L'assedio di Firenze. Francesco Domenico Guerrazzi
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Читать онлайн книгу L'assedio di Firenze - Francesco Domenico Guerrazzi страница 38
Dalla porta uscì un nuovo personaggio, e le imposte gli si chiusero, come per moto proprio, senza rumore alle spalle.
Egli aveva la veste, non la sembianza, di cappuccino; — si gittò giù sopra le spalle il cappuccio esclamando con ardita voce che singolarmente contrastava al mistero col quale era stato introdotto:
«In fè di Dio avrei molto meglio tolta sul capo una partigiana che questo cappuccio di frate. — E' mi pare che mi abbia spento quel po' d'intelletto che v'era rimasto dentro... Di grazia, il cappuccio di frate costuma sempre così?»
Il nuovo venuto era un capitano perugino, anima dannata di Malatesta Baglioni; si chiamava Cencio, per soprannome Guercio: alto della persona ed aiutante; di volto ignobile, di colore giallastro, intorno agli occhi un cerchio tra il verde e il violetto, increspato d'infinite rughe in segno di lascivia, e forse anco cagionate da quel continuo stringere dei muscoli visuali che l'uomo fa nei climi di mezzogiorno per le sue costumanze costretto a consumare la vita nei campi aperti inondati dal sole. Il soprannome accennava un difetto di lui; quando la pupilla destra fissava in certo punto determinato, deviava la manca in molto sconcia maniera; quando la manca andava al segno, sbalestrava la destra. Abietto come uno schiavo, arrogante come un compagno ai misfatti d'un principe, insopportabile come un plebeo che reputa l'opera sua necessaria. — Così almeno ce lo descrivono le memorie dei tempi.
Un raggio di luce piombando dalle finestre superiori circondava la persona del Pontefice. La gravità del volto, la magnificenza delle vesti, la solennità dell'attitudine, santificate, per così dire, da quel raggio solitario, lo rendevano venerabile. — Il petulante soldato gli si accostò nel modo che si usa fra antichi famigliari e non fece atto nessuno di riverenza e di ossequio. Clemente allora stese la mano quasi per vietargli s'inoltrasse più avanti; ma egli gliela prese e, forte stringendola, esclamò:
«Che Dio vi conceda il buon giorno e il buon'anno, messor lo Pontefice, Voi mi parete, con buon rispetto vostro, Lazaro resuscitato: state lieto, che presto riavrete Fiorenza: su, allegro via: se non sollevate l'animo, davvero, prima di tornare a Roma, ho paura che ve ne andiate a Scesi...»[102] E così continuava.
Il Papa ritirò la mano, e le guance per vergogna gli diventarono vermiglie. Poco fa un imperatore prostrato gli baciava i piedi, adesso un masnadiere gli stringe la mano non altramente che se fosse un fratello in ribalderia o femmina di partito. Così è: chi si compiace andare per vie fangose, non deve dolersi se s'imbratta i sandali; — e fin dalle età rimote Dante insegnava: In chiesa co' santi, in taverna co' ghiottoni.
«Santità, che vi par egli? Vi ho servito ha dovere? Avrei voluto riporre i rocchetti d'oro che mi furono consegnati per ordine nostro nel forziere di qualche magnificenza di ambasciatore, ma e' non mi riuscì mai di penetrare di notte nella loro stanza; — e poi, vedete, io non mi sapeva risolvere a perdere que' bei rocchetti d'oro; ho propriamente violentato la mia natura; in fè di Dio, non vi salti in capo un'altra volta di comandare a un soldato che si disfaccia di così ricca roba. Se si tratterà di levargliela... oh! allora la bisogna sarà diversa; di questo me ne intendo più di voi, Beatissimo Padre; avrei loro tolto anche il cuore senza che se ne accorgessero. — Comunque sia, vi ho contentato. — Voi avreste veduto come quel pecorone del Rucellai cascò dalle nuvole quando gli trovarono i rocchetti d'oro dentro la valigia; e fu una bella burla... una burla papale in verità. — Io dei rocchetti non ne ritenni pur uno; — ci potete credere, com'è vero che noi siamo qui; — ci posso giurare sul Sacramento. — Vostra Santità, che comprende il sacrifizio, — lo sforzo, — vorrà ricompensare da par suo la mia virtù.»
Il volto del Papa non dimostrava nessuna delle interne passioni; e nonpertanto un pensiero di sangue gli traversava l'anima: quel giorno era l'ultimo pel masnadiere, se la restante sua vita non avesse dovuta adoperarsi nel tradimento in favore di papa Clemente.
