I Pirati della Malesia. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу I Pirati della Malesia - Emilio Salgari страница 10
– Bravo giovanotto – mormorò il portoghese.
Rientrò e si avvicinò a Sandokan, che era tornato a sedersi e teneva il viso nascosto fra le mani.
– A cosa pensi, fratello mio? – gli chiese con voce affettuosa.
– Al passato, Yanez – rispose il pirata.
– Non pensare mai al passato, Sandokan. Tu lo sai, ti fa soffrire. Dimmi, quando partiremo?
– Subito.
– Per Sarawak?
– Per Sarawak.
– Avremo un osso duro da rodere. Il rajah di Sarawak è potente e odia terribilmente i pirati.
– Lo so, ma i nostri uomini si chiamano i tigrotti di Mompracem ed io la Tigre della Malesia.
– Andremo direttamente a Sarawak o incroceremo presso le coste?
– Incroceremo nella vasta baia. Bisogna, prima di sbarcare, affondare l’Helgoland.
– Comprendo il tuo piano.
– Lo approvi?
– Sì, Sandokan, e…
Si arrestò di botto. La porta erasi improvvisamente aperta e sulla soglia era apparsa Ada Corishant, la vergine della pagoda d’Oriente.
– Guardala, Sandokan! – esclamò il portoghese.
Il pirata si volse. Nel vedere quella donna ritta sulla soglia della porta emise un urlo e indietreggiò, vacillando, fino al muro.
– Quale somiglianza!… – esclamò. – Quale somiglianza!
La pazza non si era mossa, conservava una immobilità assoluta, ma guardava fisso il pirata.
D’improvviso fece due passi innanzi e pronunciò una parola:
– Dei thugs?
– No – disse Kammamuri che l’aveva seguita. – No, padrona, non sono thugs.
Ella scosse il capo, si avvicinò a Sandokan che pareva non fosse capace di staccarsi dal muro, e gli mise una mano sul petto. Pareva che cercasse qualcosa.
– Dei thugs? – ripeté ella.
– No, padrona, no – disse il maharatto.
Ada aprì il gran mantello di seta bianca mettendo allo scoperto una corazza d’oro tempestata di grossi diamanti, in mezzo alla quale campeggiava, in alto rilievo, un serpente con la testa di donna.
Guardò a lungo quel misterioso simbolo degli strangolatori indiani, poi guardò il petto di Sandokan.
– Perché non vedo il serpente? – chiese con voce lievemente alterata.
– Perché questi uomini non sono thugs – disse Kammamuri.
Un lampo balenò negli occhi della pazza, ma subito si spense. Aveva compreso ciò che aveva detto Kammamuri? Forse.
– Kammamuri – disse Yanez sottovoce. – Se tu pronunciassi il nome del suo fidanzato?
– No, no! – esclamò il maharatto con terrore. – Essa cadrebbe in
deliquio.
– È sempre così tranquilla?
– Sempre, ma fate che non oda lo squillo di un ramsinga o di un tarè, e che non veda un laccio o una statua della dea Kalì.
– Perché?
– Perché allora fugge e per parecchi giorni delira.
In quell’istante la pazza si volse, dirigendosi a lenti passi verso la porta. Kammamuri, Yanez e Sandokan, il quale si era rimesso dalla sua viva commozione, la seguirono.
– Che cosa vuol fare? – chiese Yanez.
– Non lo so – rispose il maharatto.
La pazza, appena uscita, si era arrestata, guardando con curiosità le trincee e le palizzate che difendevano la capanna, poi s’incamminò verso l’orlo della gigantesca rupe, guardando il mare che muggiva lungo le scogliere dell’isola.
D’un tratto si chinò, come se volesse ascoltare meglio lo strepito delle onde, poi scoppiò in una risata argentina, esclamando:
– Il Mangal!
– Che cosa dice? – chiesero ad una voce Sandokan e Yanez.
– Credo che scambi il mare per il fiume Mangal che bagna l’isola dei thugs.
– Povera giovane! – esclamò Sandokan sospirando.
– Speri di farla ritornare in sé? – chiese Yanez.
– Sì, lo spero – rispose Sandokan.
– In qual modo?
– Te lo dirò quando avremo liberato Tremal-Naik.
– Verrà con noi quella disgraziata?
– Sì, Yanez. Durante la nostra assenza gli Inglesi potrebbero gettarsi su Mompracem e portarcela via.
– Quando si partirà? – chiese Kammamuri.
– Subito – disse Sandokan. – Abbiamo molta strada da percorrere e l’Helgoland forse non è molto lontano.
Kammamuri prese per mano Ada e scese la scaletta, seguito dalla Tigre della Malesia e da Yanez.
– Che impressione ti ha fatto quella sventurata? – chiese il portoghese a Sandokan.
– Un’impressione dolorosa, Yanez – disse il pirata. – Ah, potessi un giorno farla felice!
– Somiglia alla defunta Marianna?
– Sì, sì, Yanez! – esclamò Sandokan con voce commossa. – Ha gli stessi lineamenti della mia povera Marianna!… Basta, Yanez, non parliamo più di quella morta. Ciò mi fa soffrire, immensamente soffrire!
Erano allora giunti alle prime capanne del villaggio. Proprio in quel momento i prahos, carichi del bottino tolto alla Young-India, entravano nella baia.
Gli equipaggi, scorgendo il loro capo, lo salutarono con evviva entusiastici, agitando freneticamente le armi.
– Viva l’invincibile Tigre della Malesia! – urlavano.
– Viva il nostro valoroso capitano! – rispondevano i pirati del villaggio.
Sandokan, con un solo gesto della mano, chiamò attorno a sé tutti i pirati, i quali non erano meno di duecento, la maggior parte malesi e dayachi del Borneo, uomini coraggiosi come leoni, feroci come tigri, pronti a farsi uccidere per il loro capo che adoravano come una divinità.
– Ognuno