Scala E Cristallo. Alessandra Grosso

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Scala E Cristallo - Alessandra Grosso

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      Era vissuto lì per secoli, e nascosto aspettava giovani e

      anziani al centro delle rovine, nel punto dove divenivano più

      articolate; era vissuto nelle rovine fin da quando esse erano

      un castello fantastico. Era il figlio non voluto di una

      violenza ed era stato maledetto fin dal primo momento. Era il

      frutto di uno stupro combinato con ben sette maledizioni

      antiche. Aveva gli occhi gialli e luccicanti e poteva vedere

      al buio, fiutare al buio.

      Aveva fatto un patto con un’altra creatura demoniaca: un

      mostro che odiava l’innocenza.

      I loro nomi erano Dannazione, il risultato delle

      maledizioni, e Vendetta, colui che odiava l’innocenza.

      Vendetta era un killer silenzioso, raffinato, intelligente

      e psicopatico che, vedendosi morire sul rogo, aveva fatto un

      patto con Dannazione prima di essere bruciato vivo. Dannazione

      era stato in grado di riprendere le ceneri di Vendetta e

      riportarlo in questo mondo. Quest’ultimo, dopo la bruciatura

      sul rogo, era tornato con una sete di sangue sempre maggiore.

      Vendetta indossava una maglia a brandelli su cui si poteva

      leggere ancora il suo nome: era scritto in gesso bianco e

      contornato con il rosso delle sue vittime.

      I due killer sentirono subito la presenza di due umani e

      si nascosero nell’oscurità senza proferir parola, senza un

      solo momento di esitazione. Conoscevano la nostra paura, erano

      in grado di fiutarla, e percepivano nell’aria ogni odore,

      insicurezza. Sapevano già che c’erano due anime buone vaganti

      che avevano perso l’orientamento.

      Io e l’altra me eravamo felici di essere insieme ma

      proprio quella sensazione ci tradì, nel senso che inizialmente

      avevamo perlustrato con timore le antiche rovine con i merli

      rovinati e decadenti, ma poi, forse, ci eravamo fatte prendere

      dall’entusiasmo ed eravamo andate avanti, ma senza una mappa.

      Molte volte ci eravamo ritrovate in vicoli ciechi, e alla

      fine, dopo aver girato in tondo più volte, ci eravamo rese

      conto di esserci perse.

      Non sapendo più come tornare indietro dovevamo cercare di

      uscire. Le rovine erano sempre meno danneggiate e più

      compatte, come se fossimo entrate in un’ala relativamente più

      nuova. I muri erano spessi, grigi e umidi, l’acqua colava dal

      soffitto creando delle pozze per terra.

      Dentro quel dedalo vi erano grandi stanze semivuote,

      grigie, umide e oscure. A volte la condensa si depositava sul

      muro, altre si formava una nebbiolina distante da noi.

      Incuriosite, cercavamo di capire cosa originasse la nebbia e

      perché ci sentissimo terribilmente spiate.

      In quel dedalo misterioso due sentimenti opposti

      permeavano le nostre anime: timore e voglia di esplorare.

      La volontà di esplorazione di nuovi territori è una spinta

      che si avverte specialmente durante la pubertà, e in qualche

      modo noi eravamo di nuovo delle adolescenti, nostro malgrado

      alle prese con nuove esplorazioni.

      Le nostre emozioni erano contrastanti ma sapevamo che,

      sebbene il pericolo fosse imminente, eravamo esseri umani e

      dovevamo mangiare. Erano giorni di magra ma avevamo ancora

      delle riserve di carne secca perché quando l’altra me stessa

      era fuori dalle rovine, aveva cacciato e raccolto bacche.

      Ci ritirammo in un angolino a masticare quella parca mensa

      che ai miei occhi non poteva che essere prelibata. I nostri

      denti funzionarono come lame che tagliano tutto e la nostra

      pietanza scomparve in fretta. Ripulimmo la zona e continuammo

      il nostro pellegrinaggio sperando di non fare brutti incontri.

      Durante il viaggio avevamo ripreso a vedere immagini orrende

      disegnate, scritte che ci spingevano ad andare via, a

      scappare, ma dove potevamo scappare?

      Dove potevamo trovare un rifugio? Come potevamo uscire da

      quel dedalo?

      Proseguimmo e fortunatamente trovammo armi e proiettili;

      li prendemmo pensando che in futuro avrebbero potuto esserci

      utili.

      Rinvenimmo anche una sorta di accampamento distrutto.

      Sembrava fosse stato attaccato e che i cadaveri fossero stati

      trascinati via: si vedevano chiaramente le strisce di sangue

      provocate dal trascinamento dei corpi, tuttavia non trovammo

      nessuna delle vittime.

      Raccogliemmo tutte le armi possibili e anche il piccolo

      kit del pronto soccorso: non sapevamo cosa ci aspettava e per

      questo ci volevamo preparare. Se avessero voluto uccidere

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