La Bugia Perfetta. Блейк Пирс

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La Bugia Perfetta - Блейк Пирс

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come personal trainer in una palestra esclusiva dove si era specializzata in clienti di alta levatura. È possibile che alcuni di loro si stizziscano se il Dipartimento di Polizia di Los Angeles non investirà sufficienti risorse nel caso.”

      “Esatto,” disse Hernandez entusiasta. “Qui sta il nostro ingresso, Jessie. Se conosco bene Decker, non vorrà rischiare di alienare il popolo, se può evitarlo. Assegnare il caso a un detective della HHS e a una celebre profiler forense lo allontanerà da ogni genere di critica. E poi sembra veramente fatto apposta per farci tornare tranquillamente al lavoro. Non ci sono segni di violenza. Se è stato un omicidio, parliamo probabilmente di avvelenamento o di qualcosa del genere. Mi sembra un fantastico caso privo di accoltellamenti.”

      “A me sembrava piuttosto convinto nel volerci far stare incollati alle scrivanie per un po’,” gli ricordò Jessie.

      “Io penso che accetterà,” insistette Hernandez. “E poi è così distratto con la sparatoria tra le gang, che potrebbe dire di sì anche solo per sbarazzarsi di noi. Almeno proviamoci.”

      “Vengo con te,” disse Jessie. “Ma non parlo io. Se taglierà la testa di uno di noi, sarà la tua.”

      “Codarda,” le rispose lui con tono canzonatorio.

      *

      Jessie doveva ammettere che Ryan Hernandez era bravo.

      Gli bastò pronunciare le parole “clienti abbienti”, “Hollywood” e “probabile suicidio” perché Decker li mandasse fuori a lavorare sul caso. Quelle parole chiave erano andate tutte a colpire i punti deboli del loro capo: la sua paura della cattiva pubblicità, il costante obiettivo di non alienare i suoi supervisori e il suo profondo desiderio di non avere la costante presenza assillante del detective Hernandez alle calcagna.

      La sua unica regola era piuttosto semplice.

      “Se inizia a sembrare un omicidio e vi pare che il colpevole sia uno avvezzo alla violenza, chiamatemi per darvi rinforzi.”

      Ora, mentre Hernandez andava verso Hollywood, sembrava quasi traboccante di entusiasmo. E così sembrava anche il suo piede sull’acceleratore.

      “Stai attento con la velocità, Schumacher,” lo mise in guardia Jessie. “Non voglio finire in un incidente mentre vado sulla scena di un caso.”

      Non fece nessuna allusione alla loro conversazione di prima, decidendo di lasciare che fosse lui a risollevare l’argomento quando l’avesse ritenuto opportuno. Non ci volle molto. Dopo che l’iniziale entusiasmo per essere effettivamente diretti verso la scena di un crimine fu svanito, Hernandez si voltò a guardarla.

      “Allora, ecco il fatto,” iniziò, le parole che gli uscivano dalla bocca più velocemente del solito. “Avrei dovuto contattarti più spesso quando le acque si sono calmate. Voglio dire, all’inizio l’ho fatto, ovviamente. Ma tu eri malconcia e non parlavi molto, cosa che capisco benissimo.”

      “Davvero?” chiese Jessie scettica.

      “Certamente,” rispose lui, mentre usciva dall’autostrada 101 e si immetteva sulla Vine Street. “Hai dovuto uccidere tuo padre. Anche se era un pazzo, era tuo padre. Ma non ero sicuro di come parlarne con te. E c’era il fatto che il tuo padre psicolabile mi aveva accoltellato. Non è stata colpa tua, ma avevo paura che tu lo pensassi. Quindi avevo tutte queste cose in testa mentre ogni tanto lo stomaco mi andava in emorragia, e mi riempivano di antidolorifici, e cercavo di mandare giù qualcosa da mangiare. E quando ho pensato di poter discutere della cosa in modo del tutto adulto e consapevole, mia moglie mi ha formalmente servito le carte del divorzio. Doveva succedere, lo so, ma c’è stato qualcosa nel ricevere realmente quei documenti ufficiali, soprattutto mentre ero ancora in ospedale, che mi ha veramente devastato. Sono caduto in questo buco nero. Non volevo mangiare. Non voleva fare riabilitazione. Non volevo parlare con nessuno, cosa che invece avrei dovuto fare.”

      “Posso raccomandarti qualcuno se…” iniziò a dire Jessie.

      “Grazie, ma a dire il vero è tutto a posto adesso,” la interruppe lui. “Decker alla fine mi ha ordinato di vedere qualcuno. Ha detto che c’era il pericolo che non mi facesse tornare se non mi fossi rimesso a posto. Quindi l’ho fatto. E mi è stato di aiuto. Ma allora erano tipo passate sei settimane dall’aggressione, e mi sembrava strano chiamarti così, di punto in bianco. E a essere onesto, non ero sicuro al 100% di stare bene… psicologicamente, e non volevo perdere il controllo quando avrei parlato con te seriamente per la prima volta dopo che entrambi avevamo rischiato di morire. Allora ho tergiversato ancora un po’. E poi c’è l’altra cosa.”

      “Quale altra cosa?”

      “Sai quella cosa dei ‘colleghi che vanno d’accordo e poi la situazione diventa strana perché forse c’è qualcosa’? Non sto immaginando cose inesistenti, vero?”

      Jessie fece un profondo respiro prima di rispondere. Dare una risposta onesta avrebbe cambiato le cose. Ma lui stava mettendo tutto allo scoperto sul tavolo. Era da codardi non fare lo stesso.

      “No, non stai immaginando niente.”

      Hernandez rise con leggero disagio, una risata che si trasformò in un susseguirsi di colpi di tosse.

      “Stai bene?” gli chiese Jessie.

      “Sì, solo che… ero nervoso al pensiero di parlare dell’ultima cosa.”

      Rimasero in silenzio per un minuto mentre lui si destreggiava nel traffico della Sunset Boulevard, cercando di trovare un posto dove parcheggiare.

      “Quindi questo è il fatto?” chiese lei alla fine.

      “Questo è il fatto,” confermò lui, mentre finalmente posteggiava.

      “Sai,” disse lei con voce delicata. “Non sei per niente fico come inizialmente pensavo che fossi.”

      “È tutta una facciata,” disse lui un po’ scherzosamente, ma chiaramente solo un po’.

      “In un certo senso mi piace. Ti rende più… avvicinabile.”

      “Dovrei dire grazie, penso.”

      “Beh, forse dovremmo parlarne un po’ di più,” rispose lei.

      “Penso che sarebbe la cosa matura da fare,” confermò lui. “Intendi dopo che abbiamo dato un’occhiata al cadavere su di sopra, giusto?”

      “Sì, Ryan. Prima il cadavere. Poi le conversazioni strane.”

      CAPITOLO QUATTRO

      Fu come se nella testa di Jessie si fosse accesa la luce.

      Nel momento in cui chiuse la portiera dell’auto e guardò l’edificio che ora conteneva il cadavere di una donna, la sua mente si schiarì. Tutti i pensieri che ruotavano attorno al suo padre assassino, alla sua sorellastra orfana e alle proprie mezze probabilità sentimentali svanirono.

      Lei e Ryan erano sul marciapiede vicino all’angolo tra la Sunset e la Vine e guardavano la zona. Questo era il cuore di Hollywood e Jessie era stata qui un sacco di volte. Ma era sempre successo per una cena, un concerto, o un film oppure uno spettacolo dal vivo. Non si era mai veramente concentrata su questo posto pensandolo come un luogo

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