Eternamente Il Mio Duca. Dawn Brower
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CAPITOLO SECONDO
Il villaggio di Longtown non aveva molto da offrire, ma c’era una locanda e un posto in cui Marrock avrebbe potuto lasciare il suo cavallo. Sarebbe rimasto lì il tempo necessario per farlo riposare, e poi avrebbe proseguito per il capanno di caccia di Kirtlebridge. Arrivato alle stalle, saltò giù dalla sua cavalcatura e affidò le redini al servo.
“Abbiatene cura e ci sarà uno scellino extra per voi quando me ne andrò.” Prese la sua sacca e se la mise in spalla, per evitare di dimenticarsene.
“Subito, milord – rispose il servo. Marrock non lo corresse. In realtà, ora che era diventato Duca, il modo in cui il servo avrebbe dovuto rivolgersi a lui era Vostra Grazia. Quando avesse definitivamente accettato il suo titolo, ne avrebbe anche dovuto sopportare il peso. Comunque, in quell’anno sabbatico, avrebbe cercato di rimanere anonimo il più possibile. Fece un cenno del capo all’uomo e lo lasciò alle sue incombenze. La locanda non era lontana dalle stalle. Si trattava di un breve tratto e Marrock aveva bisogno di sgranchirsi un po’ le gambe. Kirtlebridge era a una settimana di viaggio da dove era partito, e per ora se l’era presa abbastanza comoda per raggiungere Longtown. Il casino di caccia era a un’altra mezza giornata di cammino. Ryan aveva ragione: aveva bisogno di tempo per riflettere, ma non lo avrebbe mai ammesso alla presenza del marchese. Gli avrebbe portato solo un gran mal di testa e l’acuirsi della sua ansia. Marrock giunse alla locanda e vi entrò. Un uomo dai capelli bianchi e la folta barba grigia gli venne incontro:
“Benvenuto al Twin Hounds, milord. Cosa posso offrirvi?’”
“Avete una stanza? “. Avrebbe preferito non dormire nella stalla. Se il cavallo non avesse avuto bisogno di riposare gli sarebbe piaciuto dormire sotto un albero.
“Sì, milord, ne abbiamo ancora una libera – rispose l’uomo.– Se volete vi faccio accompagnare da una cameriera.”
Quella era l’ultima cosa che voleva! Forse non era così, ma considerando ciò che era successo nelle due soste precedenti, la cameriera gli avrebbe offerto qualcuno dei suoi…servizi speciali e lui, beh, non voleva avere niente a che fare con una femmina. Gli serviva la mente sgombra e i piaceri carnali creavano solo caos.
“No, grazie – rispose- Ditemi dove andare e mi arrangerò da solo.”
“Molto bene – disse il vecchio, porgendogli una chiave – Salite le scale e poi la prima porta a destra.”
Fino a quel momento Marrock non se n’era accorto, ma era distrutto. Si sentiva le ossa tutte rotte e le palpebre si erano fatte pesanti. Non dormiva da un bel po’. Ogni volta che chiudeva gli occhi il suo sonno era turbato da incubi. Ogni volta riviveva la morte di suo padre. Così, piuttosto che tremare per gli incubi, aveva preferito non dormire affatto. Ora si chiese se sarebbe stato in grado di raggiungere la sua stanza.
“Grazie – disse all’uomo – Potete mandarmi su qualcosa per cena?”
“Certo, milord. Desiderate altro? – chiese l’oste, ammiccando.
“No. – tagliò netto Marrock. Non aveva alcuna intenzione di incoraggiarlo. Era geloso della sua privacy, anche se l’uomo non sembrava capirlo. Gli lanciò uno scellino.
“Non voglio essere disturbato.”
“Ai vostri ordini, milord – rispose il locandiere, guardando con una certa avidità la moneta che gli era stata elargita. Marrock sperò di non avere fatto un errore a dargliela. Sospirò e lasciò l’uomo a fissare il denaro. Si augurò di avere preso la decisione giusta e che non sarebbe stato costretto a lasciare la locanda prima di essere pronto a rimettersi in viaggio. Si trascinò sempre più pesantemente su per le scale. Il legno era vecchio e scricchiolava: quindi non ci sarebbero stati passi furtivi su e giù per le scale. Il corridoio era altrettanto consumato e così le porte, e perfino le maniglie avevano visto tempi migliori. Marrock dubitò che i chiavistelli potessero fare bene il loro dovere: con un minimo di forza chiunque avrebbe potuto spezzarli. Sbatté gli occhi a ripetizione, sforzandosi di mantenersi sveglio. Maledizione, era strafatto! Forse avrebbe dovuto lasciar perdere l’idea di cenare! Ma non poteva restare sveglio per sempre, malgrado lo desiderasse con tutta l’anima.
