Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti. Italo Svevo

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Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti - Italo  Svevo

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una fortuna. Affrontarlo senza sapere che cosa pensasse di lui gli faceva venire la pelle d’oca; in qualunque caso era meno disaggradevole avvicinarlo preparato e dopo aver studiato il contegno da seguire.

      Il colpo giunse inaspettato e da Cellani, dal suo miglior amico fra’ superiori. Costui lo accolse con una freddezza eccessiva. Non cessò di scrivere e non alzò il capo che una sola volta per guardarlo in faccia biecamente.

      — Le raccomando di lavorare molto, — disse ad Alfonso interdetto, — procuri di riguadagnare il tempo perduto. — Alfonso aveva già aperta la porta per uscire allorché venne chiamato: — Signor Nitti! — Rientrò pieno di speranza attendendosi da Cellani, col carattere mite e espansivo che gli conosceva, qualche parola più amichevole di saluto, o cortese di conforto. Invece Cellani, dopo assicuratosi che lo aveva di nuovo dinanzi a sé, lo avvisò, sempre freddamente, ch’era stato incaricato da Maller di fargli le sue condoglianze e di avvisarlo che lo esonerava dal fargli quella visita di saluto d’uso dopo una lunga assenza. Sembrava che attendesse con tutto il suo pensiero a scrivere perché macchinalmente la sua voce si modulava secondo i movimenti della penna. — Il signor Maller è molto occupato! — aggiunse con voce sorda quasi gli fosse sembrato che anche questa spiegazione era stata di troppo.

      Alfonso di nuovo avrebbe avuto bisogno di restare solo per riflettere, comprendere chiaramente quali conseguenze egli avesse da trarre dal contegno di Cellani. Uscì da quella stanza indeciso; certo egli avrebbe dovuto dire qualche parola, lo sentiva, ma non sapeva quale. E chiusa la porta di Cellani ebbe un rimpianto.

      Non si poteva ritornare indietro ed egli certo non s’era contenuto come avrebbe dovuto.

      Non seppe come egli si fosse trovato in speditura, la stanza situata di faccia a quella di Cellani. Con la sua voce solida, sicura, ma non aggradevole, Starringer gli disse che si condoleva con lui per la morte della madre e gli strinse la mano quasi fino a schiacciargliela. Poi, non sapendo ch’era venuto giusto allora e che non aveva ancora cominciato a lavorare, gli chiese:

      — Ha posto lei questa lettera sul mio tavolo?

      — Sono in ufficio da cinque minuti, — rispose Alfonso.

      Ballina lo fermò sul piccolo corridoio dinanzi alla sua stanza.

      — Sono cose — gli disse — che accadono a tutti, è doloroso ma... — e non terminò che stringendogli fortemente la mano forse per il timore di dire qualche sciocchezza.

      Nella sua stanza si trovò per pochi minuti solo. Poi venne Alchieri a condolersi. Costui voleva anche sapere come la malattia della signora Carolina si fosse sviluppata, con quali sintomi; aveva udito dire ch’era morta di male di cuore, e, temendo fortemente per se di quello stesso male, voleva approfittare dell’occasione per farsi istruire. Alfonso rispose a monosillabi, e Alchieri attribuì questo laconismo al dolore e alla ripugnanza di parlare di quell’argomento.

      Alfonso invece aveva sempre fitto nella mente il medesimo pensiero: Esaminare quali cause potessero aver imposto a Cellani, persona buona e cortese, quel contegno villano. Non distrazione e non proprî dispiaceri perché, era stato facile avvedersene, quella freddezza e quella mancanza di riguardi erano volute.

      Egli s’era posto dinanzi al suo tavolo dall’aspetto immutato come l’aveva lasciato, nella casella di mezzo un foglio di carta, una lettera sbagliata che non si era potuto spedire, il calendario a destra con i giorni cancellati fino a quell’ultimo in cui Cellani con cortesia sorridente gli aveva offerto il permesso.

      Era odiato da Maller e da Cellani. Prima di abbandonarlo Annetta lo aveva denunziato al padre. Chissà con quali parole era stato descritto! Risoltasi ad abbandonarlo e a sposare Macario, Annetta doveva odiarlo intensamente, e a lei stessa egli poteva sembrare un seduttore, forse violentatore, perché niente è più facile che di cancellare dalla mente una propria colpa quando non è stata né parlata né scritta. Egli sarebbe rimasto rappresentato quale il solo colpevole, e Maller e Cellani certo pensavano di lui ch’egli aveva preso Annetta a tradimento.

