La figlia dei draghi. Морган Райс
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Читать онлайн книгу La figlia dei draghi - Морган Райс страница 4
Quando iniziarono a uscire, una delle guardie si fermò. “Che cosa se il re si sveglia, vostra altezza? Non dovrebbe uno di noi vegliare su di lui e informarvi se accade?”
Vars non gridò in faccia all’uomo solo perché non voleva essere visto come un figlio che odiava suo padre, o come uno sciocco che non sapeva controllare il suo regno. Ciò che le persone vedevano era molto più importante della verità, dopotutto.
“Questo non è un compito per nessuno di voi,” replicò lui. “Si tratta di una mansione che potrebbe fare un bambino.” Gli venne un’idea a quel punto. “Chi è il più giovane dei paggi qui?”
“Sarebbe Merin, vostra altezza,” disse uno dei domestici. “Ha undici anni.”
“Undici anni sono abbastanza per restare qui a vedere se mio padre si sveglia, ma sono pochi perché sia utile per qualsiasi altra cosa,” affermò Vars. “Portatelo qui e poi occupatevi dei vostri veri doveri. Siamo nel mezzo di una guerra, dopotutto!”
Quelle parole bastarono a far mettere tutti in marcia, costringendoli a muoversi quando la sola aura di comando di Vars non ci sarebbe riuscita. Li odiava per quello, ma non erano i soli che odiava, certo. Andò al capezzale di suo padre, fissando in basso la mole comatosa di Re Godwin.
Appariva così fragile e grigio; i muscoli del suo corpo erano meno distesi, adesso che giaceva sulla schiena. Gli sembrava più vecchio che mai, e meno spaventoso.
“Questa è pressoché l’unica volta che ricordo, in cui non mi guardi dall’alto per dirmi quanto pensi che sia inutile,” disse Vars. Nonostante suo padre non potesse sentire le sue parole, era comunque bello pronunciarle. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dirgliele se fosse stato sveglio; non avrebbe mai potuto tirarle fuori.
Vars camminò nella stanza, pensando a tutte le cose che avrebbe sempre voluto dire a suo padre, a tutte le cose che aveva in testa, intrappolate dietro alla paura che le aveva sempre tenute lì. Persino adesso, era dura pronunciarle, ma sapendo che suo padre non poteva davvero udirle, era di aiuto comunque esternarle.
“Dicono che potresti vivere o morire,” proseguì Vars. “Sto sperando che tu muoia; è ciò che meriti, dato il genere di padre che sei stato.” Fissò in basso suo padre con odio. Se avesse avuto il coraggio di farlo, avrebbe potuto afferrare un cuscino e trattenerlo giù, sopra al volto di suo padre.
“Sai com’è stato crescere con te come padre?” chiese. “Qualsiasi cosa facessi non andava bene. Rodry era sempre il tuo prediletto. Oh, lui ti piaceva, quando non aggrediva gli ambasciatori. Sono felice che tu abbia saputo che era morto prima che ti accoltellassero. E Nerra… cosa deve aver provato quando è dovuta andarsene?”
Non ci fu nessuna risposta, ovviamente, neanche un accenno di risposta dai tratti flosci di suo padre. In un certo senso, quello era persino più irritante.
“Quando mia madre è morta, sei stato così veloce a trovarti una nuova moglie,” affermò Vars. “I tuoi figli avevano bisogno di te, io avevo bisogno di te, ma tu hai sposato Aethe e hai messo al mondo le tue adorate figlie.”
Si ritrovò a pensare a tutte le volte in cui suo padre lo aveva trascurato per ricoprire di attenzioni Nerra, Lenore e persino Erin.