“Dannati sogni! – disse a se stesso, mentre si trascinava su per le scale. Presto dal corridoio avrebbe finalmente raggiunto la sua stanza.
“Per tutti i diavoli! – esclamò una voce femminile. Dal tono e dal modo in cui aveva pronunciato la frase, sembrava si trattasse di una signora. Sicuramente anche una cameriera avrebbe potuto bestemmiare con altrettanta foga, ma alcune frasi qua e là tradivano una natura aristocratica. Si fermò ad ascoltare quel vocabolario.. colorito. Magari era una signora, ma dove aveva imparato quel gergo da scaricatore di porto?
“Ma a che.. cavolo stavo pensando?”
Sembrava avesse passato qualche guaio. Da gentiluomo avrebbe dovuto offrirle il suo aiuto, ma le grida provenivano da una stanza! Con quelle serrature poteva entrare in un attimo; tuttavia, se si trattava di una signora come credeva, lei non avrebbe certo gradito quel modo di fare! Inoltre rimanere da soli in una stanza avrebbe potuto comprometterla. Presumibilmente non era sposata; o almeno il marito non si trovava nei paraggi.
“Mollami! Bestia maledetta! – gridava la donna.
Beh, tutto ciò suonava maledettamente male. Se qualcuno la stava molestando lui non poteva rimanersene lì senza fare nulla! Era suo dovere di gentiluomo assicurarsi che stesse bene. Chiaramente nessuno di quei ragionamenti era una scusa per non dormire: era una donna, e poteva avere bisogno del suo aiuto! Marrock bussò alla porta.
“Milady? – chiese.
“Chi è? Oh, chiunque sia, venite ad aiutarmi!”
Era l’invito di cui necessitava. Spalancò di forza la porta, preparandosi a buttare fuori un uomo, ma nella stanza c’era una persona sola. La signora aveva i capelli imbrattati d’inchiostro, che le colava giù dalla fronte. Indossava un vestito celeste a righe bianche. Tutto il resto però era un mistero: la faccia non era visibile ma le sue sottogonne erano impudicamente sollevate e lei sembrava stesse a gambe in aria. Era piegata a faccia in giù sulla seduta di una poltrona. Sembrava che non un uomo bensì una sedia la stesse molestando. Non c’è che dire: una posizione molto interessante da vedere in una donna! Non riusciva a capire come avesse potuto rimanere intrappolata a quel modo e tutti i tentativi che faceva per divincolarsi erano assolutamente esilaranti! Non era così che Marrock si aspettava di passare l’ora di cena!
Delilah aveva fatto cadere il suo borsellino dietro la poltrona: pensò che sarebbe stato facile recuperarlo da una poltrona logora, tutto quello che doveva fare era chinarsi e allungare la mano a prenderlo. Sfortunatamente si trattava di una poltrona piena di fregi dappertutto, che le si erano attaccati al vestito e non avevano intenzione di mollarla. Si dimenò un po’ e nella stanza si sentì il rumore della stoffa lacerata del vestito. Se non fosse stato che il suo armadio era poco fornito avrebbe lasciato che quella maledetta sedia si tenesse il suo abito. Ma purtroppo non poteva permettersi che uno dei suoi vestiti venisse distrutto dal fuoco o lacerato da quella odiosissima sedia.
“Avete intenzione di stare lì a guardare o di darmi una mano?”
Non si era mai sentita tanto in imbarazzo in vita sua. Beh, forse non era proprio così, ma comunque non aveva alcuna intenzione di pensare al suo passato, che comunque non poteva esserle di alcun aiuto.
“Non ne sono tanto sicuro.” La voce dell’uomo aveva un tono familiare. Ed era così morbidamente profonda da farle venire un brivido