Una Corte di Ladri . Морган Райс

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Una Corte di Ladri  - Морган Райс Un Trono per due Sorelle

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penti adesso, ragazza malvagia?” chiese la sorella mascherata.

      Sofia l’avrebbe uccisa in quel momento se ci fosse stata anche una minima opportunità, sarebbe scappata mille volte se solo avesse potuto pensare a un’occasione di filarsela. Lo stesso si sforzò di mantenere fermo il corpo scosso dai singhiozzi, senza annuire in alcun modo, sperando di poter apparire sufficientemente mortificata.

      “Per favore,” implorò. “Mi spiace. Non sarei dovuta scappare.”

      Sorella O’Venn si portò più vicina a lei e rise. Sofia vide la sua rabbia, e la brama di averne di più.

      “Pensi che non possa giudicare quando una ragazza sta mentendo?” chiese. “Avrei dovuto saperlo dal momento in cui sei venuta qui, che sei una miserabile, dato il luogo da dove provieni. Ti renderò adeguatamente penitente. Ti farò perdere la malvagità a furia di bastonate, se necessario!”

      Si rivolse poi agli altri, e Sofia odiò il fatto che stessero solo guardando, fermi come statue, spaventati tanto da restare immobili. Perché non la aiutavano? Perché non stavano almeno arretrando per l’orrore, scappando dalla Casa degli Indesiderati per andare il più lontano possibile da quelle cose? Invece se ne stavano lì mentre sorella O’Venn camminava davanti a loro, con la frusta insanguinata in mano.

      “Venite da noi come una nullità, come una prova del peccato di un altro, o come qualcosa di scaricato addosso al mondo!” esclamò la suora mascherata. “Vivete qui sotto forma di ragazzi e ragazze pronti a servire il mondo come vi viene richiesto. Questa ragazza ha cercato di scappare prima del suo contratto di vincolo. Si è goduta anni di sicurezza e istruzione qui da noi, e poi ha cercato di scappare senza pagarne il costo!”

      Perché il prezzo era il resto delle vite degli orfani, trascorse da persone vincolate a chiunque potesse permettersi il costo della loro crescita. In teoria sarebbero dovuti essere in grado di ripagare il prezzo, ma quanti lo facevano, e cosa soffrivano negli anni che impiegavano a farlo?

      “Questa ragazza avrebbe dovuto essere vincolata giorni fa!” disse la suora mascherata indicandola. “Bene, domani lo faremo. Sarà venduta come la sciagurata ingrata che è, e non ci sarà niente di facile per lei adesso. Non ci saranno uomini gentili in cerca di una moglie da acquistare, né nobili alla ricerca di una serva.”

      Questo era ciò che passava per una vita bella e facile in quel posto. Sofia odiava quel fatto tanto quanto odiava la gente che c’era lì. Odiava anche il pensiero di quello che sarebbe potuto accaderle. Era stata quasi sul punto di diventare la moglie di un principe, e ora…

      “Gli unici che vorranno un essere malvagio come questo,” disse sorella O’Venn, “sono uomini crudeli con scopi crudeli. La ragazza se l’è cercata, e ora andrà dove deve.”

      “Dove scegliete di mandarmi voi!” ribatté Sofia, perché dai pensieri della suora mascherata poteva vedere che aveva mandato a chiamare le peggiori persone cui si potesse pensare. C’era una sorta di tormento nell’essere in grado di vedere questo. Si guardò ancora attorno, osservando tutte le suore mascherate presenti, cercando di fissare attraverso i veli per raggiungere le donne che vi erano celate sotto.

      “Finirò da gente del genere perché voi avete scelto di mandarmici. Avete scelto voi di vincolarci. Ci vendete come se non fossimo nulla!”

      “Siete nulla,” disse sorella O’Venn, spingendo di nuovo la piastra di legno nella bocca di Sofia.

      Sofia le lanciò un’occhiata di fuoco, allungando i sensi per cercare là dentro un qualche briciolo di umanità. Ma non c’era nulla del genere da trovare, solo crudeltà mascherata da necessaria rigidità, e malvagità che fingeva di essere dovere, senza nessuna vera convinzione alla base. A sorella O’Venn semplicemente piaceva fare del male ai deboli.

