Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti. Italo Svevo

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Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti - Italo  Svevo

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— Si capisce che per amore l’inganno non è inganno.

      Alle quattro della mattina ella si alzò per accompagnarlo fino alla porta di casa.

      Nell’atrio oscuro gli gettò ancora una volta le braccia al collo e gli disse che non si sarebbero riveduti finché non potevano farlo alla piena luce del sole. Ciò doveva avvenire al più presto. Si mise a ridere e con franca sensualità aggiunse:

      — Avremo tanti giorni e tante notti da passare insieme.

      Egli stette fuori a seguire gli sforzi ch’ella faceva per girare la chiave nella toppa; poi udì lo strisciare lento, impacciato delle pantofole sulle scale.

      — Addio! — le gridò commosso.

      — Addio, addio! — rispose Annetta a mezza voce.

      Anche in quel saluto aveva messo quanto affetto le era stato possibile ed egli si figurò ch’ella gli avesse gettato dei baci con la mano.

      Si diresse verso casa con passo frettoloso quando si sentì chiamare. Si volse. Una figura bianca, dalla finestra della stanza di Annetta, gli faceva segni di saluto con una pezzuola bianca. Egli salutò agitando alto il cappello. Il gesto era trovato, ma a lui mancava la sensazione corrispondente. Al vedere Annetta alla finestra s’era ricordato che così si usava in amore.

      Poi volle sentirsi felice come la sua buona fortuna lo meritava e canticchiò un’arietta che non voleva riuscire allegra nelle vie vuote appena rischiarate da un sole invisibile nel cielo violaceo. Un malessere profondo lo fece tacere. Egli volle spiegarlo con i dubbî sull’avvenire della sua relazione con Annetta; da quella notte non ancora gli erano stati tolti. Ma Annetta era sua! Non era questo già molto, tanto che avrebbe dovuto sentirsi l’uomo più felice sulla terra? Egli aveva lungamente desiderato Annetta, l’aveva amata. Erano il sonno e la stanchezza che gli toglievano di godere della sua felicità e, salendo l’erta che conduceva alla casa dei Lanucci, egli andava persuadendosi che la dimane egli si sarebbe risvegliato all’amore e che avrebbe anelato di rivedere Annetta.

      Si coricò e s’addormentò non appena poggiata la resta sul guanciale.

      R

      Ma svegliandosi si ritrovò con quell’istesso malessere.

      Riandando col pensiero su tutti gli avvenimenti della notte innanzi, il suo disgusto aumentava. Tutto gli dispiaceva, dal primo abbraccio che egli aveva rubato fino a quell’ultimo saluto cui egli aveva risposto costringendosi ad una finzione che, per quanto facile, gli era costata dello sforzo. Volle non ammettere la conclusione ch’evidentemente egli avrebbe dovuto trarre da questo suo sentimento. Nell’immensa felicità di possedere Annetta, egli si diceva che gli dispiaceva il modo con cui l’aveva conquistata. Non credeva che Annetta lo amasse; ella si piegava alle conseguenze di un fatto irrevocabile.

      Tempo prima Macario gli aveva detto che lo riteneva incapace di lottare e di afferrare la preda, ed egli di questo rimprovero s’era gloriato come di una lode. Ora egli aveva provato che Macario s’era ingannato sul suo conto.

      Vedeva con tutt’altri occhi la sua stanzetta allegra, ridente per il raggio di sole che, unico nella giornata, vi penetrava a quell’ora. Ci aveva pur passato delle belle ore! Era stata una felicità strana, una soddisfazione continuata del suo orgoglio a scoprire qualche debolezza in altrui di cui egli andava immune, a vedere gli altri tutti in lotta per il denaro e per gli onori e lui rimanere tranquillo, soddisfatto al sentirsi nascere nel cervello la genialità, nel cuore un affetto più gentile di quello che di solito gli umani sentono. Comprendeva e compativa le debolezze altrui e tanto più superbo andava della propria superiorità. Quando entrava in biblioteca o nella sua stanzuccia, egli usciva perfettamente dalla lotta; nessuno gli contendeva la sua felicità, egli non chiedeva nulla a nessuno. Ora invece questi lottatori ch’egli disprezzava lo avevano attirato nel loro mezzo e senza resistenza egli aveva avuto i loro stessi desiderî, adottato le loro armi.

