Straordinarie avventure di Testa di Pietra. Emilio Salgari

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Straordinarie avventure di Testa di Pietra - Emilio Salgari

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ancora vivo.»

      «Uhm!… Era troppo vecchio.»

      «Mastro Testa di Pietra!…» gridò Davis il quale aveva finito di caricare il suo archibugio. «Vi siete deciso ad arrendervi?»

      «Era la domanda che stavo per rivolgere a te,» disse il bretone.

      «Come!… Col fucile che ho fra le mani?»

      «Caricato troppo tardi, mio caro. Ormai siamo dietro due barricate che saranno sufficienti ad arrestare le tue palle di mollica di pane. Stai lassù, in alto, come un pappagallo e non ti sei accorto che noi ormai ci siamo protetti.»

      «Siete stati troppo lesti.»

      «Sfido io!… Siamo marinai e non già canottieri dei laghi o camminatori dei boschi.»

      «Vi ucciderò egualmente!…» urlò Davis, il quale si agitava furiosamente sopra la crocetta, puntando e ripuntando il suo vecchio fucile. «Io ne ho abbastanza!»

      «E io più di te, amico.»

      «Sparo!…»

      «Spara.»

      «Poi vi prenderò le lettere.»

      «Letterite acuta!… Letterite acuta!…»

      «Badate che avrete da fare i conti coi miei canadesi, uomini che non hanno mai avuto paura di misurarsi anche in un corpo a corpo.»

      «Corpo della taverna delle <Trenta Corna di Bisonte>, di Boston. Quel pappagallo, se continua così, diventerà meraviglioso, vero, Piccolo Flocco?»

      «Diventerà un canarino,» rispose il giovane timoniere, il quale teneva pure lui d’occhio il fucile del meticcio.

      «Sparo!… Sparo!… Sparo!…» urlò Davis al colmo della collera.

      «Uno… due… tre…» disse Testa di Pietra. «Quell’animale, colla sua palla ci guasterà qualche prosciutto salato che si trova nei barili o fracasserà chissà quanti biscotti.»

      «E solleverà una nuvola di farina,» disse Piccolo Flocco ridendo.

      «Copriti!…»

      «Ho dei barili dinanzi a me.»

      «Non mostrare nemmeno un pezzetto d’orecchio, bravo figliolo. So anch’io che questi canadesi sono famosi tiratori.»

      Pur chiacchierando, si era ben nascosto dietro l’abitacolo ed i barili, insieme ai due assiani i quali fino allora si erano mantenuti perfettamente tranquilli. Già sapevano che Testa di Pietra non era un uomo da lasciarsi facilmente vincere, e l’avevano provato a Boston, all’Isola Lunga ed a New York. Ne aveva fatte quel diavolo d’uomo, insieme a Piccolo Flocco, di tutti i colori, giocando gl’inglesi più di venti volte, anche senza l’aiuto del suo comandante, il baronetto Sir William Mac-Lellan e dell’equipaggio della Tuonante.

      Il bretone si era appena allungato dietro l’abitacolo, quando Hulrik, il più giovane dei due assiani, gli tirò fortemente una manica.

      «Che cosa vuoi?» gli chiese.

      «Patre, io non afer più feduto un canadese.»

      «Un colpo d’acqua l’avrà portato via o sarà sceso nella cabina di prora a far colazione.»

      «In questo momento? Ah no, patre!…»

      «Lasciami stare. Ho da seguire il catenaccio di mastro Davis.»

      Il «pappagallo», come avevano battezzato il meticcio, pareva che esitasse a sparare.

      Era bensì vero che in quel momento la tempesta cominciava a scatenarsi e che avventava sulla fusta onde su onde, rendendo quasi impossibile il tiro anche ad un provetto bersagliere causa le continue scosse che si ripercotevano specialmente sulla cima del grande albero.

      «Può consumare tutte le sue munizioni senza mandarci all’altro mondo,» disse Testa di Pietra. «Sia benedetta questa tempesta che metterà quasi fuori combattimento quel pericoloso personaggio. Sparare di lassù ed imbroccare il bersaglio non sarà cosa facile. Ah!… Povero mastro Davis!… Volevi prendere noi mentre saremo noi che ti acchiapperemo.acchiapperemo, presto o tardi!…»

      «Ed i canadesi, pon padre,» disse Hulrik.

      «Non mi preoccupo affatto di loro. Mi sembrano diventati tre conigli.»

      «Due, patre. Uno non più tornato in coperta.»

      «Tanto meglio: un avversario di meno.»

      In quel momento una raffica violenta si abbatté sulla fusta squarciando di colpo la gran vela, la quale scomparve, come un gigantesco gabbiano, fra le nebbie.

      «Ecco un brutto affare,» disse il bretone, che non poteva star zitto un solo momento. «Non abbiamo più stabilità e la burrasca pare che voglia stringere bene i denti.»

      Un colpo di fucile rimbombò sulla cima del grande albero. Davis aveva fatto fuoco e aveva mandato la sua palla a seppellirsi dentro un grosso barile pieno di farina, spaccando una doga a poca distanza dalla testa di Hulrik.

      Il bretone scoppiò in una risata.

      «Mio caro Davis,» disse poi, «voglio darti un consiglio.»

      «Di arrendermi?» chiese il traditore.

      «No, di scendere in coperta per poter sparare meglio.»

      «Non sarò così stupido.»

      «Ed allora riprendi pure la tua musica.»

      «Basterebbe che questa fusta rimanesse qualche minuto immobile e vi spazzerei via tutti. Sono un tiratore.»

      «Lo abbiamo veduto,» rispose Testa di Pietra ironicamente. «Hai bucato un povero barile che ha dato del sangue bianco e polveroso invece di quello rosso.»

      «La fusta salta troppo.»

      «Allora scendi e unisciti ai tuoi canadesi. Ah!… Come va, caro Davis, che prima erano tre e che ora sulla prora non se ne vedono che due soli?»

      «Il terzo sarà andato a cacciare le foche. Chirry è un meraviglioso nuotatore che non teme né le onde, né il freddo.»

      «E tu intanto, birbante, torni a caricare il tuo catenaccio.»

      «Volete che rimanga quassù? C’è il vento che in certi momenti minaccia di portarmi via.»

      «Avanti!… Carica, carica bandito. Il generale Washington ha avuto un torto solo: quello di non farti fucilare prima di sceglierti come guida.»

      «Ma che!… Impiccare!…» gridò Piccolo Flocco, il quale aveva il suo bel da fare a tenere la barra della fusta, poiché i colpi d’acqua si succedevano sempre più impetuosi, sollevati da un vento freddissimo che soffiava da ponente.

      «Tu sarai il primo che ucciderò…» urlò Davis. «Pel momento rinuncio a mastro Testa di Pietra che ammazzerò più tardi.»

      «Trombone!…» gridarono i due bretoni.

      «Ah sì!… Aspettate il mio terzo

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