Della scienza militare. Blanch Luigi
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La filosofia è questa scienza legislatrice suprema: in essa si condensano e cercano spiegazione tutt'i fatti che dall'intelligenza o dalla volontá sorgono. Trattando dell'uomo, del mondo e di Dio ci eleva alle piú alte questioni sui nostri destini, descrive e circoscrive le nostre forze deducendole dalle nostre facoltá, misura le relazioni della intelligenza con la volontá e della volontá con l'intelligenza, e spiega perché il detto di Bacone è una veritá primitiva «che la scienza è forza e che l'uomo tanto può per quanto sa», giacché è costante che l'uomo è debole in presenza de' fenomeni che non comprende e riprende forza quando in una legge gli ha fatti rientrare. Quali sieno le relazioni della filosofia con le scienze belliche è facile il conoscere, perché altro non sono che quei rapporti naturali che aver deve una scienza superiore con le subordinate. E come la filosofia tratta dell'uomo, del mondo e di Dio, e la guerra ha per agente principale l'uomo, per teatro il mondo ed è un istromento de' misteriosi fini di Dio, ne risulta che queste relazioni vi sono piú complete, perché in un esercito vi è una societá tutta intera con le sue condizioni ed ha un fine a raggiungere.
In fuori di una memoria originale sulla teorica, cercammo su questo ramo dello scibile come negli altri profittare delle pregevoli opere uscite alla luce per isvolgere queste idee e dedurne gli enunciati rapporti, e preferimmo, com'era naturale, quelle che trattavano della storia della scienza e la coordinavano con quella della societá nei diversi periodi, mostrando come nel movimento della intellettuale coltura era stata una determinata disposizione a rinnovare l'influenza della civiltá antica che era stata oscurata dalla dominazione dei popoli del nord nelle contrade occidentali, perché consideravamo questo fatto morale e sociale come il piú importante a notarsi nella storia moderna, che sorgeva con abbattere quella del medio evo negli elementi che dalla conquista sorgevano; e le scienze che trattammo, nelle loro relazioni tutte, a questo fine conducono nel loro svolgimento. Ciò fatto, ci era meno difficile dedurne il nesso che tutte le scienze hanno tra esse e quello che costituiva l'oggetto principale del nostro lavoro. Tutti questi lavori sussidiari sulle scienze morali formano trentanove discorsi, di cui quattordici sono di giá nella Miscellanea pubblicata al 1836 e preceduti da una prefazione per mostrarne il legame.
Cosí credemmo che quanto asserimmo nei nostri Discorsi veniva appoggiato dai nostri lavori sussidiari; e che se in essi si trovava che da qualunque punto si prendeva ad osservare il movimento della societá e dello scibile, questo svelava la loro unitá, ben dicevamo in conseguenza quando stabilimmo che lo stato della scienza militare presso un popolo doveva iniziare all'insieme del suo stato sociale. Il che dir voleva il chiaro signor Cousin quando nella sua lezione nona del Corso del 1828 queste eloquenti parole pronunziava: — «Datemi — egli diceva — lo stato militare di un popolo e il suo modo di far la guerra, ed io m'incarico di rintracciare tutti gli altri elementi della sua storia, poiché tutto a tutto si lega e si risolve nel pensiero come principio e nell'azione come effetto, nella metafisica e nella guerra. Perciò l'organizzazione degli eserciti, la strategia stessa importa alla storia. Voi tutti avete letto Tucidide. Vedete il modo di combattere degli ateniesi e de' lacedemoni. Atene e Sparta vi son tutte intiere».
Questo luogo riportato, che basta al nostro fine e che dá un appoggio autorevole alla nostra tesi, vien confermato da quanto un uomo illustre nella guerra, nella pace e nelle lettere diceva sullo stesso subbietto. Ecco come il generale Foy si esprime nella Guerra della penisola da esso dettata (pagina 259, libro quinto): — «Il genio della distruzione ha le sue sublimi rivelazioni, le quali risvegliano una potenza di pensiero superiore a quella che presiede alla creazione della poesia e della filosofia, e la piú alta parte dell'arte, la strategia, è filantropica nei suoi svolgimenti».
Chiara è la concordanza de' due autori i quali partendo l'uno dalla filosofia e l'altro dalla guerra, giungono ad esporre la stessa veritá, base del nostro lavoro.
Avendo cosí dimostrato il nesso della guerra con le scienze fisiche e morali, dovemmo per il metodo adottato trattare piú particolarmente le quistioni secondarie della guerra e farne apparire le relazioni ed il nesso con le principali; per cui profittammo della militare Antologia, di cui il benemerito redattore fu compiacente a permetterci d'inserire una serie d'articoli che avevano per fine di risolvere alcune quistioni della scienza che importanti ci sembrano e che sono le seguenti:
1. La guerra è una scienza?
2. Si può col solo entusiasmo popolare combattere con successo eserciti regolari?
3. Vi sono dei limiti nella scienza della guerra, nella sua applicazione, che derivano dallo spazio, dal tempo e dagli accidenti locali? questi ostacoli possono dal genio essere sormontati? i metodi possono contribuirvi? i grandi capitani fanno scuola? fino a che punto la loro azione è circoscritta? le guerre fatte ad un popolo barbaro sono sufficienti a stabilir la riputazione di un gran capitano?
4. Che azione esercita la militare amministrazione sulle operazioni belliche? il comando ed il governo di un esercito richieggono identiche o diverse qualitá? dallo stato dell'amministrazione di un esercito può dedursi lo stato di civiltá di un popolo e fino a che punto?
Gli articoli sulle Lezioni di strategia del capitano Sponsilli sí giustamente apprezzate dai conoscitori, e l'analisi del Saggio di fortificazioni del tenente colonnello Uberto, opera pregevole, ci posero al caso di determinare che la guerra era una scienza non esatta ma approssimativa, che rivestiva piú il carattere delle scienze morali che dell'esatte e naturali, perché né la geometria né le sostanze erano esseri liberi ed atti ad operare d'appresso la loro istantanea determinazione, e che facendosi la guerra con gli uomini e per gli uomini, per quanto artificialmente si circoscrivesse la volontá de' piú, questa sovente si mostrava, e sempre nell'alta gerarchia era piena ed intera, e che in conseguenza era speranza vana sottometterla alle regole delle scienze esatte; che se ciò si era potuto fare non completamente ma in un modo piú largo per la guerra d'assedio, era giusto, perché ivi gli elementi materiali accennati avevano una maggiore importanza, e se le previsioni scientifiche di quelle operazioni non si realizzavano pienamente, era sempre l'effetto della influenza delle milizie, cioè degli uomini, che impedivano l'esito calcolato; e questo esempio dimostrava l'impossibilitá di sottomettere la guerra di campagna a risultamenti esatti e preveduti, e che vera restava la massima del grandissimo in guerra, che in essa la parte morale determinava i risultamenti per tre quarte parti.
L'articolo che dettammo sulla Filosofia della guerra dello Chambray e quello sulla Biblioteca storica militare pubblicata dal Souvant e dal Leskine ci servirono a fermare lo stesso enunciato principio, cioè che stabilendo che la guerra come le scienze tutte aveva la sua parte filosofica, bisognava da un tal lato considerarla per iscovrire le sue intime relazioni con le scienze morali, e che perciò rivestiva lo stesso carattere di esse, cioè di essere per loro natura non esatte ma approssimative. E al proposito della scelta collezione storica indicata, cercammo dimostrare che la cognizione