La sorella. Giambattista della Porta

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La sorella - Giambattista della Porta

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complimento di tante sue azioni mi son piú confirmato nella venerazione della sua persona.

      Balia. E che avendo ad esser di Cleria, vi supplica e vi scongiura, ch’in ricompensa dell’amor suo o per merito della vostra grazia, che in abito disconosciuto di paggio o di fantesca la riceviate in casa ne’ vostri serviggi: se non come moglie, almeno come ministra della vostra felicitá e spettatrice del suo primo amore; e in quell’abito vi mostrará in parte quell’umil servitú con la quale desidera servirvi ogni ora. Prendetela per serva o per ischiava: ogni stato le sará felice e ogni fatica dolce.

      Erotico. Dille che, non potendo altro, entrarò in casa sua, e con un pugnale mi vendicherò di quel barbaro e discortese suo zio; e in quella dolcezza di vendetta m’ucciderò ancor io.

      Balia. Vi ricordo che siate diligente.

      Erotico. Potrei esser privo di giudizio e di valore in ogni cosa, ma non in quello dove si tratta del suo serviggio.

      Balia. Guardate, che vi sta mirando dalla fenestra e vi fa l’occhino: salutatela e mandatele un bacio, se la volete rallegrare.

      Erotico. Ecco, la saluto e la bacio.

      Balia. Non vedete, che s’è inchinata da dentro la gelosia e vi ha ribaciato? Che volete che le dica da vostra parte?

      Erotico. Che si scriva queste parole nel core: che l’amor mio va sempre crescendo di giorno in giorno, come crescono in lei la bellezza e l’onorate sue azioni, e che non è per mancar mai: che non ho tempo di trattenermi con lei, perché corro per rimediare a cosí strano accidente.

      Balia. Si duole che molti giorni sono, che non siate venuto a ragionar con lei.

      Erotico. Dille che non è mai giorno, che, delle ventiquattro ore che sono, non ne ragioni sempre con lei le quarantotto.

      Balia. Come, se non ci venete?

      Erotico. La continua memoria che ho di lei, e quel ritratto, che mi sta nel cuor dipinto per man di amore col pennello della imaginazione, sta piú vivo nel mio core, che non ci sta l’anima istessa: ragionando io con lei ed ella meco, ci raguagliamo e dogliamo insieme delle miserie nostre.

      Balia. Almeno passate di lá.

      Erotico. Se non ci passo col corpo, ci passo con l’animo mille volte; e quanto è miglior l’animo del corpo, tanto è piú degna quella vista di questa.

      Balia. A dio.

      SCENA III

      Erotico, Attilio, Trinca.

      Attilio. Ecco, l’abbiam pur trovato al fine.

      Erotico. (Non ci è piú fede al mondo, non si trova piú uomo di cui possa fidarsi. Al tempo d’oggi la fede è ritrovata per ingannar la fede. Ma io vo’ tradir e ingannar ciascuno, poiché ciascuno cerca tradir e ingannar me).

      Attilio. Parla da sé solo.

      Trinca. Come quello che sta ne’ travagli dove tu sei.

      Erotico. (Vo’ andarmene in qualche isola diserta, per non esser ingannato da uomo piú. Sulpizia farsi d’altri, eh?).

      Trinca. Forse che parla d’altro?

      Attilio. Come amor entra in un cuore, ne scaccia ogni altro pensiero, perché vuol regnar solo.

      Erotico. (Ma Idio non mi dia cosa che desio, se non ne farò vendetta tale, qual merita il mio dolore e la rabbiosa gelosia).

      Trinca. Salutatelo.

      Attilio. Signor Erotico, buon giorno.

      Erotico. (Mi dá il buon giorno chi desia darmi il malanno. Ma sará ben che gli parli; ché, se non posso impetrar da lui che la lasci, impetrare almeno che la lasci per qualche giorno). Idio vi salvi, signor Attilio.

      Attilio. Come state?

      Erotico. Tal che non posso trovar modo per dolermi del mio dolore.

      Attilio. Di che vi dolete?

      Erotico. Che non si trova piú fede né amicizia, perché un che mi credea fidel amico, sotto color d’amicizia m’ha tradito e assassinato.

      Attilio. Costui sará il piú tristo uomo del mondo.

      Erotico. Tal lo stimo io.

      Attilio. Ditemi, di grazia, chi sia il traditor di fede e assassino d’amici, che prometto farne la vendetta per voi.

      Erotico. È vostro grande amico.

      Attilio. Tanto piú dovete manifestarlomi, accioché possa guardarmi da lui.

      Erotico. Fareste ben a farlo, perché è ragionevole e debito vostro.

      Attilio. Come si chiama?

      Erotico. Attilio. E voi sète quello che mi tradite e assassinate, e mi fate il peggior officio che possa farsi; e avete un gran torto.

      Attilio. Avete voi torto maggiore aver una tal stima di me – e io vi compatisco, perché sète fuor di voi stesso – perch’io son lealissimo con gli amici.

      Erotico. Ma vi prego per quella cara amicizia, che un tempo fu sí perfetta e incorrotta fra noi, che mi siate cortese di quello ch’è mio, per rigor di giustizia e per debito di amore…

      Attilio. Io non intendo il vostro parlare: o ch’io sia troppo goffo o che voi non esprimete bene il vostro concetto.

      Erotico.... che non prendiate Sulpizia per consorte.

      Attilio. Deh, caro Erotico, chi ve lo dice?

      Erotico. Tutta la cittá. Ma sappiate che Sulpizia è mio dono irrevocabile, perché ci abbiamo data la fede di essere sposi, e i nostri amori non son stati sterili: però non sarete per possederla legitimamente mai per moglie, né senza gelosia.

      Attilio. Io prender la vostra Sulpizia per moglie?

      Erotico. E sappiate che, se ben l’uomo per sé non val nulla, la disperazione lo fa valoroso. Almeno trattenetevi per qualche tempo, accioché non vedano gli occhi miei cosí nemico spettacolo e io abbia tempo a partirmi per andar disperso per il mondo: cosí viverete senza mio sospetto.

      Attilio. Voi potete promettervi di me come di voi stesso, perché stimo voi come un altro me stesso; e vi do potestá che ve la godiate e procacciate per moglie, ch’io vi rinunzio ogni interesse che pretendesse in lei, e ve la rifiuto.

      Erotico. Ella non è cosa di rifiuto, però non voglio crederlo.

      Attilio.

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