Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti. Italo Svevo

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Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti - Italo  Svevo

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il capostazione avesse potuto dare notizie di un singolo passeggiero.

      — Non arriva oggi! E lei che cosa fa da queste parti?

      — Arrivai or ora! — rispose Alfonso stupefatto che non si sapesse della sua lunga assenza.

      — Ah così! — Poi anch’egli dolente di dimostrare tanta ignoranza dei destini di Alfonso, volle correggersi. — Sono tanto distratto io! Se sapevo ch’ella era assente! Me lo avevano detto Macario e Maller.

      S’incamminarono. Attraversarono la piazza e infilarono la via Ghega che s’internava nella città da quella parte compatta, circoscritta. Con pochi passi si arrivava alle vie maggiormente abitate.

      — In lutto? — chiese Prarchi con sorpresa che riteneva legittima.

      — Sì, per la morte di mia madre.

      Prarchi gli fece le sue condoglianze, poi, seccato di non saper parlare a tono, volle congedarsi. Ma Alfonso aveva troppo grande desiderio di udire al più presto notizie di casa Maller e gli offerse di accompagnarlo da qualunque parte si fosse diretto.

      Poi, vedendo che Prarchi rimaneva muto, gli raccontò che da oltre un mese era assente dalla città e che nessuno si era curato di dargliene notizie; lo pregava intanto di voler raccontargli se qualche cosa di nuovo fosse accaduto ai singoli membri del club del mercoledì. Abilmente faceva credere che quelle non erano che parte delle notizie che gli premevano, mentre con una sola parola Prarchi avrebbe potuto togliergli ogni altra curiosità.

      Ma Prarchi non la disse e parlò di Fumigi. Ripeté in parte cose che Alfonso già conosceva. Dopo la liquidazione forzata della casa di Fumigi, s’era manifestata in costui una malattia che Prarchi subito aveva definito per paralisi progressiva quando gli altri ancora erano incerti fra questa e spinite. La voce di Prarchi non isvelava commozione che quando raccontava di qualche sua risposta con la quale velatamente aveva dato dell’ignorante a un medico notissimo. Il triste destino di Fumigi aveva dato delle bellissime soddisfazioni al giovine medico e parlava di queste non di quello. Prarchi aveva fatta un’altra asserzione giusta e ch’era stata confermata dai contabili di Maller. Non la malattia di Fumigi era stata la conseguenza della sua rovina commerciale, ma invece quella era stata la causa di questa; i primi sintomi della malattia s’erano manifestati precisamente nei suoi affari.

      — Oh! un fatto tragico! — e qui Prarchi si commosse di una commozione chiassosa. — Il lavoro di tutta una vita perduto per qualche nervetto che si è corrotto. Quell’imbecille, pur sentendosi ammalato, ha voluto continuare a lavorare e in poche settimane ha saputo fare di tali speculazioni che la saggezza di tutta la sua vita non compensa. Chiamare il medico in tempo è talvolta un grande vantaggio.

      Sempre fermo nel suo pensiero unico, Alfonso trovò il modo di costringere Prarchi a parlare di Annetta.

      — Non è per amore ad Annetta che s’è attirato questa malattia?

      — Non lo credo! — rispose Prarchi. — Forse è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma sono malattie che si formano lentamente. Chissà da quanti anni essa minava l’organismo di Fumigi! Lavorò troppo e visse da celibe; non mi pare che occorrano altre spiegazioni. Oggi noi possiamo seguire i progressi della paralisi, ma certo è da molto tempo ch’essa s’era messa in marcia. È caratteristico che anche adesso egli continua a fissare con le cifre.

      Attraversarono via dei Forni muti ambidue. La casa Maller, vista attraverso a quell’atmosfera satura d’acqua, aveva il medesimo aspetto che attraverso alla nebbia il giorno della partenza: grigia, solenne, chiusa. Gli abitanti di quella casa, ad onta dell’ora avanzata, dormivano ancora.

      Prarchi non guardava da quella parte. Egli pensava ancora a Fumigi.