Il Papa, non gli bastando rendere i suoi concittadini infelici, che nel suo perfido consiglio li voleva anche infami, meditò l'oltraggio di far nascondere i rocchetti d'oro nelle valigie degli ambasciatori e come frodatori di gabelle vituperarli alle porte di Bologna, i ricordi dei tempi raccontano essersi indotto a simile turpitudine pei mali conforti di Baccio Valori. La giustizia divina vedremo un giorno premiare costui secondo i meriti suoi con un guiderdone di sangue; ora i Medici esaltano l'empio cittadino. — Alla distruzione della patria egli vigila commessario del Papa nel campo. — Cammina per la tua via; Dio non paga il sabato; intanto i Medici ti porgono la sinistra con una borsa di danaro, tu non vedi la destra; tempo verrà che ti daranno anche quella e armata di scure sul capo. — Però il fatto riuscì diverso dal come lo avevano immaginato. I soldati commossi all'oltraggio onorarono gli ambasciatori; il popolo sospinto all'insulto, accortosi dell'inganno, applauso alla venuta loro meglio non avesse fatto a Carlo V. — E il Papa, che aveva raccolto quel fango senza potere insozzarne i suoi concittadini nel volto, si rimase con le mani imbrattate.
«Orsù via», interruppe Clemente a gran pena frenando l'impeto dell'ira, e nondimeno favella con parole sommesse e gli angoli della bocca dilata quasi al sorriso, «soldato, adempi la tua commissione: — affrettati a dirci, perchè il nostro tempo ci è caro, se il tuo signore Malatesta, risovvenendosi alfine di essere figlio e suddito della Sedia Apostolica, si delibera abbandonare le parti dei ribelli che ha tolto a sostenere. S'egli vuol farle, si faccia ed in breve; dacchè, consenta egli o repugni, poco importa alla somma delle cose, la quale sia nell'arbitrio nostro; noi ci volgiamo a lui solo perchè ci punge paterna cura di vederlo rientrare nel grembo di santa Chiesa, la quale come madre amorevole le andate ingiurie dimenticando gli apre le braccia; — perchè vogliamo risparmiare l'effusione del sangue cristiano; — perchè non rimanga guasta la terra.»
«Papa Clemente, voi siete nato vestito: — a Malatesta tarda uscire di Fiorenza quando a voi tarda di entrarvi; ed anzi, quando presi commiato da lui, mi richiamò addietro e mi raccomandò significarvi... aspettate un poco che mi rammenti per l'appunto come mi ha incombenzato dirvi.... ecco, così: — Cencio, farai in modo di persuadere a Sua Santità che il giorno più bello della mia vita sarà quello in cui, mercè l'opera del suo servo Baglioni, tornerà la sua famiglia ad albergare il palazzo de' suoi maggiori...»
Clemente in questo punto tradì sè stesso: balzò in piedi, proruppe in dimostrazione di allegrezza, e, mal sapendo che cosa si facesse, si trasse dal dito l'anello pontificale e lo pose in quello del masnadiero. Cencio, come colui che astutissimo era, se lo cavò subito dal dito e lo ripose diligentemente nella cintola. Il Papa, fissandolo dentro agli occhi, interrogò:
«Guarda dall'ingannarmi. Io ti farei mettere in pezzi anche nel tempio di Cristo in Gerusalemme! Tu non mentisci?»
«In fè di Dio, e vi par'egli che vorrei commettere un tanto peccato? Forse non so che per ogni menzione conviene penare sette anni nel purgatorio? O che credete l'anima non prema anche a noi? Però il pericolo è grande, e vi abbisogna mercede proporzionata. — Sul prezzo ci accomoderemo di leggieri; sul modo del pagamento, con maggiore difficoltà...»
«Desideri Malatesta; — si sforzi a desiderare: — noi qualunque sua voglia faremo piena. Ama la salute dell'anima? — Noi gli apriremo le porte del paradiso, senza che pur di volo tocchi il purgatorio.»
«Anche questo a qualche cosa è buono, ma or si domanda», e con la mano il masnadiero faceva atto del soppesare, «e ora si domanda.... via.... meno spirituale guiderdone.»
«Ben lo sapevamo noi che senza prezzo nulla si compra: — esponi il patto.»
«Prima di tutto, il signor Malatesta vuol sangue.»
«Sangue? Di cui sangue?»
«Di Sforza e di Baccio Baglioni, seguaci,