La Principessa. Jarro
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—Intendo; la nonna, la zia resistono, ed egli deve prendere un partito estremo….
—Siamo ora ad una catastrofe,—soggiunse il primo avvocato di Napoli.—Io ho in mano protesti di cambiali firmate dal marchese; altri gravi documenti…. So che la rovina irreparabile, palese, e il disonore possono da lui esser protratti, con sforzi titanici, soltanto di pochi giorni…. Gli rimane però un'altra debole speranza: e in questo momento egli ha raccolto su di essa tutte le sue energie, come il naufrago le sue forze sull'unica tavola di salvezza che gli si presenta…. La principessa, dopo il suo matrimonio col marchese, ha avuto due parti molto laboriosi e molto infelici…. Essa sta ora di nuovo per divenir madre…. Hanno fatto venir da Vienna un celebre specialista. Egli mi ha detto, poichè avevo interesse a saperlo, che la marchesa questa volta ben difficilmente sopravviverà al suo parto: e ben difficilmente anche questa volta il frutto di lei sarà vitale…. Se ciò accade, il marchese è perduto: nè la nonna di Parigi, nè la zia di Genova lasceranno a lui un picciolo, poichè lo aborrono…. Ecco in quali speranze e in quali terrori si dibatte in questo momento il marchese…. E forse, temendo il peggio, vorrà propiziarsi, in questo stesso momento, suo cugino. Ma, domani, il duca non potrà aiutarlo, senza partecipare al disonore di lui, senza esser trascinato nella stessa rovina…. So quello che io dico…. Nel corso della notte sarà decisa l'esistenza del marchese.
—Non mi meraviglierei,—osservò il conte,—che la decisione fosse propizia. Vi sono uomini che calpestano la fortuna, la insultano, e a cui essa, appunto come femmina, corre dietro.
—Non me ne meraviglierei neppur'io!—soggiunse l'avvocato.—Pietro ha avuto sempre una fortuna uguale, per lo meno, alla sua mancanza di coscienza. Gli errori cagionati da questa li potè sempre riparare, sin ora, coi favori dell'altra….
—Oh, il duca!—
Il duca di Montrone scendeva la fastosa scala, che era dinanzi alla porta principale della sua villa da sovrano, dando il braccio a sua figlia.
Enrica, pallidissima, scendeva lentamente e come se dovesse ad ogni tratto cadere.
Subito i gentiluomini andarono incontro al duca per festeggiarlo.
Erano pochi amici, arrivati innanzi tempo, per essere tra i primi a stringere la mano al valoroso, all'antico compagno di eleganti dissipazioni.
Il marchese già doveva avergli parlato, poichè usciva dalla villa dopo il duca ed Enrica.
—Viva il duca!
I contadini, scortati da Domenico, che pronunziò poche parole, si stringevano attorno al gentiluomo, urlando a tutta possa, agitando rami fioriti. Incominciò la danza della tarantella; la dolce musica napoletana risuonava sotto il bel cielo di opale e di azzurro.
Una delle ragazze offrì alla figlia del duca un magnifico mazzo di fiori.
Essa rispose con un sorriso, tra sarcastico e altero, senza gentilezza di sorta.
Tutte guardavano Enrica, rigida, benchè in preda a una sofferenza che le traspariva dal volto; seducente ma d'una di quelle bellezze che fanno paura.
Il duca stringeva la mano a' suoi contadini; e specialmente coi vecchi, i quali l'avean tante volte, bambino, gratificato ne' suoi desiderii, e aveano tanto amato i suoi genitori, si mostrava espansivo.
Uomini, donne, si trovavano col duca a loro agio; la sua gaia affabilità li confortava, ispirava in essi riconoscenza; ma l'aspetto di Enrica li turbava, li agghiacciava sempre.
Essa era sì indifferente, sì sdegnosa e, sembrava loro, sì cattiva, che lasciava in quelle povere anime un vero sgomento.
Enrica avea sentito più volte questo effetto che ella destava, e ne avea gioito, come se le andasse a versi di esser tenuta una creatura malefica: come se godesse del maligno influsso che esercitava.
Non sì tosto il duca era comparso con Enrica sulla soglia della porta della villa, si erano sparati da un'altura del parco mortaretti e per tutto il parco rimbombavano colpi di fucile in segno di gioia.
Il duca, nel rivedersi in mezzo a' suoi, era commosso, ravvivato da vera allegrezza.
A un tratto, in mezzo alla folla, Cristina si avvicinò al giardiniere
Domenico.
—Ubriacone!—gli mormorò.
—Sono io!…
—Nella casetta… in fondo al parco… tutto è in ordine…. Questo è il momento!
Domenico si turbò un poco.
—Ho capito!—rispose in un tuono che l'altra fu soddisfatta….
Di lì a pochi minuti, Domenico fu alla casetta.
La strada, che corre in fondo al parco, era deserta.
In quell'ora tutte le persone dei dintorni si trovavavano a festeggiare il duca: e, per ordine suo, in un attimo s'erano imbandite le mense per rifocillare, dopo le danze, la gente accorsa; qualche centinaio di persone.
Domenico avea attaccato una delle carrozze di cui si serviva Enrica: e dentro vi avea accomodato un oggetto recato con pena e con ogni cura fra le sue braccia: oggetto che dovea essere molto prezioso, poichè, innanzi di deporlo nella carrozza, avea guardato più volte a destra e a sinistra: e avea chiuso la carrozza ermeticamente da tutti i lati, dopo aver tirato giù le tendine azzurre sui vetri.
Incominciava a cadere il crepuscolo, allorchè Domenico, salito a cassetta, con piglio assai vivace, aveva sferzato i cavalli, che s'impennavano.
Subito uscì, di dietro a un gruppo d'alberi, Cristina, sempre più pallida e più contraffatta.
—Guarda,—gli disse,—beone, di non fermarti a nessuna osteria…. E attento a non parlare a nessuno…. È il segreto di una povera donna…. Se tu cianciassi… sarebbe licenziata….
Aprì una cassetta, ben salda, che era sul dinanzi della carrozza, e mostrò a Domenico un sacchetto pieno di ducati.
—Questo per la donna….
—Ho capito!—ribattè Domenico con sufficienza. E i cavalli partirono.
—Il segreto di una persona di servizio!—pensava Domenico,—come se io non sapessi i segreti de' gran signori….
E continuava, con le guide in mano, a stringer le labbra, ad alzar le spalle, a far gesti, come per assicurarsi che