“Hai dato così tanta importanza a Lenore e al suo stupido matrimonio, non è vero? Hai riposto così tante speranze in lei. Sai perché adesso sei qui inerme? Sai perché è stata rapita in primo luogo?” Vars si fermò, chinandosi verso suo padre, abbastanza vicino da poter sussurrare. “L’hanno presa perché ho portato i miei uomini nella direzione sbagliata. Non volevo sprecare il mio tempo a farle da guardia del corpo, quando io ero quello più prossimo al trono. Non volevo restare lì seduto mentre la principessa perfetta si aggirava per il regno, ricevendo elogi e adulazioni. L’ho lasciata sola e gli uomini di Ravin l’hanno catturata, e Rodry è morto per salvarla.”
Vars si stirò, sentendo una profonda soddisfazione per essere finalmente riuscito a dire a suo padre tutto ciò che aveva dovuto trattenere tanto tempo.
“Mi hai sempre e solo umiliato,” continuò Vars. “Ma guardami adesso. Sono quello che ha sempre fatto cosa voleva, che ha passato il suo tempo nella Casa dei Sospiri e nelle locande, invece che nella tua amata Casa delle Armi. Eppure ci sono io al comando adesso, e ho intenzione di trarne il massimo vantaggio.”
Udì un colpo alla porta della stanza a quel punto. Un domestico entrò, scortando un ragazzino, biondo e dal viso paffuto. Indossava una camicia, una tunica e delle brache blu e dorate, com’erano i colori del regno. Sembrava nervoso di essere in presenza di Vars, mentre faceva un inchino indeciso. In quel momento, si accorse che una delle sue mani era piccola e storta, forse per un qualche incidente di molto tempo prima. Non gli importava.
“Sei Merin?” domandò Vars.
“Sì, vostra altezza,” rispose il ragazzino con una flebile voce spaventata.
“Sai come mai sei qui?” chiese Vars.
Il ragazzino scosse la testa, chiaramente adesso troppo spaventato per parlare.
“Devi vegliare su mio padre. Gli porterai i pasti, lo laverai e starai qui a vedere se si sveglia.” Non chiese al giovane se poteva o non poteva fare tutto; non era un suo problema. “Hai capito?”
“S-sì, vostra…”
“Bene,” lo interruppe Vars. Non aveva alcun interesse in ciò che un ragazzino di quel genere aveva da dire, ma solo nell’accertarsi che l’umiliazione di suo padre fosse completa. Che vivesse o morisse, non gli interessava. Se suo padre fosse sopravvissuto, Vars avrebbe avuto la piccola vendetta di avergli fatto tutto ciò; se invece fosse morto, avrebbe saputo di aver reso un poco peggiori gli ultimi giorni di quel vecchio stolto.
Rivolse l’attenzione all’altro domestico laggiù, un uomo che spostava nervosamente il peso da una gamba all’altra. “Che cosa ci fai qui?” domandò. “Pensavo di aver detto a tutti voi di dedicarvi ai vostri normali doveri.”
“Sì, vostra altezza,” replicò l’uomo. “Sono venuto perché… perché la vostra presenza è richiesta.”
“Richiesta?” chiese Vars e allungò una mano, afferrando l’uomo dalla camicia. Era abbastanza facile farlo, sapendo che il domestico non avrebbe mai osato reagire. Sarebbe stato tradimento, dopotutto. “Sono il reggente del re. Le persone non devono richiedermi niente.”
“Perdonatemi, vostra altezza,” ribatté l’uomo. “Questa… questa è la parola che hanno usato quando mi hanno mandato a prendervi.”
Prendervi era quasi brutta quanto richiesta. Vars prese in considerazione di sferrare un pugno a quell’uomo, ma si trattenne solo perché quello poteva fargli dimenticare il suo posto, e Vars non aveva alcuna voglia di essere colpito in reazione, qualsiasi potesse essere poi la sua vendetta.
“Chi ti ha mandato e perché?” domandò Vars. “Chi pensa di poter dare ordini nel mio castello?”
“I nobili, vostra altezza,” rispose il domestico. “Hanno richiesto…” Sembrava che stesse richiamando le parole che gli era stato detto di riportare. “…richiesto una conferenza per discutere l’invasione dal Regno del Sud e per decidere collettivamente