Lo assedio di Roma. Francesco Domenico Guerrazzi

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Lo assedio di Roma - Francesco Domenico Guerrazzi

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cittadini morì;[1] e bada qui, sta' attento, la Patria siamo noi.—

      [1] Plutarco in vita Aristid. § 20

      La Libertà è cosa oltre ogni estimativa preziosa, bisogna che tu popolo la paghi cara, anzi carissima. Lo ha detto chi non poteva fallare. Ma dove alberga, di grazia, e come ha faccia la Libertà? La Libertà è pianta che cresce; e vive a Torino, dove gli alberi privi dell'onore delle foglie paiono spettri sette mesi dell'anno; là Libertà, guardaci bene, è fatta ad immagine nostra.

      Insomma, come la donna adultera della scrittura, questa setta empia si frega i denti e dice:—io non ho peccato!—All'opposto, sfrontata e bugiarda dopo avere seguito da lontano il Lione del popolo e dopo essersi, sozzo Jakallo, pasciuta dei suoi rilievi, montata su i trampoli, strilla:—-io feci, io fui.—

      Sembra impossibile a qual punto d'insania ella trascorra, perocchè adesso senza impeto alla scoperta ti affermi:—tarlo della Monarchia, io m'imposi; trovo il mio conto a roderla, e con lei mi sto, nè fie che me ne diparta finchè io non miri il popolo in procinto di empire le città di sangue con battaglia cittadina.—

      Il popolo ode queste sentenze uscire dalla bocca di coloro, che gli si professavano amici; leva gli occhi lenti e tardi a guardarli; li nota e ruguma sopra i tempi passati, e gli avvenire.

      E a noi, che gli parliamo parole di speranza, e gli diciamo: «non badare a cotesti insensati, è una eclissi che passa, una nuvola traverso la faccia del sole; ripiglieremo la via interrotta, cesseranno le mostre sceniche, i giorni delle vere battaglie torneranno, i generosi sul campo daranno e riceveranno perdono;—il popolo brontola cupo, e scorrubbiato:—via di qua poeti, perchè storcerete voi sempre il senso alle parole? E che prò trovate a nascondere la realtà delle cose? Lo hanno dichiarato espresso, bisogna combattere, e vincere, allora e solamente allora ci daranno ragione; essi hanno torto, e lo sentono, ma la legge adoperano come della lacciaia i butteri; chi preso tentenna, sente stringersi il collo. Per quanto amore portate a Dio lasciatemi stare; io non vi chiamerò perfidi ingannatori, ma ingannatori siete perchè vi ostinate a volere essere ingannati. Ormai, dinanzi al popolo la setta empia mette due vie, quella di buttarsi sopra la terra e confidarsi nel tempo che consuma il tiranno e lo schiavo, i re, e i popoli, che logora le catene, e i polsi, i flagelli, e le schiene, appo cui tutto è foglia che disperde il verno; il tempo che ogni cosa travolge dentro ai sepolcri. Ah! poichè il sommo Creatore non volle impedire alla ingiustizia di ramificare le sue potenti radici sopra la terra a sollievo di tanta amarezza mandò la morte.—E' pare insensato, ma io popolo, affermo solennemente e predico, che senza la morte non potrei più sopportare la vita….»

      Ecco che ci risponde il popolo adesso che gli favelliamo liberi in tempi che salutano di libertà; prima, le nostre parole scendevano nel suo cuore, auspici la persuasione, e la speranza; adesso la rabbia le respinge pari al demonio che sbatte le porte in faccia all'angiolo, nella divina Commedia. E l'empia setta[1] presume conoscere il popolo, e si vanta tenergli le mani nei capelli. «Esagerazioni! ella esclama, qualcheduno di coloro che a prezzo di vita acquistarono un regno alla Italia morì di fame; forse tal'altro per non patire vergogna portò contro di sè le mani violente; le sono cose che tutto dì accadono, nè per questo se ne «turbano l'ordine delle stagioni nell'anno, nè lo appetito a noi.»

      [1] Io ho chiamato la setta, o vogliamo dire camorra dei Moderati, empia setta; mi cade adesso il taglio di chiarire la ragione, ond'io adoperassi, e continui ad adoperare così.—I Moderati furono gli assassini di Gesù Cristo, e decisero assassinarlo giusto allora ch'egli fece il miracolo di Betania, vale a dire la risurrezione di un morto, di Lazzaro! Imperciocchè, i Moderati non compaiano mica nuovi nel mondo, essendo pur troppo antiche la viltà, la cupidigia, l'amore disordinato di sè, l'appetito dei propri comodi anco a danno dell'universale, la rabbia di risucchiare fino l'ultima goccia di sangue nelle vene dello stato, la libidine di primeggiare per vie oblique quanto meno si sentono capaci di arrivarvi per le vie diritte; insomma, vecchia e vergognosa la sentina della razza umana. Dopo il miracolo di Betania, i capi del partito moderato in Gerusalemme si ridussero insieme e misero in deliberazione: «Gesù e il Giudaismo possono durare insieme?» Appunto come l'empia setta ha chiesto a sè stessa: «Moderati e Democrazia» possono durare insieme in Italia?—

