeterlo.”

      Il capo della polizia locale si giustificò: “Ed è per questo che l’abbiamo rinchiuso. Sembrava la scelta migliore al momento.”

      Jenn era sul punto di esplodere per la rabbia.

      Chiese: “Avete richiesto la presenza di uno psicologo per farlo parlare con lui?”

      Il vice capo della ferrovia disse: “Abbiamo chiesto l’intervento di uno psicologo dell’azienda da Chicago. Sono le regole dell’azienda. Non sappiamo quando arriverà.”

      Riley sembrava davvero stupita ora.

      “Senza dubbio, il macchinista non dovrebbe sentirsi in colpa per l’accaduto” osservò.

      L’assistente sembrò sorpreso.

      “Certo” disse. “Non è stata colpa sua, ma non riesce a farne a meno. Era il responsabile ai comandi. E’ quello che si è sentito più inutile. Lo sta logorando. Odio che sia rinchiuso in quel modo. Ho provato davvero a parlargli, ma non mi guarda nemmeno negli

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