Il Giardino Dei Rododendri. Andrea Calo'
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«E’ il mio capo! E adesso che cosa gli dico?», esclamò mentre cercava il tasto per rispondere alla chiamata. Ma, trovatolo, decise di non rispondere e lasciò squillare il telefono a vuoto fino a quando non si fermò dopo parecchi interminabili secondi. L’uomo la guardava attraverso lo specchietto retrovisore, accennando un timido sorriso per la ragazza.
«Signorina, forse dovrebbe rispondere al suo capo, che ne dice? Può sempre inventare una piccola bugia, per guadagnare un po’ di tempo prezioso. Ormai non manca molto, tra quindici minuti al massimo saremo arrivati», pronunciò James con tono rassicurante, lanciando un eloquente gesto d’intesa non appena il telefono ricominciò a squillare. Lynda rispose.
«Jack! Ciao, buongiorno!», rispose Lynda con un tono quasi infantile.
«Buongiorno un corno Lynda! Dove diavolo sei finita? Yamada è già qui da cinque minuti in sala riunioni. Non un minuto, ben cinque!»
«Si Jack hai ragione. Ma vedi, ho avuto un grosso problema questa mattina! La sveglia si è rotta, mi sono alzata tardi perché ieri sera ho lavorato fino a notte fonda per mettere a punto la presentazione. Poi stamattina c’è un traffico incredibile! E per di più una signora anziana è caduta per strada, non ci crederai proprio davanti a me, non potevo non aiutarla, capisci….», ansimò Lynda senza tregua. James sorrideva, compiacendosi del fatto che Lynda avesse seguito il suo consiglio. Le strizzò un occhio ma la invitò a non esagerare con le bugie.
«Ma che cosa stai dicendo? La signora è caduta, tu sei corsa da lei per aiutarla a rialzarsi e magari l’hai anche accompagnata all’ospedale! Una signora da aiutare proprio stamattina, proprio oggi che abbiamo qui i giapponesi? Lynda, tu non sai mentire! Per favore cerca di muoverti, ti voglio qui tra cinque minuti, non uno di più! Sono stato chiaro?», sbottò il suo capo Jack, prima di riattaccare senza nemmeno attendere una risposta da parte della ragazza.
«Ha visto James? Non ha funzionato! Non mi ha creduto!»
«Ma io le avevo suggerito di inventare una piccola bugia, non una balla gigantesca come questa!», rispose James sorridendo, «Quanto tempo ha a disposizione?».
«Cinque minuti, oppure è la fine. La mia fine!».
«Ora in cinque minuti a piedi dovrebbe farcela, arriverà un po’ stanca ma tutto sommato ancora viva. Attraversi il centro Commerciale che trova qui alla sua destra, poi prosegua sempre dritto e oltrepassi l’area pedonale».
«Si è vero! Conduce direttamente alla piazza antistante l’azienda! Grazie James! Quant’è per la corsa?», chiese Lynda in segno di ringraziamento.
«Per oggi nulla, ci penserà domani quando sarà più tranquilla e meno di fretta. La prossima volta però faccia suonare prima la sveglia, ok? Forza vada ora, vada!».
«Seguirò il tuo consiglio James, grazie», rispose, inviandole un bacio con la mano che l’uomo accettò di buon grado, stimandosi per la dolce conquista.
Lynda percorse le poche centinaia di metri a piedi con passo sostenuto e a tratti accennando ad una leggera corsa. Cominciò a sudare, era appena scesa dall’auto con l’aria condizionata accesa e all’aperto la prima calura di Maggio si faceva già ben sentire. Arrivata davanti all’entrata, la porta le si spalancò davanti. Lynda entrò di corsa mentre la receptionist le veniva incontro.
«Signorina Grant, Jack Brown la sta aspettando in sala riunioni con i giapponesi, dice che siete già in ritardo!»
«Si lo so, lo so! Altrimenti secondo lei per quale motivo starei correndo? Per mantenermi in forma forse?», rispose Lynda, estremamente infastidita dall’insolenza di quella semplice receptionist che si era presa la libertà di farle un appunto per il suo ritardo.