      Quindi fece male a Sofia, e non c’era nulla che lei potesse fare se non gridare.

      Si gettò contro le funi, cercando di liberarsi o almeno di trovare un minimo spazio in cui fuggire alla frusta che le faceva pagare quella penitenza. Non c’era nulla che potesse fare, però, eccetto gridare, implorando tacitamente contro il legno che mordeva mentre i suoi poteri portavano le sue grida in città, sperando che sua sorella sentisse da qualche parte ad Ashton.

      Non ci fu alcuna risposta, se non il regolare fischio della striscia di cuoio nell’aria e lo schiocco della stessa contro la sua schiena insanguinata. La suora mascherata la picchiava con forza apparentemente inesauribile, ben oltre il punto in cui le gambe di Sofia fossero in grado di sorreggerla, e oltre il punto in cui avesse abbastanza forza per gridare.

      Passati questi limiti, ad un certo punto, perse probabilmente i sensi, ma questo non fece alcuna differenza. A quel punto anche gli incubi di Sofia erano cose di violenza, che le riportavano vecchi sogni di una casa in fiamme e di uomini da cui doveva scappare. Quando tornò in sé, avevano finito e gli altri se n’erano andati da tempo.

      Ancora legata al suo posto, Sofia pianse mentre la pioggia le lavava via il sangue delle ferite. Sarebbe stato facile pensare che non potesse andare peggio di così, ma non era vero.

      Poteva andare molto peggio.

      E il giorno dopo sarebbe successo.

      CAPITOLO DUE

      Kate stava sopra ad Ashton e la guardava bruciare. Aveva pensato che sarebbe stata felice di vederla sparire, ma non si trattava solo della Casa degli Indesiderati e degli spazi dove i lavoratori del molo tenevano i loro barconi.

      Questo era tutto.

      Legno e paglia prendevano fuoco, e Kate poteva percepire il terrore della gente all’interno dell’ampio cerchio di case. I cannoni rombavano al di sopra delle grida di chi moriva, e Kate vide righe di edifici che cadevano facilmente come se fossero fatti di carta. Gli archibugi risuonarono, mentre le frecce riempivano l’aria, così fitte che era difficile vedere il cielo dietro ad esse. Caddero e Kate camminò in mezzo a quella pioggia con la strana calma distaccata che poteva derivare solo dal trovarsi in un sogno.

      No, non un sogno. Questo era di più.

      Qualsiasi fossero i poteri della fontana di Siobhan, ora scorrevano nel corpo di Kate, e lei vedeva la morte tutt’attorno a sé. I cavalli galoppavano nelle strade, i cavalieri avanzavano con sciabole e costolieri. Le grida la circondavano completamente, fino a sembrare riempire la città proprio come il fuoco. Anche il fiume sembrava essere in fiamme adesso, anche se mentre Kate guardava, vide che erano i barconi che ne riempivano l’ampiezza, con le lingue di fuoco che ondeggiavano da una all’altra mentre gli uomini lottavano per levarsi di torno. Kate era stata su un barcone, e poteva immaginare quanto spaventose dovessero essere quelle fiamme.

      C’erano figure che correvano tra le strade, ed era difficile distinguere la differenza tra i cittadini nel panico e quelli con le uniformi color ocra all’inseguimento con lame pronte ad abbatterli mentre fuggivano. Kate non aveva mai visto il saccheggio di una città prima d’ora, ma questa era una cosa orribile. Era violenza gratuita, senza nessun segno di potersi fermare.

      C’erano file di rifugiati oltre la città adesso, in fuga con qualsiasi bene di valore che potessero portare con sé mentre andavano verso altre parti del paese. Avrebbero cercato ospitalità nelle Vie Equestri o sarebbero andati oltre, o forse in città come Treford o Barriston?

      Poi Kate vide i cavalieri che si avventavano contro di loro, e capì che non ce l’avrebbero fatta. C’era fuoco alle loro spalle,

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