      Ed in Gerusalemme ed in Italia risposero: no; dunque morte a Gesù, morte al Popolo, a quello con la croce, a questo moralmente s'intende e politicamente. Ernesto Renan (vita di Gesù p. 366. Parigi) in questa parte sicuramente da veruno controverso con precisione mirabile narra quale il partito Moderato in Gerusalemme, e le sue paure, e l'abiettezza, e gl'intenti interessati, e tu che leggi giudica se, e fino a qual punto ei corrisponda alla camorra moderata d'Italia. Da prima, nota una famiglia sacerdotale dalla quale si cavavano i sacerdoti, donde accadeva, che mutassero nomi non governi, cappe tutte tagliate dalla medesima pezza, a cotesta famiglia facevano capo i Saducei, setta arida, nei giudizi prosuntuosa, dura di cervice, persecutrice ardente e crudele, irrisora, maligna, bugiarda solenne; per tutti costoro Gesù rappresentava l'agitazione del popolo, e veramente era; tremavano a verga cotesti coniglioli con le granfie, se ne inalberasse lo imperatore romano a cui si erano dati corpo ed anima; costoro procuravano con tutti i nervi, che le generazioni passassero davanti la caverna dove dormiva il lione senza svegliarlo (concetto superlativamente moderato del signore D'Azelio) da un lato servi e tributari, per essere dall'altro padroni acerbi e rigidi collettori di tributi. Al privato interesse facevano velo della salute pubblica: questi arruffapopoli, essi dicevano come ora dicono i moderati dei patriotti, spingeranno la guerra contro Roma. Roma! Ma bisognava proprio avere dato a pigione il cervello o pur pensare alla guerra con lo impero romano attendere, industriarci a pigliare la lepre col carro, menare le cose avanti alla sordina, questa la somma sapienza.—E la sapienza era, che 37 anni dopo la morte di Cristo, del tempio non restava più pietra sopra pietra, Gerusalemme nido di volpi, il popolo d'Isdraele proprio affogato nel sangue, imperciocchè la guerra a lungo andare sia inevitabile tra popolo servo, e popolo tiranno, e gli Ebrei l'avrebbero forse vinta se in tempo traevano profitto del fermento rivoluzionario, il quale opera in due maniere: dal canto tuo ti cresce le forze con lo entusiasmo, dal canto del nemico gliele scema, ed anco gliele strugge dove abbia del bacato dentro, come appunto ne aveva lo impero romano oggimai volto al tramonto.—La virtù della rivoluzione partita da Gerusalemme fece come Scipione quando se ne andò a portare la guerra a Cartagine, passò a Roma, e ci crollò l'impero. E perchè si comprenda meglio se gli antichi omicidi di Cristo stieno per falsariga ai Moderati moderni, tu medita sopra le seguenti parole del Renan: «il partito dell'Ordine (io piglio i vocaboli nel significato angusto, e meschino) sempre e dovunque, apparve lo stesso. Pensando, che precipua cura del governo avesse ad essere l'attraversare ogni commozione popolesca, si dette ad intendere di fare opera patriottica prevenendo con l'omicidio politico il tumultuario spargimento di sangue. Niente curando il futuro egli non pensò come combattuto il moto iniziatore correva pericolo di sgualcire la idea destinata a trionfare un dì. La morte di Gesù fu una delle mille applicazioni di questa rea politica.»

      Ed ecco perchè chiamo la camorra dei Moderati empia setta. Gli antichi Moderati, misero Cristo, i moderni mettono in croce la Italia.

      Oh! dateci, ridateci i nostri gesuiti, e i vecchi sbirri, e le vecchie manette; dateci tutto, tutto, a patto che ci si ridia il popolo che tremava di odio contro lo straniero, il tempo che al cittadino italiano preso in sospetto di odiare meno l'oppressore della Patria era mestieri ripararsi in istranie contrade, la stagione nella quale un'uomo perchè aveva accettato ufficio da principe assoluto trovò chiusi i cuori e le porte dei suoi amici[1], la carcere dove si poteva serivere; il Papa vuolsi aborrire per tre tiranni però che porti tre corone sul capo[2].

      [1] L'auditore Forti di Pescia.

      [2] Assedio di Firenze.

      Non importa, però che l'uomo sia quasi un sasso nella mano del destino e gli tocchi andare dove si sente sbalestrato—e Nemesi duri, la quale vigila eterna; il sonno fugge dagli occhi

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