Confessione Di Una Piantagrane. Brower Dawn

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Confessione Di Una Piantagrane - Brower Dawn

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abitudini di sedurre qualsiasi donna compiacente si trovasse sul cammino. Sapeva che Shelby amava sua moglie. E per il resto…beh, lui non aveva debiti o cose del genere, e non beveva neanche più. Quindi, con ogni probabilità era ormai una persona dabbene e un marito fedele. Indossava un elegante completo scuro, con panciotto verde smeraldo e camicia e cravatta bianche.

       Jason batté un dito sul bracciolo della sedia. "Cosa fate voi, qui? " rispose, sollevando un sopracciglio. "Questo club è interdetto agli uomini che hanno ceduto alle tristi lusinghe del matrimonio".

       Shelby ridacchiò e si sedette accanto a lui. Mentre si accomodava sul divano, disse: “Harrington ha deciso di fare alcune eccezioni. Chiaramente, nell’interesse di alcuni gentiluomini del club che hanno bisogno di aiuto. Ha convinto me e Darcy per agire in sua vece, quando lui non c’è."

       "Negli ultimi tempi è spesso fuori Londra." convenne Jason. Harrington avrebbe potuto chiedere a lui di fargli da vice. Gli avrebbe fatto piacere. "Da quando è diventato padre ha nuove responsabilità.”

       "No, ha nuove priorità - precisò Shelby - Ma succede, quando ci si sposa. Marian comunque l’aveva cambiato, e in meglio. Diede un'occhiata al bar. "Ho bisogno di un drink. Ne volete uno anche voi?"

       "Noto che invece a voi il matrimonio non vi ha cambiato affatto – lo stuzzicò Jason - "Non vi manca Kaitlin?" Lady Kaitlin gli era sempre piaciuta. Magari, era troppo timida, ma aveva un'intelligenza acuta. Shelby non avrebbe potuto scegliere una donna migliore di cui innamorarsi. Erano due anime gemelle e si completavano a vicenda. Kaitlin era riuscita a inculcare del senno, in quella testa sballata. Da quando si era sposato, Shelby era dichiaratamente più saggio e maturo. Jason non avrebbe mai immaginato che lui e Kaitlin potessero piacersi, tuttavia era felice per loro. Magari non credeva all’amore per se stesso, ma era felice se i suoi amici più cari riuscivano a trovarlo.

       Shelby agitò la mano con fastidio. "Sta prendendo il the con Samantha e Marian." Versò del brandy in due bicchieri e poi li portò da Jason. Porgendo il suo all’amico disse: “Mi ha praticamente spinto fuori dalla porta. A loro non piace la compagnia maschile in giro quando si riuniscono per spettegolare ".

       "Sì", rispose Jason distrattamente. "Per le donne non è facile parlare di cose private, con un uomo in giro.."

       Avrebbe dovuto lasciare il club e fare una visita all'avvocato di suo nonno, e capire finalmente di cosa si trattava. Ma non gli andava. Preferiva starsene lì, al Coventry Club, a rilassarsi e forse anche a ubriacarsi un po’. Una volta brillo, si sarebbe trascinato per le scale che conducevano alla camera che il club gli metteva a disposizione e sarebbe crollato sul suo letto, per risvegliarsi solo il giorno dopo con i postumi di una brutta sbronza. Stava diventando davvero bravo nell’arte di ignorare i problemi!

       "Quindi, capite perché sono al club, oggi." esclamò Shelby. Bevve un sorso di brandy. "Ora ditemi perché VOI siete qui. Non dovreste essere nelle terre selvagge del Surrey o qualcosa del genere? "

       "Non c'è niente d’interessante per me, in quel posto." mormorò Jason. Dopo la morte del nonno, nemmeno la sua bella tenuta lo rendeva felice.

       "Non c'è vostra madre lì?" Shelby lo guardò di sbieco..

