Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 4. Ali Bey
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La casa posta accanto al tempio che contiene il sepolcro di Gesù Cristo, è abitata da alcuni monaci Musulmani, i quali dalle finestre della casa che guardano nell'interno del tempio, diedero più volte giuste cagioni di lagnanza ai monaci cristiani.
Gerusalemme conosciuta dai Musulmani sotto il nome d'el-Kods, ossia la santa, e per quello d'el-Kodse-scherif, è posta al grado 31 46′ 34″ di latitudine settentrionale, e nel 33º di longitudine orientale dell'osservatorio di Parigi. La di lei forma, quantunque irregolare, ove facciasi astrazione dalla cittadella addossata all'angolo occidentale della città, si avvicina assai al quadrato.
Fabbricata sul lato meridionale della sommità d'una montagna con qualche inclinazione al S. E. è circondata di precipizj, sul di cui orlo girano le mura dalla banda di S. E., di E., e di O., non avendo che un breve piano al S. che conduce al sepolcro di Davide, ed un altro più esteso al N. che forma la parte superiore della montagna attraversata dalla strada di Jaffa.
Le strade di Gerusalemme sono assai regolari, diritte, ben selciate, e molte con marciapiedi; ma triste, strette, e quasi tutte poco o molto inclinate. Le case hanno quasi tutte due o tre piani, e poche finestre con porte assai basse, e colla facciata semplice di pietra senza verun ornamento, di modo che quando si passeggia per la città, sembra che si cammini ne' corridoj di una vasta prigione. In una parola vi si ravvisa la verità della pittura fattane da Geremia: facta est quasi vidua domina gentium.
Alcune case hanno piccoli giardini, ma in generale non vi si trova alcun vòto considerabile; onde sopra un'estensione assai minore di quella della Mecca, contiene, per quanto mi fu detto, circa 30,000 anime, senza contare la popolazione dei sobborghi della città.
Non ho veduto in Gerusalemme alcuna piazza propriamente tale, ed i pubblici mercati e le botteghe sono lungo le strade. Abbondanti vi si trovano i viveri ed a buon prezzo: una mezza dozzina di polli, per esempio, pagasi una piastra spagnuola. Il pan comune è una specie di cattiva focaccia, ma trovasene ancora di assai buono; come pure ottimi legumi, erbaggi, frutta, e squisite carni.
Essendo quasi centrale fra l'Arabia, l'Egitto e la Siria, è assai frequentata dagli Arabi di questi paesi, che vi fanno il loro commercio di cambio. Il principale ramo di commercio attivo della Palestina è quello dell'olio; ma l'importazione del riso, che tirasi dall'Egitto bilancia l'esportazione dell'olio.
I pesi, misure e monete sono le medesime degli altri paesi Turchi; e la piastra spagnuola vale quattro pezze turche e mezzo, ossia cento ottanta parà.
Pochi e di cattiva qualità sono i cavalli della Palestina; molti e ottimi i muli, benchè alquanto piccoli. Gli asini cedono in bontà a quelli dell'Arabia e dell'Egitto, e non si fa frequente uso dei cammelli.
Benchè assai lontane dalla perfezione, le arti vi fioriscono più che alla Mecca; ma le scienze vi sono affatto sconosciute, e le più ragguardevoli persone, che pur vogliono parer costumate, versano nella più profonda ignoranza. La lingua Araba è la più comune, ma vi si pronuncia alquanto diversamente che nell'Arabia, accostandosi all'accento turco.
Contansi in questa città settemila musulmani, de' quali duemila abili alle armi; più di ventimila cristiani di diversi riti: maroniti, greci uniti, greci scismatici, cattolici latini, armeni ec. Pochissimi sono i Giudei nell'antica loro patria.
Quantunque gli abitanti di Gerusalemme, appartenendo a diverse nazioni, e seguendo culti diversi si disprezzino internamente gli uni gli altri; pure perchè i cristiani sono assai più numerosi, vi regna una certa eguaglianza tanto nelle relazioni commerciali, quanto negli affari domestici, e ne' divertimenti. I seguaci di Gesù Cristo vedonsi uniti coi settatori di Maometto, e questa mescolanza è cagione d'una più estesa libertà che in tutt'altra città musulmana.
