Tracce di Speranza . Блейк Пирс

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Tracce di Speranza  - Блейк Пирс Un Thriller di Keri Locke

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Ray avevano trovato delle cimici a casa e nelle auto. Ciascuno di loro adesso faceva regolari controlli di tutto in cerca di microspie, dai vestiti ai telefoni alle scarpe, prima di discutere di argomenti sensibili. Sospettavano anche che persino l’ufficio del dipartimento fosse monitorato, e si comportavano di conseguenza.

      Era per quello che se ne stavano in un chiassoso ristorante, indossando abiti che avevano frugato in cerca di dispositivi di registrazione, assicurandosi che nessuno ai tavoli vicini sembrasse ascoltare, mentre formulavano il loro piano. Se c’era una persona che non volevano che sapesse che loro erano a conoscenza del Vista, quella persona era Jackson Cave.

      Nei molteplici confronti verbali che aveva avuto con lui, per Keri era diventato chiaro che in Cave qualcosa era cambiato. Forse in origine l’aveva vista come una mera minaccia alla sua attività, un altro ostacolo da superare. Ma non più.

      Dopotutto, lei aveva ucciso due delle sue maggiori macchine da soldi, gli aveva rubato dei documenti dall’ufficio, craccato codici e messo a rischio la sua attività, e forse la sua libertà. Certo, stava facendo tutto quanto per trovare sua figlia.

      Ma aveva percepito che Cave era giunto a vederla come qualcosa di più di una mera avversaria, di una poliziotta alla disperata ricerca della figlia. Sembrava considerarla quasi come la sua nemesi, come una specie di nemico mortale. Non voleva più solo sconfiggerla. Voleva distruggerla.

      Keri era sicura che fosse quella la ragione per cui Evie sarebbe stata il Premio di sangue al Vista. Dubitava che Cave sapesse dove veniva tenuta Evie o chi la stesse tenendo. Ma sicuramente conosceva le persone che conoscevano le persone che sapevano quelle cose. E quasi sicuramente le aveva istruite, almeno indirettamente, perché Evie fosse il sacrificio nella festa del giorno dopo come un modo per spezzare Keri definitivamente.

      Non c’era ragione di pedinarlo né di interrogarlo formalmente. Era decisamente troppo intelligente e attento per fare errori, soprattutto dato che sapeva che lei gli stava addosso. Ma era dietro a tutto quanto – di quello Keri ne era certa. Avrebbe dovuto trovare un altro modo per risolvere la cosa.

      Con un rinnovato senso di risoluzione, alzò lo sguardo e scoprì che Ray la stava osservando attentamente.

      “Da quanto tempo mi fissi?” chiese.

      “Da un paio di minuti, almeno. Non volevo interrompere. Sembrava che stessi facendo pensieri belli profondi. Hai avuto qualche epifania?”

      “No, a dire il vero,” ammise. “Sappiamo entrambi chi c’è dietro, ma non penso che la cosa ci aiuti granché. Devo ricominciare da capo e sperare di beccare nuove piste.”

      “Vuoi dire ‘dobbiamo’, giusto?” disse Ray.

      “Non devi andare al lavoro oggi? Sei rimasto a casa un po’ a prenderti cura di me.”

      “Starai scherzando, Campanellino,” disse con un sorriso alludendo alla loro massiccia disparità di dimensioni. “Tu pensi che io me ne vada in ufficio con tutto quello che sta succedendo? Mi prenderò ogni malattia, permesso e giorno di ferie che ho se serve.”

      Keri sentì tutto il petto scaldarsi di gioia, ma cercò di nasconderlo.

      “Lo apprezzo, Godzilla,” disse. “Ma dato che sono ancora sospesa per via delle indagini degli affari interni, potrebbe esserci utile che tu approfittassi di alcune di quelle risorse ufficiali della polizia alle quali hai accesso.”

