Sogno Da Mortali . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Sogno Da Mortali - Морган Райс страница 5
Erec poteva vedere i soldati dell’Impero occupare ciascuna delle sue navi, compresa la sua: c’erano una decina di soldati di guardia per ogni nave che guardavano con noncuranza verso l’oceano. Su ciascuna delle sue navi si trovavano un centinaio di uomini allineati, con i polsi legati dietro alla schiena. Erano in numero superiore rispetto alle guardie dell’Impero, ma queste non se ne preoccupavano di sicuro. Con tutti gli uomini legati non avevano bisogno che nessuno li sorvegliasse, meno che meno dieci soldati. Gli uomini di Erec si erano arresi, la loro flotta era stata bloccata e non c’era per loro nessun posto dove andare.
Mentre Erec guardava la scena davanti a sé si sentiva oppresso dal senso di colpa. Non si era mai arreso prima in vita sua e aver fatto una cosa del genere gli doleva da morire. Doveva ricordarsi che era un comandante ora, non un semplice soldato di fanteria, e aveva la responsabilità su tutti i suoi uomini. In minoranza numerica come si erano trovati non avrebbe potuto permettere che venissero tutti uccisi. Erano chiaramente caduti in trappola a causa di Krov e ora combattere sarebbe stato inutile. Suo padre gli aveva insegnato che la prima legge nell’essere un comandante era di sapere quando combattere e quando deporre le armi e scegliere di lottare un altro giorno, in un altro modo. Erano la sbruffoneria e l’orgoglio, gli aveva detto, a condurre alla morte la maggior parte degli uomini. Era un buon consiglio, ma difficile da seguire.
“Io, per me, avrei combattuto,” disse una voce accanto a lui, risuonando quasi come la voce della sua coscienza.
Erec si voltò e vide suo fratello Strom, legato al palo come lui, con aspetto irremovibile e sicuro come sempre, nonostante le circostanze.
Erec si adombrò.
“Tu avresti combattuto e tutti i nostri uomini sarebbero morti,” gli rispose.
Strom scrollò le spalle.
“Andremo a picco ad ogni modo, fratello mio,” rispose. “L’Impero non possiede altro che crudeltà. Almeno, a modo mio, saremmo morti con gloria. Ora verremo uccisi da questi uomini, ma non in piedi, bensì già sdraiati a terra, con le loro spade alla gola.”
“O peggio,” disse uno dei comandanti di Erec, legato al palo accanto a Strom. “Verremo fatti schiavi e non vivremo mai più da uomini liberi. È per questo che ti abbiamo seguito?”
“Voi non capite niente,” disse Erec. “Nessuno sa cosa farà l’Impero. Almeno siamo vivi. Almeno abbiamo una possibilità. Nell’altro modo si sarebbe trattato di morte certa.”
Strom guardò Erec contrariato.
“Non è il genere di decisione che avrebbe preso nostro padre.”
Erec arrossì.
“Non puoi sapere cosa avrebbe fatto nostro padre.”
“No?” ribatté Strom. “Ho vissuto con lui, sono cresciuto con lui sull’isola per tutta la vita, mentre tu bighellonavi in giro per l’Anello. Lo conoscevi appena. E io dico che nostro padre avrebbe combattuto.”
Erec scosse la testa.
“Sono parole semplici per un soldato,” ribatté. “Se fossi un comandante le tue parole potrebbero essere diverse. Conoscevo abbastanza bene nostro padre da sapere che avrebbe salvato i suoi uomini a ogni costo. Non era avventato, né impetuoso. Era orgoglioso, ma non traboccante di fierezza. Nostro padre il soldato, da giovane, come te, magari avrebbe combattuto; ma nostro padre il re sarebbe stato prudente e avrebbe preferito vivere per combattere piuttosto un altro giorno. Ci sono cose che capirai, Strom, quando crescerai e diventerai un uomo.”
Strom arrossì.
“Sono più uomo di te.”
Erec sospirò.
“Non capisci veramente cosa significhi battaglia,” gli disse. “Non fino a quando perdi. Non fino a quando vedi i tuoi uomini morire davanti ai tuoi occhi. Tu non hai mai perso. Sei rimasto al riparo sull’isola per tutta la vita. E questo ha plasmato la tua arroganza. Ti voglio bene in quanto fratello, ma non da comandante.”
Fecero silenzio, una sorta di tesa tregua, mentre Erec sollevava lo sguardo verso la notte guardando le infinite stelle e contemplando la situazione. Amava veramente suo fratello, ma troppo spesso nella vita avevano litigato su ogni cosa. Non vedevano proprio le cose nello stesso modo. Erec si concesse del tempo per raffreddarsi, per respirare profondamente, poi si voltò verso Strom.
“Non intendo che ci arrendiamo,” aggiunse con maggiore calma. “Non da prigionieri e non da schiavi. Devi guardare la situazione da un punto di vista più ampio: la resa a volte è solo il primo passo verso la battaglia. Non ti scontri sempre con un nemico con le spade già sguainate: a volte il miglior modo per combattere è a braccia aperte. Puoi sempre brandire la spada più tardi.”
Strom lo guardò confuso.
“E poi come prevedi di tirarci fuori da tutto ciò?” gli chiese. “Abbiamo ceduto le nostre armi. Siamo prigionieri, legati, incapaci di muoverci. Siamo accerchiati da una flotta di mille navi. Non abbiamo alcuna possibilità.”
Erec scosse la testa.
“Non stai guardando il quadro intero,” gli disse. “Nessuno dei nostri uomini è morto. Abbiamo ancora le nostre navi. Saremo anche prigionieri, ma vedo poche guardie dell’Impero su ciascuna delle nostre navi, il che significa che siamo in strepitosa maggioranza. Tutto ciò che serve è una scintilla per appiccare il fuoco. Possiamo prenderli di sorpresa, quindi possiamo scappare.”
Strom scosse la testa.
“Non possiamo batterli,” gli disse. “Siamo legati, inermi, quindi i numeri non contano nulla. E anche se potessimo, verremmo annientati dalla flotta che ci circonda.”
Erec si voltò ignorando su fratello, non interessato al suo pessimismo. Guardò invece Alistair, seduta a qualche metro da lui, legata a un palo dall’altra parte. Gli si spezzò il cuore a guadarla: era lì seduta prigioniera, tutto a causa sua. Per se stesso non gli interessava essere prigioniero: era il prezzo della guerra. Ma a guardare lei gli si spezzava il cuore. Avrebbe dato qualsiasi cosa per non vederla in quello stato.
Erec si sentiva talmente in debito con lei: gli aveva salvato la vita un’altra volta al Dorso del Drago, contro il mostro marino. Sapeva che era ancora debole per lo sforzo, sapeva che sarebbe stata incapace di raccogliere ogni genere di energia. Ma Erec sapeva anche che Alistair era la loro unica speranza.
“Alistair,” la chiamò di nuovo, come aveva fatto tutta la notte, a intervalli di pochi minuti. Si chinò verso di lei e con il piede sfiorò il suo, esortandola delicatamente. Avrebbe fatto ogni cosa per sciogliere le corde, per essere capace di avvicinarsi a lei, per abbracciarla, per liberarla. Era la peggiore sensazione di inutilità starle vicino e non poter fare nulla.
“Alistair,” la chiamò. “Per favore. Sono Erec. Svegliati. Ti imploro. Ho bisogno di te, abbiamo tutti bisogno di te.”
Attese, come aveva