Il Cercatore Di Coralli. Mongiovì Giovanni

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Il Cercatore Di Coralli - Mongiovì Giovanni

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rispose:

      «Confrontandomi con gli annali di Jodfri Malaterra risulta che la moglie e il figliolo di tale Amir ibn Abbād fuggirono nella città di Noto, la quale era ancora nelle mani dell’Islam quando Siracusa venne presa. E a sua volta fuggirono in Ifrīqiya nel 1091 quando Noto cadde in mani cristiane. Ora è bene che sappiate che esistono numerosi municipi importanti sulla costa dell'Ifrīqiya: Sūsa23, Mahdiyya, Safāqis24, Gabes e molti altri. È mia opinione che la donna, indifesa e spaurita, si sia rifugiata proprio presso la corte degli ziridi, a Mahdiyya, o altrimenti chiamata Mahdia. È qui che dovreste cercare... tra la nobiltà cittadina.»

      «Come si chiamava la donna?» domandò Giordano.

      Dunque Yasir rispose alle sue spalle:

      «Nadira... ho trovato questo nome in un'antica poesia che si tramanda oralmente tra le fanciulle di religione islamica della Sicilia centrale; pare corrisponda a quello della moglie prediletta di ibn Abbād.»

      «Bene, sembra che voi sappiate più di quello che vi è necessario sapere per questa missione.» commentò compiaciuto Ruggero, accavallando una gamba sull'altra e lisciandosi la barba.

      «Che daremo a Jourdain de Rougeville in cambio del suo servigio?» chiese quindi il Re a Giorgio d’Antiochia. Ovviamente conosceva già la risposta.

      «Fertili terre e cinquanta villani per lavorarle. Sarete più ricco di vostro cugino Rainulf e per certo siederete davanti a lui alle Curie Generali25

      Quello di entrare tra i ranghi dell'aristocrazia terriera e di poter sedere alle Curie Generali insieme agli altri baroni era l’obiettivo che Giordano, e prima ancora suo padre, perseguiva da una vita. Quando aveva citato suo nonno e l'esistenza di due famiglie discendenti da due donne diverse aveva alluso ad una scomoda verità: la donna dalla quale risaliva Giordano era stata una popolana, mentre quella dalla quale discendeva quel tale Rainulfo, era stata una nobildonna normanna della più alta stirpe. Ai primi era toccata la strada della carriera militare, l’unica percorribile, agli altri la possibilità di curare le rendite della terra e di poter pagare i propri obblighi feudali inviando uomini del contado. La differenza di prestigio faceva star male i primi e rendeva paradossalmente invidiosi i secondi, i quali avrebbero preferito che "gli illegittimi" non si fregiassero dello stesso nome... quello dei Rossavilla.

      Giorgio d’Antiochia sapeva perciò il fatto suo quando aveva citato Rainulfo, cosciente che così avrebbe infuocato l'animo di Giordano. Il senso di rivalsa era forte e la volontà di acquisire meriti innanzi al sovrano ancora di più. Giordano, la cui fedeltà al Re era sempre stata incondizionata, adesso avvertì per la prima volta uno strano peso sullo stomaco. Si trattava di un atipico stato d'ansia, quello dettato dalla consapevolezza che la propria vita stia cambiando e che la possibilità che questo avvenga sia nelle proprie mani. Lasció perciò il Palazzo, determinato come non mai a portare a termine la missione che stava così tanto a cuore al suo Re.

      Capitolo 2

      Giugno 1148, isola di Cossyra

      Sopravvenuta la notizia che in Ifrīqiya si moriva di fame, Ruggero non volle perdere altro tempo. Assicurò l'incolumità ai messaggeri di Hasan, che avevano tradito l'emiro venendo a recare la notizia della mala sorte del loro regno, e si apprestò ad armare duecentocinquanta navi.

      Tra gli uomini di Giorgio d’Antiochia numerosi erano gli ufficiali saraceni senza casato né titolo e molti erano i nobili cristiani, capitani di ventura che gli obbedivano senza riserve. A Giordano, che faceva parte di questi ultimi, era stata affidata una galea. L'uomo sottomesso che era apparso dinanzi al Re adesso lasciava il posto ad un comandante sicuro di sé, scaltro e dai modi diretti ed efficaci.

      L'equipaggio della galea era formato per lo più dai marinai forniti dalle città lombarde26 di Sicilia, ma anche da saraceni che facevano parte dell'esercito regolare. Il dotto Yasir stava accanto a Giordano e permaneva in uno stato di eccitazione e timore mentre la nave prendeva il mare aperto.

      In attesa che il naviglio salpato dalla Sicilia giungesse al completo, fu convenuto di radunarsi a Cossyra27. Le prime galee arrivate sull'isola si ancorarono in una rada; quella di Giordano era tra queste. Quindi, al chiarore delle stelle e con il moto perpetuo del mare nelle orecchie, mentre molti altri riposavano, Yasir venne a sedersi accanto al suo comandante.

      «Avete figli, mio Signore?» gli chiese parlando nel latino del popolo, l’idioma che permetteva ai siciliani, qualunque fosse la religione e la razza, di capirsi.

      Giordano allora dovette interrompere i suoi pensieri, cosa che lì per lì lo infastidì non poco.

      «Saresti dovuto scendere insieme agli altri e passare la notte a riva. La vita di mare è cosa dura per uno come te.»

      «Ho già navigato con dei mercanti genovesi fino a Gerba28

      «Di dove sei originario?»

      «Di Gafludi29... ovvero di Cefalù. Mio padre soprintende da anni al lavoro degli artigiani di lingua araba nella costruzione della cattedrale. Ho visto i mosaicisti d'oriente all'opera e i più grandi ingegneri della nostra razza calcolare proporzioni e geometrie. È così che mi sono appassionato ai numeri.»

      «Devi aver avuto un ottimo maestro!»

      «È così...»

      Poi, dopo averci pensato un po’, il giovane Yasir chiese:

      «Anche voi, mio Signore, avete passato la scienza della spada ai vostri discendenti?»

      Giordano assentì col capo e spiegò:

      «Ho un figlio poco più grande di te e altri due ancora bambini. Il mio primogenito si è imbarcato per Corcira lo stesso giorno che io ho rimesso piede in Sicilia.»

      «Non l'avete salutato?»

      «L'ultima volta lo vidi due anni fa. Ma è bene che così si faccia le ossa!»

      In quel momento la piccola barca a remi utilizzata per la spola con la spiaggia rocciosa venne velocemente verso la galea.

      «Signore, Signore!» chiamò un tale Ali, soldato di vecchia data.

      Giordano si sporse a babordo e chiese:

      «Cos'è successo?»

      «Una piccola imbarcazione degli ziridi... non molto distante da qui!»

      Giordano perciò allertò una ventina di uomini e si recò al luogo che gli era stato indicato. In un'insenatura naturale, in attesa che sorgesse il sole, se ne stava attraccata una barca. Chiaramente era stata mandata da Mahdia per spiare le mosse dei siciliani.

      Gli abitanti dell'isola se ne stavano già appostati dietro le rocce di pietra lavica, incuriositi dalla situazione. Si trattava di pescatori e raccoglitori di cotone, arabi più che latini, nella lingua così come nella religione.

      Per quanto Giordano e i suoi cercassero di avvicinarsi

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