      Keri tecnicamente era sospesa mentre gli affari interni indagavano sulle circostanze dell’omicidio da lei compiuto di Brian “il collezionista” Wickwire. Il loro supervisore, il tenente Cole Hillman, aveva indicato che presto probabilmente sarebbe giunto tutto a una conclusione in suo favore. Però, fino ad allora, Keri non aveva distintivo, non aveva la pistola d’ordinanza, nessuna autorità formale, e nessun accesso alle risorse della polizia.

      “C’è qualcosa di particolare che secondo te dovrei cercare?” chiese Ray.

      “A dire il vero, sì. Susan ha detto che una delle ragazze che hanno fatto da Premio di sangue era un’ex attrice bambina diventata tossicodipendente e finita per strada. Se è stata stuprata e uccisa, in modo particolare col taglio della gola, ce ne dovrebbe essere una testimonianza, no? Non ricordo che la cosa sia finita sui notiziari, però magari me la sono persa. Se riuscissi a ripescare la cosa, magari il controllo completo della scientifica includeva il DNA preso dal seme dell’uomo che l’ha aggredita.”

      “È possibile che non ci abbia neanche pensato nessuno a prendere il DNA,” aggiunse Ray. “Se hanno trovato quella ragazza morta con la gola tagliata, potrebbero non aver sentito il bisogno di fare altro. Se riusciamo a capire chi era lei, magari riusciamo a far fare altri test, mettergli fretta e identificare l’uomo che era con lei.”

      “Esattamente,” disse d’accordo Keri. “Però ricordati di essere discreto. Coinvolgi meno persone possibili. Non sappiamo quante orecchie abbia nell’edificio il nostro avvocato.”

      “Capito. Allora, cosa hai in programma di fare tu mentre io leggo attentamente vecchi verbali di teenager assassinate?”

      “Io andrò a interrogare una possibile testimone.”

      “E chi?” chiese Ray.

      “La prostituta amica di Susan, Lupita – quella che ha detto di aver sentito quei tipi parlare del Vista. Magari si ricorderà dell’altro, con un po’ d’aiuto.”

      “Okay, Keri, ma ricordati di andarci pianino. Quella zona di Venice è dura e tu non sei ancora al massimo della forma. E poi, almeno per adesso, non sei neanche una poliziotta.”

      “Grazie della preoccupazione, Ray. Ma penso che ormai dovresti saperlo. Andarci piano non è il mio stile.”

      CAPITOLO TRE

      Mentre Keri accostava di fronte all’indirizzo di Venice che Susan le aveva mandato per messaggio, si costrinse a dimenticarsi del dolore persistente che aveva al petto e al ginocchio. Stava entrando in un territorio potenzialmente pericoloso. E dato che al momento non era ufficialmente al lavoro, doveva stare in allerta massima. Nessuno lì le avrebbe dato il beneficio del dubbio.

      Era solo metà mattina, e attraversando la Pacific Avenue in quella squallida striscia di Venice la sua sola compagnia erano i surfisti tatuati ignari del freddo che puntavano all’oceano ad appena un isolato di distanza, e i senzatetto rannicchiati nelle soglie dei negozi non ancora aperti.

      Arrivò al malmesso condominio, attraversò la porta principale sul davanti, e salì le tre rampe di scale fino alla stanza in cui, presumibilmente, l’aspettava Lupita. Di solito non si tirava su lavoro prima di pranzo, perciò quello era un buon momento per passare.

      Keri si avvicinò alla porta e stava per bussare quando udì del rumore venire da dentro. Controllò e scoprì che la porta non era chiusa a chiave e silenziosamente la aprì, facendo capolino all’interno.

      Sul letto della stanza disadorna c’era una mora che sembrava avere circa quindici anni. Sopra di lei c’era un atletico uomo nudo sui trenta. Le coperte nascondevano i particolari, ma stava spingendo in modo aggressivo. Ogni qualche secondo schiaffeggiava la ragazza in viso.

      Keri combatté la voglia di marciare dentro e strapparle il tipo di dosso. Persino senza distintivo, era la sua inclinazione naturale. Ma non aveva idea se fosse un cliente e se l’attività che stava avendo luogo fosse una procedura standard.

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