Quasi scomparsa. Блейк Пирс

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Quasi scomparsa - Блейк Пирс

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style="font-size:15px;">      “Quindi hai deciso di stare dalla sua parte?” sibilò Margot. “Fidati, te ne pentirai, proprio come ho fatto io. Non la conosci come la conosco io”. Puntò il dito con una perfetta manicure scarlatta verso Antoinette, che iniziò a piangere. “È proprio come sua —”

      “Smettila!” ruggì Pierre. “Non accetto discussioni a tavola — Margot, ora stai zitta, hai detto abbastanza.

      La donna si alzò in piedi così rapidamente, che la sua sedia cadde con uno schianto.

      “Mi stai dicendo di tacere? Bene, allora me ne vado. Ma non pensare che non abbia provato ad avvisarti. Avrai ciò che ti meriti, Pierre”. Si diresse verso la porta, ma poi si voltò nuovamente, fissando Cassie con un odio malcelato.

      “Avrete tutti quello che vi meritate”.

      CAPITOLO OTTO

      Cassie trattenne il respiro mentre Margot si allontanava rabbiosamente lungo il corridoio. Guardandosi intorno, la ragazza si rese conto di non essere l'unica ad essere rimasta scioccata per lo sfogo feroce della donna. Marc aveva gli occhi spalancati e la bocca sigillata. Ella si stava succhiando il pollice. Antoinette aveva una silenziosa espressione furibonda.

      Bisbigliando un'imprecazione, Pierre spinse indietro la sua sedia.

      “Me ne occupo io”, disse, dirigendosi verso la porta. “Tu metti i bambini a letto”.

      Contenta di aver qualcosa da fare, Cassie si alzò, dando un'occhiata alle stoviglie in disordine sulla tavola. Doveva riordinare o chiedere ai bambini di dare una mano? La tensione si poteva tagliare con un coltello. La ragazza desiderava poter fare una qualunque semplice faccenda domestica, come lavare i piatti, per provare un po’ di calma e tranquillità.

      Antoinette notò la direzione del suo sguardo.

      “Lascia tutto dove si trova", scattò. “Qualcuno pulirà più tardi”.

      Cercando di usare un tono allegro, Cassie disse “Bene allora, è ora di andare a dormire”.

      “Non voglio andare a letto”, protestò Marc, dondolandosi sulla sedia. Quando perse l'equilibrio, urlò con finto terrore e si aggrappò alla tovaglia. Cassie corse in suo soccorso. Fece in tempo ad impedire che la sedia cadesse, ma non fu veloce abbastanza per evitare che Marc facesse ribaltare due bicchieri e facesse cadere un piatto sul pavimento.

      “Di sopra", ordinò la ragazza, cercando di usare un tono deciso, ma la voce era acuta e tremolante per la stanchezza.

      “Voglio uscire”, disse Marc, correndo verso la porta finestra. Al ricordo di come l'aveva seminata nei boschi, Cassie gli corse subito dietro. Quando lo raggiunse, il bambino aveva già girato la chiave nella porta, ma lei riuscì ad afferrarlo e fermarlo prima che potesse aprirla ed uscire. La ragazza vide il loro riflesso nel vetro scuro. Il bambino con i capelli ribelli e un'espressione impenitente — e se stessa. Con le dita gli afferrava le spalle, aveva gli occhi spalancati e ansiosi, e il viso bianco come un lenzuolo.

      Vedere il proprio riflesso in quel momento inaspettato le fece comprendere quanto, fino a quel momento, avesse fallito nel compiere il suo dovere. Erano passate 24 ore dal suo arrivo, e non aveva avuto il controllo per un solo minuto. Pensare il contrario voleva solo dire prendersi in giro. Le sue aspettative di entrare a far parte della famiglia, ed essere amata, o almeno apprezzata, dai bambini, non potevano essere più lontane dalla realtà. I ragazzi non avevano un minimo di rispetto nei suoi confronti, e lei stessa non aveva idea di come avrebbe potuto cambiare le cose.

