Il figlio del Corsaro Rosso. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу Il figlio del Corsaro Rosso - Emilio Salgari страница 3
– I miei veramente… Il conte di Miranda si fermò mordendosi le labbra come pentito di essersi lasciato sfuggire quella frase e disse:
– Capitano, volete dunque che giochiamo?
– Vi avevo invitato per questo. Vedremo se l’amore porta fortuna o sfortuna.
– Che cosa volete dire?
Il conte di Sant’Iago, invece di rispondere, fece un segno ad un servo negro gallonato vestito di seta e gli ordinò:
– I dadi: vogliamo giocare.
– Subito, signor conte.
Un momento dopo il servo portava su un piatto d’argento finemente cesellato una piccola tazza d’oro con due dadi di dente di marsuino.
– Che giochiamo, signor conte de Miranda? – chiese il capitano degli alabardieri.
– Quello che volete.
– Badate a quello che dite.
– Perché, signor conte di Sant’Iago? – chiese il giovane con affettata indifferenza.
– Carrai!
– Caramba! Bestemmiate, signor conte.
– Ed anche voi, mi pare.
– Oh! Io sono uomo di mare! D’altronde nessuno vi proibisce di bestemmiare. Le genti di terra e di mare qualche volta vanno pienamente d’accordo su questo.. terreno.
– Avete dello spirito, conte.
– Qualche volta.
– Giocate? – chiese il capitano.
– Ve l’ho già detto: quello che desiderate.
– Una pelle viva?
Il giovane guardò il capitano con sorpresa
– Non vi comprendo: quale può essere questa pelle viva? Quella d’un pescecane forse?
Il capitano degli alabardieri di Granata si mise le mani sui fianchi, con un fare provocante, poi disse con voce grave:
– Fra gli uomini d’arme di terra usa giocare una pelle, quando si è stanchi di gettare dell’oro sul tavolo.
– Ossia? – chiese il conte de Miranda con calma.
– Quello che perde si fa saltare il cervello con un colpo di pistola.
– Brutto giuoco!
– Anzi interessantissimo, perché si giuoca la vita d’un uomo.
– Preferisco arrischiare i miei dobloni – rispose il giovane. – Lo trovo
piú comodo.
– E quando non se ne hanno piú?
– Si lascia il tavolino da giuoco e si va a dormire nella cabina: almeno cosí usa nella marina.
– Non fra noi però!
– Che diavolo! Sareste uomini tanto diversi, signor conte?
– Può darsi! – rispose seccamente il capitano.
– Avete pessimi gusti.
– Volete offendermi?
– Io? Niente affatto, capitano, sono venuto qui per giocare e non per arrabbiarmi o suscitare uno scandalo. Che cosa si direbbe di me?
– Forse avete ragione.
– Lasciate dunque in pace le pelli vive o morte, e giochiamo dei dobloni o delle piastre. Quelle almeno non hanno peli né da vendere né da uccidersi
– Puntate?
– Cento piastre – rispose il giovane gentiluomo.
– Volete rovinarmi?
– No, perché sono un pessimo giocatore, signor di Sant’Iago; e poi non ho mai avuto fortuna né alle carte, né ai dadi.
– L’avrete con le belle signore, con le marchese soprattutto – disse il capitano quasi con rabbia.
– In mare non ho incontrato che navi, montate per lo piú da corsari, e quelle non mi regalavano baci, ve l’assicuro. Al mio saluto rispondevano invece con palle di buon calibro che facevano sudar freddo i miei uomini.
– Ma in terra, sí però.
– Signor di Sant’Iago, io sono entrato in questo salotto per giocare qualche migliaio di piastre e non già per chiacchierare. Dovreste saperlo che gli uomini di mare non amano parlar molto… Cento piastre?
– Sia! – rispose il conte di Sant’Iago con un gesto sprezzante.
– Volete essere il primo?
Il capitano, invece di rispondere, prese il bossolo d’oro, fece saltellare i dadi: poi li rovesciò sul tavolino.
– Tredici! – disse. – Ecco un numero che porterà fortuna.
– Siete superstizioso?
– No, tuttavia questo tredici mi ha dato una scossa al cuore.
– Allora morrete molto presto – disse il conte de Miranda ridendo.
– Per mano di chi?
– Non sono mai stato uno stregone, io.
– D’un rivale?
– Può essere.
– Non lo credo, perché ne ho ucciso uno la settimana scorsa, per il semplice motivo che mi dava ombra.
– Avete la mano troppo lesta, signor di Sant’Iago.
– Che fora sempre quando stringe una spada.
– Veramente anche la mia non è tarda – ribattè il giovane. Il capitano degli alabardieri lo guardò fisso fisso, come se cercasse di comprendere bene il senso di quelle parole, poi disse:
– Tocca a voi.
Il conte de Miranda prese a sua volta il bossolo e fece rotolare i dadi sul tappeto.
– Quattordici! Che combinazione! – esclamò. – Caramba! Un tredici e un quattordici.
Che cosa significano questi due numeri cosí vicini l’uno all’altro?
Il capitano degli alabardieri si era passata una mano sulla fronte aggrottata. Una viva preoccupazione traspariva dal suo viso.
– Che cosa ne dite voi, signor di Sant’Iago? – chiese