      Come si sarebbe difeso se gli si fosse lasciata la parola? Semplicemente avrebbe esposto con sincerità i fatti, tutto quanto era succeduto dacché Annetta con tanta benevolenza lo aveva accolto in casa sua. L’aveva amata e non era stato riamato ma tollerato; ciò aveva contribuito a esasperare i suoi sensi. Avrebbe alterato la verità soltanto per non divenire l’accusatore di Annetta, non per far apparire minore la propria colpa, perché in verità era stata dessa a fargli perdere la testa con le sue civetterie e dessa anzi aveva battuto per la prima quella via che li aveva traviati.

      Alchieri gli chiese se avesse salutato Sanneo. Se ne era infatti dimenticato. Andò alla stanza del capo correndo, paventando d’imbattersi improvvisamente in Maller o di nuovo in Cellani.

      Aveva temuto per un istante di trovare anche da Sanneo il trattamento subito da Cellani. Fu ben presto disingannato perché Sanneo lo accolse con la cortesia esagerata che usava trattando d’oggetti estranei all’ufficio. Gli fece le condoglianze su un tono amichevole, trovò che il suo aspetto era tutt’altro che florido e aggiunse ch’era da sperarsi che in ufficio, nella quiete del lavoro, ben presto si sarebbe rimesso. Lo pensava sinceramente; non aveva detto queste parole per rendere più attivo il suo impiegato. Poi appena passò a parlare del lavoro il suo tono divenne più freddo. Lo aveva atteso con impazienza. Voleva che Alfonso assumesse il lavoro che gli era stato destinato nei giorni prima della sua partenza, dunque anche la liquidazione e di più qualche poco di corrispondenza tedesca.

      Alfonso accettò. Sapeva ch’era troppo, ma non gli dispiaceva. Col suo lavoro si sarebbe reso indispensabile alla banca e gli balenò alla mente la speranza di farsi amare da Maller come impiegato poiché come uomo ne veniva odiato. Anche più tardi ci pensò. Che cosa c’entravano gli affari d’ufficio con quelli di famiglia? Per Alfonso i suoi con Annetta erano affari di famiglia.

      La notte prima era morto Jassy dopo una malattia di pochi giorni di cui aveva passato la metà in ufficio. Il poveretto aveva sempre creduto d’essere indispensabile ed era morto con questa convinzione perché la malattia non gli aveva lasciato il tempo di misurare quanto indifferente fosse la sua assenza alla banca Maller e C. Il toscano Marlucci diede ad Alfonso l’annunzio del decesso invitandolo, nello stesso tempo, a sottoscrivere per una corona mortuaria con la quale gl’impiegati in comune volevano onorare la memoria del vecchio collega.

      Non tutti gl’impiegati sapevano dell’assenza di Alfonso di un mese e mezzo. Quando Alfonso raccontò a Marlucci che non poteva aver saputo della morte di Jassy essendo stato assente, il toscano non celò la sua sorpresa, e, quando apprese che durante questo tempo era morta la madre di Alfonso, non si rammentò di dimostrare partecipazione. Rasciugando la firma che Alfonso aveva apposto al foglio, sempre badando a fare lentamente per non macchiarlo, comunicò ad Alfonso che il funerale di Jassy doveva aver luogo il giorno appresso.

      Poco dopo venne Sanneo portando seco un pacco di lettere, tutti gli arretrati che durante l’assenza di Alfonso non si erano potuti sbrigare.

      — Mi metto a lavorare subito, — disse Alfonso, ma tanto esitante ch’era una chiara domanda di esser lasciato libero per quel giorno. Aveva da metter in ordine la sua stanzetta e, quello che gli premeva di più, voleva depositare presso un’altra banca i suoi denari.

      Sanneo imitò Alfonso. Gli disse che per quei sospesi non c’era premura, ma ebbe l’aspetto malcontento così che Alfonso rapidamente deciso si mise subito al lavoro. Incominciava subito la sua opera di rendersi amici i suoi capi.

      Miceni venne a salutarlo e fu il primo che trovasse il tono sentito dell’amico che si conduole. Disse che sentiva profondamente il dolore di Alfonso essendo anche lui recente dell’identica sventura e raccontò commosso della

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