«La sala riunioni è al quarto piano e stamattina abbiamo un problema con gli ascensori! Temo dovrà utilizzare le scale signorina Grant», gridò la ragazza mentre Lynda correva verso le rampe agitando le mani come una pazza in preda ad una crisi di nervi. Le stava andando tutto storto, come sempre quando aveva da portare a termine qualcosa di veramente importante!
Arrivata davanti alla sala riunioni rallentò, si ricompose aggiustandosi la gonna e la camicia del suo elegante tailleur. Si guardò sotto le ascelle, erano un po’ bagnate e delle chiazze di sudore si erano fatte spazio sulla stoffa ma potevano ancora andare, avrebbe evitato di alzare le braccia più dello stretto necessario. E poi, i giapponesi non sudavano? Aprì la porta ed entrò. Nella sala regnava il silenzio totale, come in chiesa alle tre del pomeriggio di una giornata lavorativa nel mese di agosto. Jack la guardò prima per un forte rimprovero e poi per accennarle un sorriso forzato e presentarla al meglio che poteva ai giapponesi, nel tentativo di rimediare ad un danno ormai fatto. Lynda diede una rapida occhiata alle persone, ne contò ben cinque con gli occhi a mandorla e la pelle gialla come la buccia di un limone andato a male. Chi di questi era Yamada?
«Yamada-san, mi permetta di presentarle la nostra Lynda Grant, con lei avete intrapreso le prime trattative e i contatti relativi al progetto che oggi lei stessa avrà il piacere di presentarvi. Linda, questo è il presidente Yamada e con lui ci sono i signori Mizuke, Koboashi, Okano e Fukura».
I giapponesi si alzarono in piedi in sequenza, come se fosse stato ordinato loro di farlo dopo essere stati chiamati per nome. La loro movenza ricordava i martelletti dei tasti di un pianoforte che si alzavano per colpire le corde tese ed emettere il loro suono. S’inchinarono e Jack rispose all’inchino. Ognuno di loro s’inchinò secondo un angolo diverso e a partire da Yamada, che aveva semplicemente piegato la testa in avanti, sembravano formare uno scivolo. In quel momento Lynda realizzò di non aver ripassato bene la lezione sull’inchino quel mattino. Cosa poteva fare? Decise di inchinarsi il più possibile, pensando che così facendo avrebbe espresso il suo massimo grado di rispetto, allineandosi all’inchino più basso rilevato tra i presenti. Jack la guardò irritato indicandole di inchinarsi di più, molto di più! Ma perché mai? Oh si, l’aveva dimenticato! Lei era una donna! Ma come poteva inchinarsi più di così se quasi toccava con il volto il piano del tavolo?
Yamada e uno dei suoi scagnozzi del quale aveva già dimenticato il nome cominciarono a parlare tra di loro in giapponese. Yamada era impassibile, immobile come un tronco di legno in una stanza chiusa e privata di aria. A malapena muoveva le labbra e i suoi occhi sembravano immobilizzati, nascosti dietro le gonfie palpebre. L’altro individuo continuava a muovere il capo in su e in giù, per indicare che ciò che gli veniva detto era da lui ben compreso. Al termine il sottoposto accennò un inchino atto a chiedere la parola e cominciò a riportare ciò che gli era stato comunicato.
«Yamada-san dice che possiamo iniziare la nostra riunione», disse indirizzando lo sguardo verso Jack il quale replicò subito in tono di approvazione con un sorriso.
«Benissimo! Quindi lascio la parola a Lynda che ora vi presenterà nel dettaglio il progetto per la produzione e…».
«Ma Yamada-san dice anche che il business è fatto dagli uomini e vuole quindi che sia un uomo a presentare oggi questo progetto».
Nella sala calò un gelido silenzio. Lynda era incredula, non riusciva a credere alle sue orecchie. Sentiva solamente freddo, tanto freddo. Forse era arrivato l’inverno, dentro di lei.
«Ma che figlio di…»
«Lynda! Per cortesia!», la sgridò Jack. Poi rivolgendosi ai giapponesi chiese un minuto per parlare con la ragazza. Uscirono dalla sala.
«Devo farti una cortesia? E per che cosa, scusa? Lo hai sentito che cosa ha detto quel bifolco? Vuole parlare con un uomo, non con me!».
«E cosa