La Principessa. Jarro
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Читать онлайн книгу La Principessa - Jarro страница 18
Enrica alzò le spalle in atto di disdegno, anzi di sprezzo.
La luce del giorno entrava ormai nel salotto assai piena e si confondeva con quella che mandavano i lucignoli delle candele. Fra quelle due luci la fisonomia del principe appariva più disfatta; la sua gracilità, per la stanchezza, sembrava maggiore.
Invece la principessa, col suo roseo incarnato, con la forza delle sue linee, resisteva agli sbattimenti di quelle luci; la sua fisonomia, anzi che scomposta, era serena, riposata, come quella di un animale potente che ha soddisfatto una parte de' suoi appetiti.
—Non era questo l'uomo che ci voleva per me!—essa agitava in quel punto nella mente, guardando il principe.
E pensava ad un uomo, press'a poco come il guardacaccia, con cui avea un giorno sorpreso Cristina, senza vesti, nella stanza del castello sfarzosissima, ove i due si erano riparati.
Quella scena le tornava spesso alla mente.
—Ma parla pure…. ti ripeto,—bisbigliava il principe, baciandole la spalla, bianchissima, rimasta nuda, e appoggiandovi la testa….—parla delle tue ambizioni….
—Il mio desiderio,—replicò la principessa, pronunziando spiccatamente ogni parola,—sarebbe che tu ripigliassi la tua carriera: tornassi nella diplomazia…
—Sei stanca di Napoli?—domandò il principe, sorridendo.—Vuoi viaggiare, lasciar la tua bella casa?
—Oh, no,—aggiunse freddamente la moglie.—Io rimarrò a Napoli: tu partirai solo….
Il principe fu scosso da tale proposta.
Ella, dunque, benchè fossero sì giovani, e da sì poco tempo uniti in matrimonio, voleva già una separazione!
La libertà ch'egli le lasciava, non le sembrava sufficiente: voleva sciogliere anche quel leggerissimo freno, che per una donna civetta e sensuale può esser la presenza di un marito buono, confidente, molto cortese, ma non stupido.
Le parole della moglie dettero al principe nel cuore: non si poteva esprimere, con maggior indifferenza, la più assoluta disaffezione, la bramosia di sbarazzarsi di lui.
Tutta quella scena di amore, di frenetica passione, ella l'aveva simulata per indurlo a' suoi intenti.
E tale era stato il disegno di lei: nella ebbrezza, nello snervamento dei piaceri, strappargli una promessa.
Il principe era, come abbiamo detto, raffinatamente dissoluto. Guardò la moglie, e gli parve più bella, o più desiderabile, nella sua perfidia. Ella, con occhiate di fuoco, lo dardeggiava, accostava le labbra a quelle di lui, come se volesse dargli il premio della sua sottomissione, che già si aspettava. Nel protender le braccia, scoprì viepiù il suo seno eretto, marmoreo, e pur tutto palpitante, roseo, vivo nei suoi floridissimi turgori. Benchè sopraffatto da una certa languidezza, stanco, e benchè il consiglio impreveduto e crudele della moglie lo avesse moralmente abbattuto, ebbe un'idea da uomo dissipatissimo.
Enrica aspettava egli rispondesse alla sua proposta, e si aspettava una vittoria: a lui balenò un'idea di piacere, di vendetta. Ella voleva burlarsi di lui: egli si sarebbe burlato di lei, l'avrebbe spinta a un'altra delle sue scene di cortigiana, di finta, folle passione: l'avrebbe assaporata, goduta a tratti a tratti, poi le avrebbe riso in faccia: l'avrebbe forse schiaffeggiata, costretta a domandargli perdono in ginocchio, trascinata pe' capelli sul tappeto della stanza, se gliene fosse venuto talento.
Malgrado la sua delicatezza, la sua cortesia di gentiluomo, egli, eccitato dalla voluttà, dallo sdegno, avea compiuto con donne, di una specie differente, per tenore di vita, dalla principessa, simili atti brutali.
Ella ne dovea esser sorpresa.
Infatti, all'invito di lui, ella ricominciò il suo folleggiare: ricominciò il delirare, il fremere del suo bel corpo. Egli la premeva a sè: ebbe la forza di darle un ultimo bacio, e con esso le lanciò una parola di amaro vilipendio.
Essa lo guardò sorridente, come se quella bruttura non l'avesse offesa: al contrario, fosse per lei un acuimento di gaudio, uno stimolo nuovo.
Egli non sapeva comprendere. La perversità, la corruzione morale della moglie, da lui qualche volta appena subodorata, non gli s'era mai svelata come agli incerti albori di quel mattino.
La principessa, quando si furono ricomposti, tornò a dirgli, col suo tuono di voce più carezzevole:
—Dunque, mi esaudirai…. Tornerai a riprendere il tuo posto nella diplomazia…. E otterrai certo, subito, un'ambasciata…. Il Re è sempre così ben disposto verso di noi….
—Sicchè, io dovrei partire… separarmi da te….
—Io non potrei allontanarmi da Napoli… almeno per ora… forse in seguito…. Ma del mio sagrifizio nulla m'importa,—aggiungeva ipocritamente.—Il dolore del distacco mi sarà mitigato dal pensiero di veder appagato il mio sentimento più caro: l'ambizione ch'io nutro per te: il desiderio mio più forte, che è quello di vederti seguire la carriera a cui tuo padre ti avea sì amorevolmente avviato.
Il principe l'ascoltava, le scrutava in volto la sua doppiezza.
Ella, poco avveduta, volle tentare, vedendo che non rispondeva, un altro colpo.
—E poi,—soggiunse,—tu ti piegherai al mio consiglio, perchè nessuno più di me cerca il tuo bene e voglio almeno,—tornava al suo fare imperioso,—tu esperimenti di uscire dalla vita d'ozio che meni…. Tu mi dirai che vivi per me; ma ti par degno d'un uomo intelligente, che ha l'attitudine ad essere operoso nello cose più serie, più utili, il viver soltanto per l'amore?… Io sono felice, ma la mia felicità sarà certo più durevole, se non più grande, quando saprò d'esser la moglie di un uomo, il cui nome sia pronunziato da tutti con stima, benemerito del suo paese, e ogni cui atto sia osservato, discusso…. L'ozio può esser tollerabile in noi donne… che abbiamo tanto spinto di frivolezza per sostenerlo, e pur ci è causa spesso di tanto abbattimento, di prostrazione nell'animo, di confusione nell'intelletto; ma—proseguì un po' rudemente, e come se facesse la lezione a un fanciullo, a lei subordinato—non è tollerabile in un uomo d'onore.
E si ravviluppava nella pelliccia, e si appoggiava al dorso del canapè, stando quasi riversa, e guardando di sottecchi il principe, da cui attendeva ansiosa una risposta.
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