      “È ora di andare a dormire”, ripetè stancamente, e tenendo la mano sinistra saldamente sulla spalla di Marc, tolse le chiavi dalla serratura. Notò un gancio posto in alto sul muro, e ve le appese. Poi, condusse il bambino al piano di sopra senza mollare la presa. Ella camminò accanto a loro, e Antoinette li seguì scoraggiata, sbattendosi la porta alle spalle una volta entrata in camera, senza neanche dire buonanotte.

      “Vuoi che ti legga una storia?” chiese a Marc, ma lui scosse la testa.

      “Va bene. A letto, allora. Se vai a dormire ora, domani puoi alzarti e giocare coi tuoi soldatini”.

      Era l'unico incentivo che le venne in mente, ma sembrò funzionare; o forse il bambino aveva finalmente ceduto alla stanchezza. In ogni caso, con suo grande sollievo, Marc fece come richiesto. Cassie tirò su il piumone per coprirlo, notando che le mani le tremavano per l'enorme stanchezza. Se Marc avesse provato a liberarsi un'altra volta, era certa di scoppiare in lacrime. Non era sicura che il bambino sarebbe rimasto a letto, ma almeno per ora il suo compito era stato svolto.

      “Io voglio una storia”. Ella le tirò il braccio. “Me ne leggi una?”

      “Certo”. Cassie andò nella camera della bambina e scelse un libro dalla piccola selezione sullo scaffale. Ella corse a letto, saltando sul materasso per l'eccitazione, e la giovane si chiese quante volte le avessero letto una storia in passato, perché non sembrava fosse una cosa abitudinaria. Sebbene, pensò, fino a quel momento non aveva notato molti dettagli della vita di Ella che si potessero considerare normali.

      Le lesse la storia più corta che riuscì a trovare, e si ritrovò con Ella che insisteva per leggerne una seconda. Quando giunse alla fine e chiuse il libro, Cassie non riusciva più a distinguere le parole. Alzando lo sguardo, vide con suo grande sollievo che la lettura aveva fatto calmare la bambina, che si era finalmente addormentata.

      La ragazza spense la luce e chiuse la porta. Tornando indietro lungo il corridoio, controllò in camera di Marc, cercando di fare il minor rumore possibile. Grazie al cielo, la stanza era ancora buia, e Cassie riusciva a sentire un leggero respiro.

      Quando aprì la porta di Antoinette, la luce era accesa. La ragazzina era seduta a letto e stava scrivendo in un libro dalla copertina rosa.

      “Si bussa prima di entrare”, rimproverò Cassie. “È una regola”.

      “Scusami. Prometto che lo farò d'ora in poi”, si scusò lei. Temeva che Antoinette trasformasse questa infrazione in un litigio, ma invece la ragazzina riportò l'attenzione al suo quaderno, e scrisse qualche altra parola prima di chiuderlo.

      “Stai finendo i compiti?” le chiese Cassie, sorpresa, perché non pensava che Antoinette fosse una persona che lasciava le cose all'ultimo minuto. La sua stanza era perfetta. I vestiti che si era tolta di dosso erano piegati del cesto della biancheria, e il suo zaino di scuola, pronto e al suo posto, si trovava sotto una scrivania bianca ed impeccabilmente in ordine.

      Si chiese se Antoinette si sentisse come se la sua vita fosse fuori controllo, e stesse cercando di compensare nel suo ambiente privato. O forse, dato che la ragazzina aveva dimostrato chiaramente che era infastidita dalla presenza di una ragazza alla pari, magari stava cercando di dimostrare che non aveva bisogno di nessuno che si prendesse cura di lei.

      “I compiti li ho già finiti. Stavo scrivendo sul mio diario”, le disse Antoinette.

      “Lo scrivi tutte le sere?”

      “Quando sono arrabbiata”, rimise il tappo sulla penna.

      “Mi dispiace per quello che è successo stasera”, simpatizzò Cassie, sentendosi come se stesse camminando su uno strato di ghiaccio sottile, che si sarebbe potuto rompere in qualunque momento.

      “Margot mi odia e io odio

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