Il governo di Gerusalemme viene affidato ad una persona del paese, che porta il nome di Scheih el Rele, o di Hhakim; ed il giudice civile è sempre un Turco mandato da Costantinopoli che cambiasi ogni anno. Vi è inoltre un governatore del castello, il capo del tempio, il Muftì o capo della legge, i quali tutti hanno le particolari loro attribuzioni.
In aggiunta di pochi soldati, Gerusalemme può contare sopra duemila musulmani in istato di portare le armi. È circondata di mura merlate assai alte, fiancheggiate di torri; ma incapaci di resistere al cannone. Ho già fatto osservare, che questa città è circondata in più lati da precipizj: negli altri luoghi si supplì a tale difesa naturale con fossi artificiali.
Quando si considera da prima Gerusalemme, circondata da precipizj e da alte mura di pietre tagliate ben conservate, e ricoperte da numerosa artiglieria, con una fortezza di bella e solida costruzione, e ben provveduta di mezzi di difesa; se si fa attenzione al ragguardevole numero di difensori che può dare la sua popolazione, si è tentati di crederla quasi inespugnabile: ma esaminandola più posatamente, svanisce la prima illusione, e si trova incapace di lunga resistenza, perchè per la topografia del suolo non è possibile d'impedire l'avvicinamento del nemico, ed è signoreggiata quasi a vista d'uccello in distanza del tiro di fucile dal monte Oliveto.
La montagna su cui è fabbricata Gerusalemme è affatto sterile, ed è composta d'una roccia cornea o basaltica, facente transizione al trappo, come quasi tutte le montagne del vicinato.
La sua ragguardevole elevazione sopra il livello del mare è cagione della freddezza del clima quantunque vicinissima al tropico. Nel mese di luglio il termometro esposto a mezzo giorno non segnò più di 23° 5′ di Reaumur, e la mattina scese fino a 17° 3′. Il vento fu sempre occidentale, e l'atmosfera variabile. Mi fu detto che nell'inverno cade molta neve, e molta pioggia.
Vi trovai pochi vecchi, ma per altro più che alla Mecca. Le persone del paese osservarono che gli anni più abbondanti d'olive sono quelli ne' quali cade molta neve.
Io ho osservato che il vento vi acquista una straordinaria rapidità.
CAPITOLO XLVI
Ritorno a Giaffa. – Tragitto ad Aeri, e descrizione di questa città. – Il monte Carmelo. – Viaggio a Nazaret. – Notizie intorno ai monaci di terra Santa.
Partii da Gerusalemme ad otto ore e trequarti del mattino il 29 luglio 1807, per ritornare a Giaffa, strada che aveva fatta venendo in tempo di notte. Dopo la scesa di lunghissima fila di colli, giunsi alle dieci ore in fondo alla valle, ove trovai un ruscello ed un ponte di due archi; a poca distanza in su la diritta il villaggio Alioune, e presso alla strada le ruine di un antico tempio.
Di là salito sulla sommità di altre montagne, passai alquanto prima delle undeci ore presso alle case di Kaskali, poi sceso un poggio, e salitone un altro, mi trovai in sul fare del mezzogiorno a Kariet-el-Aaneb, villaggio meritevole di essere veduto per una bella antica chiesa a tre navi, ora abbandonata, e ridotta ad uso di stalla. Da Kariet montando ancora tre quarti d'ora, si giugne sulla sommità della montagna detta Saariz, appunto nel luogo ov'ebbi l'incontro dei due vecchi gabellieri. Era stato loro detto essere io figlio dell'Imperatore di Marocco; onde, pentiti dall'accaduto, mi aspettavano per iscusarsene, e vedutomi, mi vennero incontro baciandomi le mani, i piedi e la testa. Mi pregarono a scendere da cavallo, e ad aggradire un magnifico pranzo preparatomi presso ad una bella fonte, di dove vedesi il mare.
Poi