      Voleva combattere il proprio disgusto che, attribuito alle cause ch’egli si ostinava di dargli, era assolutamente irragionevole. Vestendosi pensava che se un suo simile l’avesse risaputo ne avrebbe riso. Egli era entrato nella lotta perché non gli era stato mai concesso di uscirne del tutto; anche la felicità modesta che aveva chiesta non gli era stata accordata intera. Oh! via! la sua era una vittoria che gli dava intanto la libertà! Se il suo affetto per Annetta, — così in parentesi già lo confessava, — non era quale avrebbe dovuto essere, la sua vita principiava appena da questo matrimonio ed egli doveva gioirne altamente.

      La Lanucci, vedendolo accigliato, s’impensierì e, sapendo ch’era rincasato tardi, gli chiese se avesse passato la notte al tavolino da giuoco e perduto. Egli rise! Aveva infatti giocato, ma aveva guadagnato.

      Durante la mattina, lavorando con lentezza e fermandosi a sognare nel fissare un nome o una cifra, ebbe l’idea strana che forse a quell’ora l’amore di Annetta era già cessato e ch’egli non ne avrebbe più sentito parlare. Era ammissibilissimo, perché un amore nato così presto, il prodotto della necessità e della rassegnazione, poteva morire con la medesima rapidità con cui era nato. Non provò alcun timore che così potesse accadere! Se qualcuno glielo avesse annunziato come fatto avvenuto, egli non avrebbe avuto né sorpresa né dolore se anche non piacere. Sarebbe stato liberato dai dubbî ch’erano di molto più gravi di quelli ch’egli poteva sopportare. Sapeva che in questo caso Annetta, non che sua amante, non sarebbe stata più neppure sua amica e ch’egli sarebbe ricaduto fra il volgo degl’impiegati da cui non era distinto che da questa sua relazione. Ma anzitutto desiderava di riavere la sua pace e la sua tranquillità.

      A casa lo attendeva una lettera. Era di Annetta; ne riconobbe subito la scrittura, certi tratti rotondi e piccolissimi ch’egli aveva avuto l’occasione di conoscere lavorando con essa al romanzo. L’aperse subito. Forse in quella lettera v’era la parola che lo avrebbe tolto alla sua tortura. Potevano esserci o nuove affettazioni d’amore, o scuse ricercate per liberarsi da lui.

      S’ingannava! Nella lettera non trovò nulla di affettato.

      Scritta per raccontargli qualche cosa ch’egli non ancora sapeva, era dapprima tutta dedicata a questo fatto, un’esposizione serrata con qualche piccola osservazione che doveva togliere dei dubbî o prevenire qualche opposizione. Annetta cominciava col premettere con poche, semplici ma affettuose parole, ch’essi formavano ora una sola persona in quanto a scopi e interessi e che perciò ella si attendeva ch’egli riponesse intera fiducia in lei. Avrebbe perciò anche agito senza fargli ulteriori comunicazioni che, ella lo comprendeva, non potevano essergli aggradevoli. Ma ora le occorreva il suo aiuto. Ella intendeva di andare dal padre e dirgli subito tutto. Sarebbe stata una brutta scena e non c’era da meravigliarsene perché la sorpresa e anche il dolore non dovevano essere piccoli nel vecchio Maller che per la figliuola, a torto, ella s’affrettava di aggiungere, aveva sognato tutt’altra cosa. Ella non poteva ripromettersi di fargli mutare così presto di parere, e così Alfonso, per breve tempo bensì, ne era certa, sarebbe rimasto esposto a degli sgarbi forse anche a delle brutalità. Amandolo, ella avrebbe sofferto per ogni parola meno che dolce che a lui fosse stata diretta, e, per il decoro di Maller, gli proponeva che abbandonasse per qualche tempo la città. Aveva già detto al padre che Francesca aveva il desiderio di mandarlo con un suo incarico al villaggio e Maller stesso aveva promesso di fargli offrire il permesso. Ella lo pregava di accettarlo.

      La lettera si chiudeva, ma si riapriva in un poscritto, altre due facciate fitte fitte. Ella voleva rivederlo una volta, una sola volta prima della sua partenza e lo pregava di trovarsi la sera del giorno stesso accanto alla biblioteca civica, su quell’erta verso la villa Necker ove ella già altre volte lo aveva veduto.

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