Il Cielo Di Nadira. Mongiovì Giovanni
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Читать онлайн книгу Il Cielo Di Nadira - Mongiovì Giovanni страница 16
Invitati dal loro comandante, al riparo tra il Jebel42 e le Caronie, gli uomini di Abd-Allah si prostravano verso La Mecca e involontariamente verso l’esercito nemico. Raccolti in preghiera lo erano pure gli altri, tuttavia, non in un unica orazione armoniosa, ma chi in latino e chi in greco.
L’accampamento era stato montato a circa venti miglia a levante del monte su cui è arroccata la cittadina di Tragina43, e qui, tra le tende, Conrad aveva osservato il padre allontanarsi con l’intero esercito appena qualche ora prima.
Eccetto per la presenza di un modesto villaggio di mercanti e contadini, si trattava di una zona lontana dai centri abitati, ricca di boschi da un lato, sui versanti dei monti più alti, e di colline erbose adatte al pascolo dall’altro. Un fiume scorreva proprio nel punto più basso della valle, e di questo un rivolo perdurava nonostante l’estate, assicurando l’approvvigionamento idrico ai soldati.
Ora Conrad fissava il punto in fondo alla strada in cui aveva visto suo padre per l’ultima volta. La mattina l’aveva aiutato ad indossare, sulla lunga tunica bianca, la pesante cotta di maglia, la quale aveva sul petto una croce rossa. Faceva già caldo nelle prime ore successive all’alba, per cui aveva tenuto l’elmo al riparo dal sole, affinché risultasse più fresco quando suo padre l’avrebbe messo. Come ultimo gesto, prima di salire in groppa al suo cavallo, Rabel aveva stropicciato i capelli del figlio e in cambio Conrad gli aveva passato lo stendardo e l’elmo. Poi uno sguardo e via a confondersi nella marea umana di soldati in avanzamento verso la radura appena fuori dal campo; qui Giorgio Maniace aveva arringato le sue truppe. Conrad era salito perciò sullo sgabello appena lasciato libero da un frate benedicente e aveva cercato di individuare Rabel tra gli uomini radunati lì in fondo. Poi aveva visto Roul, testa e spalle svettare oltre gli altri, ed aveva immaginato che suo padre fosse lì vicino.
Sapevano tutti che quella sarebbe stata la battaglia più importante dell’intera campagna siciliana, tuttavia Rabel aveva cercato di nascondere la sua tensione per tutte le ore in cui quel giorno era stato insieme al figlio.
«Sono in molti quegli altri?» aveva chiesto Conrad.
«Le vedette parlano perlopiù di fanteria. Noi abbiamo un cavallo!»
«Potrei assistere alla scena questa volta...»
«Conrad, figliolo, te l'avrò ripetuto cento volte: tu resti qui con le donne, la servitù e i monaci…» chiosò Rabel, che pure continuò:
«Ma se le cose dovessero mettersi male, alle prime avvisaglie, scappa sulle colline e nasconditi.»
«C'è questa possibilità? Tancred e Roul dicono che le cose andranno come sono andate finora… Vinceremo e porteremo a casa lauti compensi.»
«E hanno ragione… non c'è nulla di cui preoccuparsi. Il nostro è un mestiere difficile, è vero, ma sappiamo il fatto nostro. E poi, guai a portare sconforto tra i soldati!»
Così Rabel aveva rincuorato il figlio.
Era già mezzogiorno e per l’accampamento si respirava tutta l’apprensione per quell’attesa snervante. Ogni tanto qualcuno tornava dal campo per venire a dare notizia circa l’andamento della battaglia. Qualcuna tra le ragazze della servitù piangeva, per certo affezionata a qualche soldato con cui era nata una tresca. Poi un prete da campo avvicinò Conrad, il quale se ne stava ancora seduto sullo sgabello sotto il sole, e gli disse:
«Figliolo, tuo padre non tornerà anzitempo se te ne resti qui a fissare il fondo della strada.»
Cornrad lo guardò dal basso verso l’alto.
«To’ un pezzo di pane!» completò sempre quello.
Quindi il ragazzo l’afferrò e l’addentò.
«Se hai bisogno di qualcosa per tenere occupata la mente oltre che lo stomaco, vieni con me.»
Lo portò su una collina spoglia di vegetazione e dalle tonalità dorate poiché arsa dal sole. La cima era scoperta di terra, cosicché una grande roccia di grigia ardesia affiorava frastagliata. La fronda di un ulivo, l’unico presente, radicato a lato della formazione rocciosa, era occupata da un piccolo gregge di capre e da un vecchio pastore che in viso dimostrava di avere più rughe che anni. Il prete girò dietro e s’infilò per un apertura della roccia. Conrad restò sbalordito nel vedere che l’interno della spelonca era abbastanza spazioso da permettere la presenza di almeno venti uomini ed era completamente dipinto con colori vivaci, essendo riportate tutto attorno alle pareti immagini di storie bibliche e di vite di santi; lo stile era tipicamente quello delle pitture sacre d’Oriente. Un piccolo inginocchiatoio in fondo ed una croce al muro indicavano il luogo in cui ci si prostrava.
«Padre, voi siete forestiero, partito al seguito dell’esercito; come conoscete questo posto?»
«I frati di rito greco vi si riuniscono per pregare da secoli. Sono stati loro a dirmelo. Ma adesso prega il Signore e la Madonna, affinché tuo padre ritorni sano e salvo.» concluse il religioso prima di lasciarlo solo.
Fu così che Conrad si ritrovò da solo, inginocchiato, ad occhi chiusi, stringendo il crocifisso al petto, a pregare perché Dio riportasse indietro suo padre.
Quando tornò all’accampamento era già sera. Corse non appena si avvide che alcuni uomini a cavallo erano tornati dalla battaglia. Dunque accelerò quando si accorse che uno di quelli era il grosso Roul; il sangue sulla sua ascia danese e sulla sua cotta di maglia era ancora fresco.
«Ragazzo, dov’eri?» chiese il guerriero non appena Conrad fu su di loro.
«Un prete mi ha condotto sulle rupi…» spiegò l’altro, tuttavia non volle rivelare cosa ci fosse andato a fare per paura che la sua intimità venisse derisa.
Quindi si stranì in viso… se suo padre fosse tornato incolume per certo sarebbe stato in prima fila tra quegli uomini. Tutto d’un tratto il viso di Roul gli apparve triste, come se la sua furia fosse stata mortificata da un evento nefasto. Solo adesso razionalizzò cosa si nascondesse dietro quella coltre umana di soldati del nord di cui Roul era l’apri fila.
«Dov’è mio padre?» chiese, pur immaginando già la risposta.
«Abbiamo vinto, figliolo.» si fece avanti Tancred, un altro tra i più vicini a Rabel, forse nel tentativo di controbilanciare il dispiacere del ragazzino; questi brandiva ancora la sua lunga picca e vestiva di un mantello rosso.
«Sì, quelli che sono rimasti li abbiamo messi in fuga.» s’intromise un altro.
«È stata una grande vittoria!» esclamò qualcuno nel gruppo.
«Pure il vento ci è stato favorevole oggi… ma il vento più micidiale l’abbiamo portato ancora una volta noi della compagnia normanna.» aggiunse Tancred.
Tuttavia Conrad, proprio mentre l’ultimo parlava, si aprì un varco tra gli uomini.
Rabel