      — Adesso me lo confidano, — disse con amarezza, — quando è già passata la fase più interessante. Non che prima avrei potuto apportargli giovamento, ma adesso assisto al processo con piena indifferenza perché è processo descritto le migliaia di volte con tutta esattezza, mentre prima deve essere stato interessante di assistere all’offuscarsi di quella mente solida abbastanza per avere dei conati alla resistenza.

      Alfonso non apriva bocca disperando di poter apprendere da Prarchi delle notizie su Annetta. Se avesse avuta la coscienza tranquilla avrebbe potuto chiederle esplicitamente, ma non osò.

      Congedandosi, appena Prarchi cadde su quell’argomento. Salutò Alfonso di là dal ponte, gli strinse la mano e a bruciapelo gli disse ridendo:

      — Basta che la signorina Annetta non abbia fatto un’altra vittima! — e guardava fiso Alfonso. — Già era da prevedersi che Macario avrebbe finito col prendersela. Lei è abbastanza intelligente per averlo preveduto come l’ho preveduto io.

      Invece, per quanto Alfonso fosse stato prevenuto, la notizia gli diede due sorprese. Una la notizia stessa alla quale non s’era atteso e l’altra al sentirsi trasalire dolorosamente per una gelosia amara. Come al solito, studiò il contegno da prendere acciocché Prarchi non si avvedesse della sua emozione e gli parve che troppa disinvoltura avrebbe potuto dare sospetto.

      — Davvero? — chiese sorpreso ma, sembrò, aggradevolmente. — È però ufficiale? — Non volendo mostrare di dubitar della verità della notizia, aggiunse per spiegare la sua domanda: — Si può subito congratularsene?

      Gli parve tutt’ad un tratto che non potesse essere vero.

      Prarchi gli disse che non era ufficiale e che egli non ancora s’era congratulato con Macario, ma che però era sicuramente vero. Il club del mercoledì non esisteva più ed era venuto Federico da Parigi per assistere alla promissione della sorella.

      — Forse subito agli sponsali, — aggiunse Prarchi ridendo, — perché si dice che Macario abbia grande fretta e che neppure ad Annetta piacciano le cose lunghe.

      Che il club del mercoledì più non esistesse e che Federico improvvisamente fosse venuto da Parigi non erano prove sufficienti che Annetta fosse promessa sposa, e, perché non erano tali, ad Alfonso ben presto sembrò che provassero addirittura che il tutto fosse falso, inventato di pianta.

      Prarchi se ne andò convinto d’essersi ingannato sui sentimenti di Alfonso per Annetta e Alfonso ebbe la soddisfazione d’esser riuscito a far credere a Prarchi nella sua indifferenza. Ciò lo calmò; nell’istesso modo si sarebbe sempre contenuto e, come Prarchi, avrebbe ingannato tutti.

      Appena rimasto solo comprese, indovinò che Annetta già allora doveva essere fidanzata a Macario. In quel fatto non v’era nulla che potesse sorprenderlo. Era stato avvisato che così sarebbe avvenuto ed era strano che ricevendo la lettera di Francesca, quella che gli aveva portato tale avviso, egli non avesse provato la fitta al cuore che dinanzi a Prarchi quasi gli aveva fatto dare un grido. Anche questo spiegò. Là nel villaggio, viste da lontano, le cose perdevano della loro importanza. Lo aveva agitato più l’odio di Creglingi che non le minaccie di Francesca.

      Attraversò la piazza, assente in mezzo al frastuono delle venditrici di frutta e d’erbaggi. Si trovava circondato da crocchi di domestiche che facevano le loro provviste. Tranquille, avevano l’aspetto franco cui l’oretta d’indipendenza dava loro diritto. Qualche padrona o qualche signorina passava affaccendata accompagnata dalla fantesca. Egli non chiedeva di passare; attendeva a lungo che i gruppi si sciogliessero per lasciargli libera la via o anche che una singola di quelle persone, vestita trascuratamente ma gli stivaletti neri, lucidi, spostasse il grande ombrello, per fargli posto. Nel suo stato d’animo era lieto di dover camminare tanto lentamente.

      Ma

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