       "Considerando che non lascia mai il castello, suppongo di sì.." Jason deglutì altro brandy. Bruciava mentre gli scendeva in gola. Ma a lui quel senso di calore gli piaceva... Gli dava delle sensazioni, a differenza dell’enorme senso di vuoto che si portava dentro. “Lei è a suo agio lì. Chi sono io per distoglierla dai suoi piaceri?” sussurrò, con stizza. Forse stava diventando troppo duro con lei. Aveva vissuto troppo con il nonno e poco con lui. Ma in fondo sapeva che sua madre lo aveva fatto per sentirsi sicura e protetta, dopo quello che aveva passato, e non poteva darle torto. Ma una parte di lui si sentiva come se lei lo avesse tradito. Non amava vederlo, e non riusciva a sopportare la sua presenza. Jason assomigliava troppo a suo padre: stessi capelli biondi e occhi blu, stessi zigomi cesellati e stesso fisico atletico. Stesso tutto. Era per questo che sua madre diventava triste, quando erano insieme. La sua presenza fisica le scatenava sentimenti repressi, come l’amore e la rabbia.... Non avrebbe mai voluto fare del male a sua madre, né emotivamente né fisicamente. Quindi, per il suo bene, preferiva rimanerne lontano. Oddio, che casino era la sua vita!

       "Questo è tutto? E non dovreste recarvi al castello per conoscere le ultime volontà di vostro nonno? "

       Jason fece roteare il brandy rimasto nel bicchiere. "Non ho bisogno di scapicollarmi nel Surrey per saperlo."

       "E allora? Cosa avete intenzione di fare?” chiese ancora Shelby.

       Jason prese la lettera che aveva in tasca e la gettò addosso a Shelby. Quindi inghiottì il brandy rimasto in un sorso solo. Si alzò e andò a riempirsi nuovamente il bicchiere, mentre Shelby leggeva la lettera dell'avvocato. Si sedette e attese. Non ci volle molto prima che Gregory alzasse lo sguardo per incontrare il suo.

       "Perché avete deciso di ignorarlo?"

       "Non lo so." Si passò una mano tra i capelli. “Forse perché sarebbe come accettare la morte di mio nonno, metterci davvero una croce sopra. Non mi sento ancora pronto a rassegnarmi alla sua scomparsa. E’ stato più di un padre, per me. "

       "Temo che sia passato abbastanza tempo, ormai - disse Shelby, dolcemente. Allungò una mano e la posò sul braccio di Jason. “Andate a incontrare l'avvocato. Non potete rimandarlo oltre. "

       Gli mancava troppo suo nonno. Shelby aveva ragione però. Doveva andare dal procuratore legale. Ignorarlo così a lungo era già stato abbastanza stupido.

       "Capisco ciò che intendete, e non posso che concordare con voi. Ma non riesco a farlo…"

       "Vi farebbe piacere se vi accompagnassi?- chiese Shelby – Pensate che vi aiuterebbe a trovare la forza necessaria per recarvi al castello?”

       Andare con Shelby? Aveva davvero bisogno di qualcuno che gli tenesse la mano mentre onorava i suoi doveri e la smetteva di comportarsi come un moccioso spaventato? Forse sì. Magari ci sarebbe riuscito, questa volta. Sapeva che doveva farlo, non importava quanto gli sarebbe costato. Il dovere è dovere.

       “Potrei aver bisogno di qualcuno che mi dia un calcio nel culo. Vi sentireste in grado di fare questo per me? " esclamò, con triste sarcasmo.

       "Sarebbe un piacere! - scherzò Shelby - Ma prima ho una cosa da chiedervi."

       Jason si accigliò. Aveva quasi paura di sapere di cosa si trattava. “Cosa?"

       "Oh, una stupidaggine! Sono sicuro che non vi creerà alcun problema accontentarmi!” Tese la mano. "Datemi la vostra pistola."

       Jason non andava da nessuna parte senza la sua pistola. Era una delle cose che lo faceva sempre sentire al sicuro. Non poteva neanche immaginare di lasciare il club disarmato! "Perché?" chiese con stizza e paura.

       "Perché è ora che abbandoniate questo stupido modo di sentirvi protetto." Shelby sorrise. "E se proprio sarò costretto a prendervi a calci nel culo fino a casa vostra, voglio essere sicuro di non prendermi una pistolettata in faccia.”

      

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